Multa mancata iscrizione all’AIRE: omissione sulla retroattività

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L’articolo, partendo da una breve disamina dei differenti approcci al tema della retroattività delle sanzioni amministrative, mira a denunciare una pericolosa omissione da parte della legge di Bilancio per il 2024, che ha ritenuto opportuno multare chi non si iscrive all’A.I.R.E.
Sebbene l’operatività degli uffici preposti a vigilare sulla nazionalità fiscale degli italiani (Comuni e Uffici consolari in primis) abbisognerebbe di ben altri interventi volti a razionalizzarne il funzionamento, attese le farragini burocratiche che gravano anche sull’italiano all’estero, nonostante i (mal) funzionanti servizi telematici, il legislatore ha creduto fosse più urgente dare una lezione a chi non si iscrive all’A.I.R.E.
Essendo l’Italia il paese degli orientamenti “ondivaghi” e delle interpretazioni che prevalgono sui fatti, si auspica un immediato chiarimento sulla norma in questione, che può punire fino a cinque anni addietro, ma non dice espressamente che tale limite temporale non inficia il principio di retroattività come è venutosi delineando sinora.
Nel frattempo, per approfondimenti sull’amministrazione del fisco per i cittadini italiani all’estero, il volumeCodice tributario 2023” dedica un’intera sezione.

Indice

1. Riforme o sanzioni amministrative?


La frase Non auro, sed ferro, recuperanda est Patria (“Non con l’oro, ma con il ferro dobbiamo riscattare la Patria”) viene attribuita a Marco Furio Camillo, che nel 390 a.C. si sarebbe rivolto così al barbaro Brenno, condottiero dei Galli Senoni, reo di aver comminato a Roma, da lui occupata, una sanzione di mille libbre d’oro a cambio della cessazione delle ostilità[1].
È assai probabile che lo slancio di Furio Camillo sia una trovata per rattoppare un momento della storia di Roma non così memorabile.
Certa è invece l’efficacia retorica dell’affermazione.
Il lettore si starà chiedendo perché mi sia impelagato in questa folcloristica aneddotica.
La ragione è che proprio al termine del 2023, gli epigoni di Furio Camillo, acquartierati nel Parlamento italiano, decidevano di riscattare la Patria non con l’oro delle riforme amministrative, ma con il ferro delle sanzioni amministrative.
Curiosa la fisionomia dei barbari coinvolti in questa occasione.
S i tratta di quegli italiani che hanno abbandonato il suolo italico alle sue (poco) magnifiche sorti e progressive e sono andati a vivere altrove.
Codesti rinnegati vanno sanzionati se non adempiono all’obbligo dell’iscrizione alla famigerata A.I.R.E.
E questa decisione può essere discussa sul piano dell’opportunità politica, che vuol dir poi discuterla sul piano del diritto, ché il diritto è politica, e qui, le posizioni che si possono prendere, temo conducano a una conclusione di pari legittimità delle opinioni contrapposte.
Ma qui si vuole ragionare di qualcos’altro, che, sebbene non sia avulso dalle questioni or ora suggerite, è tuttavia destinato a essere circoscritto all’ambito prettamente giuridico, come è giusto che sia in questa sede.
Mi consenta il lettore di fare un piccolo amarcord giuridico-dottrinale per poi porgergli il mio spero non incauto parere.

2. I fatti del dicembre 2023 e l’omissione nella Legge di Bilancio


La legge n. 213 del 30 dicembre 2023 (Legge di Bilancio), entrata in vigore il 1° gennaio 2024, introduce all’art. 1, comma 242, sanzioni amministrative per chi non si iscrive all’A.I.R.E., modificando così l’art. 11 della legge n. 1228 del 1954.
La sanzione amministrativa pecuniaria va da 200 euro a 1.000 euro per ciascun anno in cui perdura l’omissione.
Ora, le ragioni politiche e di prevenzione sociale della ‘dimenticanza’ interessata di taluni italiani emigrati all’estero che non si iscrivono all’A.I.R.E., non sono argomento di queste considerazioni.
Ragioniamo invece sul novello art. 11, comma 3 della legge del 1954, nella parte in cui recita: “L’accertamento e l’irrogazione delle sanzioni sono notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui l’obbligo anagrafico non risulta adempiuto o la dichiarazione risulta omessa.”
Nonostante si sia posto l’accento sulla giustezza della norma che segnerebbe uno spartiacque tra la blanda reazione dell’ordinamento di fronte a chi non adempiva al diritto-dovere di iscriversi all’A.I.R.E. e l’obbligo, finalmente sancito a mezzo sanzione, di ottemperare alla suddetta iscrizione, non mi risulta che uguale enfasi sia stata posta sull’inciso: “entro il 31 dicembre del quinto anno successivo”.
Stiamo parlando di possibile retroattività della sanzione amministrativa. Nella fattispecie, come si dice in gergo, peggiorativa della situazione giuridica soggettiva in questione. In altre parole si sarebbe puniti più gravemente di prima anche se il fatto si è verificato prima dell’entrata in vigore della legge.
Intanto c’è una ineludibile questione che bisogna porre: è ammessa la retroattività della sanzione amministrativa?
È una questione che, come spesso accade nel mondo del diritto, non ha una risposta univoca.
E siccome si tratta di tema che impegna Corte Costituzionale, Corte di Cassazione e giudici comuni dagli anni ’60[2], il lettore vorrà comprendere che devo fare robusta opera di sintesi. 
All’amministrazione del fisco per i cittadini italiani all’estero, il volumeCodice tributario 2023” dedica un’intera sezione, che consigliamo per approfondimenti.

3. Approcci alla retroattività


Direi che il punto di partenza è la legge n. 689 del 1981, la legge di depenalizzazione, che parte proprio dalle sanzioni amministrative, stabilendo all’art. 1, comma 1, che “nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione” e, al comma 2, che “le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati”.
Per mantenere fede alla promessa fatta, di limitarmi all’essenziale, non coinvolgerò il lettore in una lunga disamina sulle posizioni assunte dalla dottrina circa il concetto e la rilevanza della retroattività delle leggi.
Mi limiterò invece ad alcune considerazioni, la prima delle quali parte da un’immediata evidenza.
L’art. 1 della citata legge, non fa nessun riferimento alla retroattività o meno delle sanzioni amministrative, tampoco alla retroattività di sanzioni più favorevoli.
Dunque non vi sono elementi per stabilire una analogia con le leggi penali, per le quali l’art. 2, comma 3 c.p. stabilisce che “se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile”.
Quindi ne dovremmo concludere che, in tema di sanzioni amministrative, la sola legge applicabile è quella vigente nel momento in cui si è realizzato l’illecito.
Eppure, come sempre accade nel diritto – per cui vale il motto di Deleuze secondo cui “non esistono i fatti ma solo le interpretazioni” – tale piana conclusione non è risultata pacifica agli occhi tanto della dottrina che della giurisprudenza[3].
La tesi di fondo è che, data la natura afflittiva delle sanzioni amministrative, non si può non riconoscere la retroattività delle sanzioni più favorevoli, come per il diritto penale.
Sul punto è intervenuta persino la Corte di Strasburgo, che con la ‘storica’ sentenza Scoppola c. Italia del 17 settembre 2009, ha sancito il carattere “convenzionale” della retroattività per le norme a contenuto sanzionatorio, quando favoriscano il reo. E ciò in base ad una interpretazione cd. evolutiva dell’art.7 della CEDU[4], per cui “non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso”. Da ciò discende, per i giudici di Strasburgo la retroattività della disposizione più favorevole o, come si dice in gergo, in mitius.
La Corte costituzionale, dal canto suo, ha mostrato un atteggiamento non lineare. Se, con la sentenza n. 196 del 2010, la Corte ha stabilito che “il principio secondo il quale tutte le misure di carattere punitivo-afflittivo devono essere soggette alla medesima disciplina della sanzione penale in senso stretto”, successivamente è tornata sui suoi passi, per poi riprendere, sebbene con molte cautele, il cammino precedente[5].
Appare chiaro che la questione veda la presenza di due schieramenti: giudici comuni e Cassazione sono per la retroattività della sanzione amministrativa favorevole, la Corte costituzionale è più per il no che per il sì.
Quello che però nessuno ammette è la retroattività di sanzioni peggiorative.
Ora, la modifica introdotta con la legge di bilancio, parla di “irrogazione delle sanzioni […] entro il 31 dicembre del quinto anno successivo”.
Non si specifica se tali sanzioni, al fine di punire gli italiani ‘distratti’ possano retroagire rispetto all’entrata in vigore della legge, seppur di solo cinque anni.
Ho succintamente illustrato come, pur di fronte a principi apparentemente riconosciuti e accettati, ci possano essere opinioni discordi da parte proprio dei giudici di legittimità delle leggi.
L’efficacia limitata nel tempo di un’eventuale retroattività, il diritto a punire che le leggi surrettiziamente a volte concedono alle amministrazioni finanziarie, per i fini superiori della tributazione globale (giova ricordare che in alcune pronunce, proprio la mancata iscrizione all’A.I.R.E., pur in presenza di interessi vitali radicati in terra straniera, è stata posta come fondamento della potestà punitiva in virtù di una discutibilissima presunzione assoluta di residenza in Italia del non iscritto) potrebbero eccitare il patriottismo di qualche novello Furio Camillo.
Sarebbe auspicabile un chiarimento, da effettuarsi se non, come dovrebbe essere, in sede legislativa, per lo meno, nell’attesa, da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Troppe volte abbiamo assistito a slanci interpretativi del fisco, per non desiderare una presa di posizione inequivoca sul tema.
Certo, sarebbe piaciuto leggere disposizioni di ben altro tenore (volte, per esempio a migliorare l’efficacia e il buon andamento degli Uffici consolari, spesso colpevolmente lenti, quando non sordi, alle istanze dei cittadini italiani emigrati all’estero). Ma tant’è.
Attendiamo fiduciosi.

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Note

  1. [1]

    L’episodio è noto anche per essere stato raccontato dallo storico Tito Livio. Infatti, nella stessa occasione, Brenno avrebbe pronunciato il famoso “Vae victis!”. Sulla veridicità dell’episodio ci sono non pochi dubbi.  

  2. [2]

    Su questo punto e su altri importanti pronunce, si può vedere Piermassimo Chirulli, “L’irretroattività delle sanzioni amministrative: profili costituzionali alla luce della giurisprudenza”, dal Convegno Riflessioni sull’incertezza delle regole: il proliferare delle sanzioni più o meno «nascoste», AIC – AIPDA, luglio 2014, p.3 e ss., disponibile qui: https://www.osservatorioaic.it/images/rivista/pdf/Chirulli%202014.pdf

  3. [3]

    V. Pietro Virga, “Arriva il favor rei, ma non per tutte le sanzioni”, LexItalia.it, disponibile qui: https://www.lexitalia.it/articoli/virgap_favorrei.htm;  Amedeo Barletta, “La Corte di Giustizia (C-45/06) ritorna sul principio della lex mitior, il problema italiano rimane”, Giustamm.it, disponibile qui:  https://www.giustamm.it/dottrina/la-corte-di-giustizia-c-45-06-ritorna-sul-principio-della-lex-mitior-il-problema-italiano-rimane/ in www.giustamm.it. Per la giurisprudenza di legittimità, tra le altre, Cass. Civ., sez. lav.,17 aprile 1991, n. 4119, in Foro it. mass., 1991, p. 352; Cass. Civ., sez. I, 7 marzo 1989, n. 1231, in Foto it. Da ultimo, la recentissima sentenza n. 1154 dell’11 gennaio 2024.

  4. [4]

    Cfr. per una risonanza dell’art. 7 della CEDU sull’ordinamento italiano, Tiziana Caboni, “Influenza del principio di legalità penale sancito dall’art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali sul diritto penale interno”, Diritto.it, disponibile qui: https://www.diritto.it/influenza-del-principio-di-legalita-penale-sancito-dall-art-7-della-convenzione-europea-per-la-salvaguardia-dei-diritti-dell-uomo-e-delle-liberta-fondamentali-sul-diritto-penale-interno-natura-dell/

  5. [5]

    Per una valutazione delle recenti piccole aperture alla ricezione del principio da parte della Corte, v. Paolo Provenzano, “Sanzioni amministrative e retroattività in mitius: un timido passo in avanti. Nota a Corte costituzionale, sentenza 20 luglio 2016, n. 193”, disponibile qui: https://dpc-rivista-trimestrale.criminaljusticenetwork.eu/pdf/provenzano_3_16.pdf

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Avv. Savino Mauro

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