L’applicazione del Regolamento comunale di igiene e sanità pubblica

Elia Ammirati 18/04/24
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Approfondimento sul Regolamento comunale di igiene e sanità pubblica.

Indice

1. L’origine del Regolamento di igiene e sanità pubblica

1.     L’origine del Regolamenti di igiene e sanità pubblica
Potrà essere capitato agli operatori del diritto di dover applicare il Regolamento comunale di igiene e sanità pubblica. Quasi ogni ente locale è dotato di questo strumento, che, tuttavia, spesso è poco aggiornato e pubblicato in versioni molto risalenti, tanto da far sorgere il dubbio sulla sua effettiva vigenza [1].
Il Regolamento comunale di igiene e sanità pubblica trae fondamento dal r.d. 1265/1934 [2]. Questo testo delinea la struttura sanitaria all’interno delle province e dei singoli comuni e disciplina anche la produzione dei farmaci e i requisiti igienici degli edifici. All’art 3, in particolare, dispone “1. I comuni provvedono alla vigilanza igienica e alla profilassi delle malattie trasmissibili con personale e mezzi adeguati ai bisogni locali. 2. I comuni capoluoghi di provincia e quelli, già capoluoghi di circondario, con popolazione superiore ai ventimila abitanti, hanno un adatto ufficio sanitario; gli altri si avvalgono del personale sanitario di cui dispongono e al quale deve essere fatto obbligo espresso, nel regolamento comunale, di prestare l’opera propria per gli scopi anzidetti”.
È attraverso il richiamo al “regolamento comunale” che nasce la possibilità per gli enti locali di disciplinare aspetti sanitari e di adattare tali regole alle esigenze del territorio.

2. Il contenuto del Regolamento e la sua applicazione

L’ampia impostazione del rd. 1265/1934 è stata riprodotta all’interno dei Regolamenti da questo discendenti. Questi testi hanno disciplinato gli aspetti di dettaglio dei più disparati profili sanitari, spaziando dalla produzione degli alimenti alla loro vendita, dalla salubrità degli edifici alla fognatura, dalla rete idrica alla raccolta dei rifiuti [3].
Tale eterogeneità è proliferata mentre l’ordinamento era caratterizzato da un’amministrazione centrale accentratrice e da una sostanziale assenza di riferimenti internazionali: si aveva così una disciplina uniforme con puntuali specificazioni territoriali di dettaglio.
Questa situazione è mutata radicalmente con l’avvio del processo di integrazione europea e con la devoluzione di parte delle competenze statali alle regioni, avvenuta in seguito alla riforma del Titolo V della Costituzione. Si è assistito così a uno “spacchettamento” delle materie che prima erano racchiuse nel Regolamento di igiene e sanità e la loro ripartizione tra i vari attori dell’attuale ordinamento multilivello.
Emerge, all’esito di questo processo, un quadro notevolmente frammentato che genera difficoltà nell’interprete, costretto a valutare ogni disposizione contenuta nei regolamenti per stabilire la sua perdurante vigenza o la sua eventuale abrogazione o disapplicazione.
Un esempio di quanto fin qui sostenuto è costituito dalle disposizioni regolamentari riguardanti la produzione e la vendita di alimenti. La competenza in questa materia è stata, infatti, attribuita, da un lato, all’Unione Europea che può intervenire per dettare regole comuni in ambito alimentare e di requisiti per le attività produttive, in un’ottica di tutela uniforme del diritto alla salute e della libera concorrenza; dall’altro, alle regioni, cui l’art. 117 demanda potestà concorrente per quel che riguarda tutela della salute e alimentazione.
Se, quindi, un Regolamento comunale imponesse, per esempio, un’espressa autorizzazione per l’apertura di un’attività di somministrazione [4], tale disposizione dovrebbe essere disapplicata, perché ormai in contrasto con il Reg. 852/2004, istitutivo della notifica sanitaria al momento dell’avvio della produzione.

3. Conclusioni

In conclusione, al momento dell’applicazione del Regolamento di igiene e sanità pubblica l’interprete dovrà valutare attentamente la vigenza delle disposizioni in esse contenute, verificandone la compatibilità con la disciplina di rango superiore esistente. Data la pluralità di interpretazioni che questo procedimento potrebbe generare, anche a causa della multiformità delle materie coinvolte, sarebbe, peraltro, auspicabile un intervento di riordino da parte del singolo ente locale, per razionalizzare tale fonte e adeguarla al nuovo quadro normativo, comunitario, nazionale e regionale, oltre che coordinarla con altri fonti locali [5].

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Note

  1. [1]

    Si vedano a titolo di esempio il Regolamento del Comune di Aosta https://www.comune.aosta.it/Media/Default/Hierarchy/2/204/Regolamento%20d%27igiene%20e%20sanit%C3%A0.pdf  e del Comune di Firenze https://www.comune.fi.it/system/files/2017-11/Regolamento_di_Igiene_0_0.pdf e del Comune di Ancona https://www.comuneancona.it/ankonline/sui/wp-content/uploads/sites/6/2017/02/Regolamento_Comunale_igene_31_07_1959.pdf

  2. [2]

    Si veda https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:regio.decreto:1934-07-27;1265

  3. [3]

    Si veda per esempio il Regolamento locale di igiene del Comune di Milano https://www.comune.milano.it/comune/statuto-regolamenti-patrocini/regolamenti/lm/locale-d-igiene  o quello del Comune di Palermo https://www.comune.palermo.it/js/server/uploads/regolamenti/_05032019124029.pdf .

  4. [4]

    Ad esempio, l’art. 4.3.1 del Regolamento locale di igiene del Comune di Milano.

  5. [5]

    Si prenda ad esempio l’intervento compiuto dal Comune di Venezia, che ha abrogato il precedente Regolamento di igiene e sanità, facendone confluire alcune norme all’interno del nuovo Regolamento edilizio https://www.comune.venezia.it/it/content/regolamento-locale-digiene-suolo-e-delle-abitazioni .

Elia Ammirati

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