Subordinazione sospensione condizionale della pena

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Il giudice può subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena solo nel caso di costituzione di parte civile.
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Corte di Cassazione -SS.UU. pen.- sentenza n. 32939 del 27-04-2023

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Indice

1. Il fatto


Il Tribunale di Brescia riconosceva la responsabilità penale dell’imputato per il reato di cui all’art. 648 c.p..
Orbene, per effetto di tali statuizioni, il Tribunale irrogava all’imputato la pena di otto mesi di reclusione e 400,00 Euro di multa, sottoposta a sospensione condizionale, subordinata al pagamento della somma di 300,00 Euro, disposta in favore della persona offesa “a titolo di risarcimento del danno“.
La subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, avendone l’imputato già usufruito in precedenza, veniva quindi disposta ai sensi dell’art. 165, comma 2, c.p..
Divenuta irrevocabile codesta condanna, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Brescia chiedeva all’Ufficio esecuzioni penali dello stesso Tribunale di essere informato dell’avvenuto adempimento della condizione apposta in sentenza.
Il Tribunale di Brescia, dal canto suo, fissava un’udienza in camera di consiglio e, all’esito di tale udienza, il giudice dell’esecuzione, sentite le parti, disponeva la revoca della sospensione condizionale della pena concessa al condannato, preso atto che non era stata corrisposta la somma di 300,00 Euro liquidata “a titolo di risarcimento danno alla parte civile“.
Il provvedimento revocatorio veniva tra l’altro adottato sull’assunto che il termine per l’adempimento dell’obbligo risarcitorio imposto al condannato, non essendo stato indicato dal giudice di cognizione, doveva ritenersi scaduto al momento del passaggio in giudicato della sentenza, decorso il quale, persisteva la condizione di inadempienza dell’imputato.
Ciò posto, avverso siffatto provvedimento proponeva ricorso per Cassazione il difensore del condannato che, tra i motivi ivi addotti, deduceva l’erronea applicazione degli artt. 165 e 168 c.p., conseguente al fatto che la persona offesa non risultava costituita parte civile nel processo conclusosi con la condanna del ricorrente, non avendo presentato alcuna richiesta di risarcimento nei suoi confronti.
Tal che se ne faceva discendere che, non essendosi formato in favore della vittima alcun titolo risarcitorio esigibile, per effetto della mancata costituzione in giudizio della persona offesa, doveva ritenersi insussistente il presupposto individuato dal giudice dell’esecuzione per la revoca del beneficio sospensivo subordinato, riconosciuto al condannato.
L’insussistenza del presupposto legittimante l’adozione del provvedimento revocatorio, per altro verso, sempre ad avviso della difesa, derivava del fatto che non era stato individuato il termine entro cui il condannato avrebbe dovuto risarcire la persona offesa e che lo stesso non poteva farsi coincidere, sic et simpliciter, con il momento del passaggio in giudicato della sentenza.

2. La questione prospettata nell’ordinanza di rimessione


La Prima Sezione penale della Corte di Cassazione, assegnataria dell’atto di impugnazione, rimetteva il ricorso alle Sezioni Unite.
In particolare, a sostegno di siffatta rimessione, si rappresentava l’esistenza di un contrasto interpretativo sulla possibilità di subordinare la sospensione condizionale della pena all’adempimento di un obbligo restitutorio, ex art. 165 c.p., in favore della persona offesa che non si sia costituita parte civile e sulla, correlata, possibilità che la mancata costituzione in giudizio dello stesso soggetto possa comunque legittimare la revoca della misura sospensiva, ai sensi dell’art. 168 c.p..
Più nel dettaglio, secondo un orientamento maggioritario, l’obbligo risarcitorio e l’obbligo restitutorio, previsti dalla prima parte dell’art. 165, comma 1, c.p., riguardano solo il danno civilistico e non anche il danno criminale e da ciò discende la necessità, quale presupposto dell’attività riparatoria, risarcitoria o restitutoria, che nel procedimento penale vi sia stata una domanda giudiziale avanzata da una parte civile costituita (tra le altre, Sez. 1, n. 26812 del 20/12/2021; Sez. 6, n. 8314 del 28/01/2021; Sez. 2, n. 23917 del 15/07/2020; Sez. 2, n. 45854 del 13/09/2019; Sez. 2, n. 12895 del 05/03/2015).
Invece, secondo il contrapposto e minoritario orientamento giurisprudenziale, occorre distinguere l’adempimento dell’obbligo risarcitorio dall’adempimento dell’obbligo restitutorio, essendo necessaria la costituzione di parte civile della persona offesa dal reato solamente nel caso in cui la sospensione condizionale della pena sia stata subordinata all’onere di risarcire il danno e non anche per il caso in cui la condizione apposta riguardi la restituzione dei beni conseguiti per effetto del reato (tra le altre, Sez. 2, n. 42583 del 24/09/2019; Sez. 3, n. 1324 del 24/06/2014; Sez. 2, n. 41376 del 28/09/2010; Sez. 2, n. 16629 del 29/03/2007; Sez. 2, n. 2684 del 15/04/1999).


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3. La soluzione adottata dalle Sezioni unite


Le Sezioni unite, prima di entrare nel merito della questione, procedevano ad una sua delimitazione nei seguenti termini: “Se il giudice possa subordinare, a norma dell’art. 165 c.p., il beneficio della sospensione condizionale della pena, oltre che al pagamento della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno, anche all’adempimento dell’obbligo della restituzione di beni conseguiti per effetto del reato, solo qualora vi sia stata costituzione di parte civile”.
Ebbene, siffatte Sezioni, dopo avere richiamato gli orientamenti nomofilattici summenzionati, e fatte alcune precisazioni sulla formulazione dell’art. 165, comma 1, c.p., giungevano ad affermare che l’orientamento giurisprudenziale attualmente maggioritario che, come visto prima, esclude la possibilità, da parte del giudice di cognizione, di subordinare la sospensione condizionale della pena all’adempimento dell’obbligo delle restituzioni, ai sensi dell’art. 165 c.p., in assenza di una parte civile costituita in giudizio, si fonda su ragioni di ordine sistematico insuperabili.
Si evidenziava a tal proposito innanzitutto come non si possa dubitare del collegamento inscindibile esistente tra la prima parte dell’art. 165, comma 1, c.p. e le finalità civilistiche connesse alla costituzione in giudizio della parte civile, dovendo tale disposizione essere interpretata in stretto raccordo con gli artt. 185 c.p., 74, 538 e 578 c.p.p., atteso che tale correlazione sistematica discende dalla riconducibilità alla nozione di danno civilistico degli obblighi risarcitori e restitutori previsti dalla prima parte dell’art. 165, comma 1, c.p. ed essi devono essere differenziati dall’obbligo di eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, prevista dalla seconda parte della stessa disposizione, che inerisce, invece, alla nozione di danno criminale (Sez. 2, n. 3958 del 18/12/2013).
Tra l’altro, secondo la Suprema Corte, ragionando diversamente, si finirebbe per sovrapporre nozioni sistematicamente eterogenee, non potendosi infatti dubitare che il danno civilistico, con forte connotazione privatistica e disciplinato dalla prima parte dell’art. 165, comma 1, c.p., riguarda le ipotesi del risarcimento del danno e della restituzione dei beni conseguiti per effetto del reato. Entrambe richiedono la costituzione in giudizio della parte civile mentre, al contrario, il danno criminale, con evidente connotazione pubblicistica e disciplinato dalla seconda parte dell’art. 165, comma 1, c.p., riguarda l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato e, quindi, il cosiddetto danno criminale che prescinde dalla costituzione in giudizio della parte civile (Sez. 2, n. 23917 del 15/07/2020; Sez. 2, n. 45854 del 13/09/2019; Sez. 2, n. 12895 del 05/03/2015).
Oltre a ciò, veniva altresì rilevato come queste conclusioni fossero altresì corroborate da un dato di natura esegetica, difficilmente superabile, rappresentato dal fatto che il testo originario dell’art. 165, comma 1, c.p. (antecedente alle modifiche apportate dall’art. 128 della L. n. 689 del 1981) riguardava esclusivamente il danno civilistico, tanto è vero che la giurisprudenza di legittimità dell’epoca riteneva possibile subordinare la sospensione condizionale della pena all’adempimento di obblighi risarcitori e restitutori nei soli casi in cui nel processo di cognizione risultava costituita la parte civile.
In assenza di tale costituzione, in effetti, la subordinazione del beneficio sospensivo all’adempimento degli obblighi civilistici veniva ritenuta connotata da abnormità, in quanto disposta senza la domanda della parte, titolare del potere di chiedere legittimamente la soddisfazione delle sue pretese riparatorie, di matrice esclusivamente privatistica (Sez. 3, n. 7761 del 13/10/1975; Sez. 4, n. 205 del 05/02/1974), tenuto conto altresì del fatto che la novella legislativa del 1981 ha lasciato immutata la prima parte dell’art. 165, comma 1, c.p., dedicata alla disciplina del risarcimento del danno e delle restituzioni, finalizzata al soddisfacimento del danno civilistico, limitandosi a inserire nella seconda parte della disposizione, separata da un punto e virgola, un secondo periodo, contenente il riferimento all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, finalizzate al soddisfacimento del danno criminale.
Il legislatore, in questo modo, ha voluto ampliare gli spazi di tutela giurisdizionale, perseguendo un obiettivo tipicamente pubblicistico (Sez. 2, n. 3958 del 18/12/2013).
Invece, per quanto riguarda l’altro indirizzo nomofilattico, gli Ermellini osservavano come esso, affermando che la costituzione di parte civile è necessaria nel solo caso in cui la sospensione condizionale della pena è subordinata all’obbligo di risarcimento del danno e non anche nell’ipotesi delle restituzioni, determina una sovrapposizione, sia pure parziale, delle nozioni di danno civilistico e di danno criminale, che è incompatibile con i parametri sistematici ed esegetici appena richiamati, tanto più se si considera che l’indirizzo giurisprudenziale minoritario, sul piano esegetico, trae il suo fondamento dall’interpretazione testuale della prima parte dell’art. 165, comma 1, c.p., facendo riferimento alla separazione sintattica esistente tra risarcimento del danno e restituzioni, determinata dall’apposizione di una virgola tra le due nozioni.
Invero, secondo questa opzione ermeneutica, la possibilità di equiparare l’adempimento degli obblighi risarcitori e l’adempimento degli obblighi restitutori, ai fini della concessione del beneficio sospensivo subordinato, ex art. 165, comma 1, c.p., sarebbe ostacolata dall’esistenza della richiamata separazione sintattica, che induce a ritenere “che il vincolo costituito dalla necessità della esistenza di una preventiva domanda giudiziale, spiegata nel giudizio penale tramite la costituzione di parte civile del danneggiato, riguardi solamente l’ipotesi in cui la subordinazione della sospensione condizionale della pena concerna espressamente, in tutto od in parte, il preventivo adempimento dell’obbligo di risarcimento del danno e non anche quello delle restituzioni” (Sez. 2, n. 42583 del 24/09/2019).
Tuttavia, per le Sezioni unite, questa interpretazione letterale dell’art. 165, comma 1, c.p. non sembra considerare le ragioni della scelta legislativa di separare graficamente le finalità civilistiche e le finalità pubblicistiche perseguite dal beneficio sospensivo subordinato, rispettivamente indicate nella prima e nella seconda parte della disposizione in esame, come si evince dal ricorso al punto e virgola; tale separazione assume, in maniera ben più accentuata rispetto a quella rappresentata dalla sola apposizione della virgola, valorizzata dall’orientamento minoritario, un rilievo sistematico ancora maggiore alla luce del fatto che la disciplina dell’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato è stata introdotta ex novo dall’art. 128 della L. n. 689 del 1981.
Del resto, le connotazioni di novità della seconda parte dell’art. 165, comma 1, c.p., che non consentono di renderla sovrapponibile o anche solo assimilabile alla prima parte della stessa disposizione, dipendono ulteriormente dal fatto che l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato non era contemplata dall’istituto della “condanna condizionale“, introdotto nel nostro ordinamento dalla L. 26 giugno 1904, n. 267, che costituisce l’antecedente storico dell’istituto della sospensione condizionale della pena, mentre si consideri che la “condanna condizionale” aveva introdotto nel nostro ordinamento la possibilità di subordinare la sospensione della pena al risarcimento del danno cagionato dall’imputato, al pagamento di una somma determinata a titolo di riparazione ovvero al pagamento delle spese del procedimento.
Oltre a ciò, era oltre tutto fatto presente che l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato non era prevista nemmeno dal codice di procedura penale del 1913, che, mutuando la disciplina della “condanna condizionale“, aveva stabilito, all’art. 424 c.p.p., che la sospensione poteva “essere subordinata al risarcimento del danno liquidato nella sentenza, ovvero al pagamento, entro il termine prefisso nella medesima, di una somma da imputare nella liquidazione definitiva, o assegnata a titolo di riparazione”, rilevandosi al contempo che questa disciplina veniva sostanzialmente trasfusa nel codice penale del 1930, che regolamentava la sospensione condizionale della pena nell’art. 165 c.p., rimasto immutato fino alla novella legislativa del 1981, che, prevedendo l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, introduceva un profilo riparatorio estraneo alla struttura originaria del beneficio sospensivo in esame.
Chiarito ciò, il Supremo Consesso, di conseguenza, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, formulava il seguente principio di diritto: “Il giudice può subordinare, a norma dell’art. 165 c.p., il beneficio della sospensione condizionale della pena al pagamento della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno, nonché all’adempimento dell’obbligo della restituzione dei beni conseguiti per effetto del reato, solo a condizione che nel giudizio vi sia stata costituzione di parte civile”.

4. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi risolto il seguente contrasto giurisprudenziale: “Se il giudice possa subordinare, a norma dell’art. 165 c.p., il beneficio della sospensione condizionale della pena, oltre che al pagamento della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno, anche all’adempimento dell’obbligo della restituzione di beni conseguiti per effetto del reato, solo qualora vi sia stata costituzione di parte civile”.
Difatti, nella pronuncia qui in commento, le Sezioni unite hanno fornito una risposta positiva, postulando che il giudice può subordinare, a norma dell’art. 165 c.p., il beneficio della sospensione condizionale della pena al pagamento della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno, nonché all’adempimento dell’obbligo della restituzione dei beni conseguiti per effetto del reato, solo a condizione che nel giudizio vi sia stata costituzione di parte civile.
Dunque, per effetto di questo arresto giurisprudenziale, il beneficio della sospensione condizionale della pena non può essere subordinato al pagamento della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno, o all’adempimento dell’obbligo della restituzione dei beni conseguiti per effetto del reato, laddove la parte offesa non si sia costituita parte civile.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, pertanto, proprio perché fa chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere che positivo.

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