La reciprocità esclude il delitto di atti persecutori?

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La reciprocità dei comportamenti molesti non esclude la configurabilità del delitto di atti persecutori.
Per approfondire consigliamo: Compendio di Diritto penale – Parte generale

Corte di Cassazione -sez. I pen.- sentenza n. 25587 del 2-12-2022

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Indice

1. La questione


La Corte di Appello di Torino, in sede di rinvio, confermava, anche agli effetti civili, una condanna di una persona imputata del reato di cui all’art. 612-bis c.p..
Ciò posto, avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’accusato che, tra i motivi ivi addotti, deduceva violazione di legge in relazione all’art. 612-bis c.p. con riguardo alla sussistenza dell’elemento soggettivo e oggettivo del reato.
In particolare, quanto all’elemento soggettivo, il ricorrente assumeva che la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto del fatto che dalle testimonianze assunte era emersa una situazione di conflittualità tra le due donne e che le ingiurie erano reciproche, e che l’atteggiamento della persona offesa non era stato affatto sottomesso.


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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


La Suprema Corte riteneva il motivo summenzionato infondato alla luce di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, ai fini della configurabilità del delitto di cui all’art. 612-bis c.p., la reciprocità dei comportamenti molesti non esclude la configurabilità del delitto di atti persecutori, incombendo, in tali ipotesi, sul giudice un più accurato onere di motivazione in ordine alla sussistenza dell’evento di danno, ossia dello stato d’ansia o di paura della presunta persona offesa, del suo effettivo timore per l’incolumità propria o di persone ad essa vicine o della necessità del mutamento delle abitudini di vita (Sez. 5, n. 42643 del 24/06/2021; Sez, 3, n. 45648 del 23/05/2013; Sez. 5, n. 17698 del 05/02/2010).

3. Conclusioni


Con la decisione in esame la Cassazione afferma, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che la reciprocità dei comportamenti molesti non esclude la configurabilità del delitto di atti persecutori, incombendo, in tali ipotesi, sul giudice un più accurato onere di motivazione in ordine alla sussistenza dell’evento di danno, ossia dello stato d’ansia o di paura della presunta persona offesa, del suo effettivo timore per l’incolumità propria o di persone ad essa vicine o della necessità del mutamento delle abitudini di vita.
È dunque sconsigliabile, alla luce di tale approdo ermeneutico, intraprendere una linea difensiva che, al contrario, sostenga l’insussistenza di questo illecito penale solo perché i comportamenti molesti sono stati reciproci.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere che positivo.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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