Legislazione antimonopolistica: nascita ed evoluzione

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La legislazione antimonopolistica, indicata spesso con la parola inglese antitrust, nel lessico giuridico definisce il complesso delle norme che tutelano la concorrenza sui mercati economici.

Indice

1. Le origini e l’evoluzione


I modelli più tradizionali di regolazione dei mercati hanno radici antiche di carattere mercantilistico.
La loro tendenza è rivolta tipicamente a garantire un equilibrio di mercato che possa esserestabile nel lungo periodo, rivolgendosi a prezzi e quantità.
Queste discipline tradizionali mirano a prevenire ed evitare la concorrenza, garantendo una presenza duratura nel mercato alle imprese che esistono da anni e auspicano un equilibrato sviluppo del mercato a favore della collettività.
I principali strumenti amministrativi di questo genere sono i monopoli pubblici, i controlli amministrativi discrezionali sull’ingresso nel mercato di altre imprese, la regolazione amministrativa sui contenuti dell’offerta, che vanno dalla fissazione degli standard produttivi, al contingentamento delle quote di mercato, ai prezzi amministrati.
Le barriere all’ingresso e le tariffe controllate si trovano nell’autodisciplina delle corporazioni di arti mestieri di antica ascendenza.
In età moderna si risolse in una sorta di “cattura” del pubblico da parte delle imprese, dotato dal lato formale di poteri regolatori significativi.
Le regole del gioco erano scritte in modo congiunto dai vertici delle grandi imprese pubbliche e delle corporazioni private autoregolate.
Il primo caso registrato di vertenza antimonopolistica risale al 1602 in Inghilterra con la vertenza Darcy contro Allen.
Nel 1623 il Parlamento inglese approvò lo Statuto dei monopoli, che li vietava.
La necessità di impedire i monopoli fu un motivo portante delle rivoluzioni commerciali in Inghilterra ein Francia.
Il successo dello Stato sociale di origine ottocentesca, nel XX secolo si afferma con l’idea di una programmazione democratica dell’economia, rivolta a sanare gli squilibri del mercato (monopoli, oligopoli, cartelli, regolazioni inefficienti) e assumere il ruolo di arbitro nello sviluppo di mercati concorrenziali, indirizzando gli investimenti verso un ottimo in termini di giustizia sociale e di equilibrio locale.
Le origini del diritto antitrust sono anglo-americane.
Nonostante fossero state introdotte per la prima volta in Canada, con l’approvazione delle leggi contro gli accordi restrittivi della concorrenza, le origini dello stesso vengono comunemente fatte risalire allo Sherman Antitrust Act, la prima legge antitrust, emanata dal Congresso degli Stati Uniti su proposta del senatore dell’Ohio John Sherman nel 1890, che venne applicata nel 1911 contro l’impero petrolifero creato dal magnate John Davison Rockefeller e contro l’American Tobacco Company.
Altro esempio notevole fu lo smembramento del 1984 della Bell System.
Un’altra macrofase del diritto dell’economia si affermò con la deregulation degli anni 1980, lo smantellamento dei monopoli pubblici tradizionali con l’apertura dei relativi settori alla concorrenza internazionale, un periodo transitorio gestito da autorità amministrative indipendenti dai soggetti regolati e dal potere politico.

2. Le caratteristiche


Il diritto antitrust o diritto della concorrenza, esercita una tutela di carattere generale al bene primario della concorrenza inteso come meccanismo concorrenziale, impedendo che le imprese, singolarmente o congiuntamente, possano recare pregiudizio alla regolare competizione economica mettendo in atto comportamenti che integrano intese restrittive della concorrenza, abusi di posizione dominante e concentrazioni idonee a porre in essere o rafforzare una posizione di monopolio.
Si definisce antitrust anche l’organo o autorità che vigila sull’osservanza e il rispetto di queste norme, che in Italia prende il nome di Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM).
Le principali legislazioni moderne sono il frutto dell’affermazione del liberismo che ha prodotto da un lato la soppressione dei vincoli per l’economia che derivano dallo Stato e dall’altro il divieto per le imprese di abusare di posizioni dominanti a danno del consumatore.
La finalità delle normative antitrust è sostenere un’economia di mercato libera, dove ogni impresa assume le proprie decisioni in modo indipendente dai suoi concorrenti, in modo da garantire una forte concorrenza che porti a una distribuzione più efficiente di merci e servizi, a prezzi più bassi, a una migliore qualità e al massimo dell’innovazione.
Le norme Antitrust rappresentano la risposta degli ordinamenti giuridici moderni all’eccesso di poteri di mercato e alle distorsioni a arrecate nello stesso da accordi tra produttori.
Lo Stato, che deve costituire e controllare gli organismi antitrust, può derogare ai suoi metodi nei casi di “Pubblica Utilità”.
Gli unici monopoli possibili in uno stato democratico sono quelli pubblici, come sancito in Italia dall’articolo 43 della Costituzione della Repubblica Italiana, che recita:
A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.
Le motivazioni sono relative al fatto che ci sono servizi o beni molto importanti per la Comunità da non poter essere sottoposti alle leggi di mercato, le quali impongono non un servizio legittimo per tutti, ma il massimo profitto, a discapito della stessa sopravvivenza di determinate fasce di popolazione, in particolare delle fasce più deboli o meno ricche.

3. La normativa antimonopolistica nazionale


In Italia l’introduzione di una normativa antimonopolistica nazionale avvenne con molto ritardo sia rispetto agli altri Stati europei, sia rispetto alle Comunità europee, nel 1990, anno nel quale fu approvata la Legge 10 ottobre 1990, n. 287 recante “Norme per la tutela della concorrenza e del mercato”.
Questo ritardo è stato di solito spiegato con il prevalere di fattori istituzionali, politici e culturali che hanno reso per diverso tempo poco favorevole l’atteggiamento prevalente nel nostro Paese nei confronti del mercato.
La legge introduce due fondamentali forme di violazione, l’abuso di posizione dominante e l’intesa restrittiva della concorrenza.
Le violazioni antitrust negli Stati Uniti hanno rilevanza penale, mentre nel diritto europeo sono punibili con sanzioni amministrative.
La legge introduceva per la prima volta le authority, che avevano una pluriennale esperienza positiva nei Paesi di common law (Inghilterra e Stati Uniti).
L’antitrust italiano ed europeo hanno il potere di comminare sanzioni pecuniarie che possono arrivare sino al 10% del fatturato di un’azienda per ogni anno di violazione, e dispongono di adeguati meccanismi sanzionatori.
Il Parlamento italiano, nell’introdurre norme per la tutela della concorrenza simili a quelle comunitarie, ha voluto enfatizzare la finalità di attuazione dell’articolo 41 della Costituzione a tutela e garanzia del diritto di iniziativa economica, definendo il mercato concorrenziale come il quadro entro il quale si svolge la libertà di questa iniziativa.
Il diritto antitrust ha la duplice finalità di garantire i diritti del cittadino-consumatore e la libera concorrenza delle imprese.
La nascita di un trust è associata a un pericolo democratico per la posizione di forza che unsoggetto monopolista di natura privataassume nel mercato al quale si rivolge.
Ad esempio, il potere assunto nella Germania nazista dai cartelli del settore elettrico AEG, dell’acciaio (Vereinigte Stahlwerke AG) e della chimica (IG Farben).
Gli Stati nazionali potrebbero non avere la forza e l’autorevolezza di legiferare in merito ai poteri economici forti, che si realizzano in situazioni di monopolio.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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