La guida sotto effetto di stupefacenti

Secondo la Corte Costituzionale, con Ordinanza 277/2004, nell’Art. 187 CdS “si è in presenza di una fattispecie che risulta integrata dalla concorrenza di due elementi, l’uno, lo stato di alterazione, che è obiettivamente rilevabile dagli agenti di polizia giudiziaria, e per il quale possono valere indici sintomatici; l’altro, consistente nell’accertamento della presenza, nei liquidi fisiologici del conducente, di tracce di sostanze stupefacenti o psicotrope, che prescinde dalla quantità delle stesse, essendo rilevante non il dato quantitativo, ma gli effetti che l’assunzione di quelle sostanze può provocare in concreto nei singoli soggetti”. Ora, l’Art. 187 CdS non reca soltanto a conseguenze di natura penalistico-sostanziale, ma anche di carattere processuale ed amministrativo. In ogni caso, nella Giurisprudenza di merito e di legittimità, è frequente l’interpretazione analogica della norma in questione, la quale richiama da vicino l’infrazione della guida in stato di ebbrezza ex Art. 186 CdS.

Riferimento normativo
Art. 187 Codice della strada: “Chiunque guida in stato di alterazione psicofisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope è punito con l’ammenda da euro 1500 ad euro 6000 e l’arresto da sei mesi ad un anno
Se il conducente in stato di alterazione psicofisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope provoca un incidente stradale, le pene di cui al comma 2 sono raddoppiate.
Al fine di acquisire elementi utili per motivare l’obbligo di sottoposizione agli accertamenti di cui al comma 3, gli organi di polizia stradale di cui all’Art. 12 commi 1 e 2, secondo le direttive fornite dal ministero dell’interno, nel rispetto della riservatezza personale e senza pregiudizio per l’integrità fisica, possono sottoporre i conducenti ad accertamenti qualitativi non invasivi o a prove, anche attraverso apparecchi portatili.
 Quando agli accertamenti di cui al comma 2 forniscono esito positivo, ovvero quando si ha altrimenti ragionevole motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi sotto l’effetto conseguente all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, i conducenti, nel rispetto della riservatezza personale e senza pregiudizio per l’integrità fisica, possono essere sottoposti ad accertamenti.
Nei casi previsti dal comma 2 bis, qualora non sia possibile effettuare il prelievo a cura del personale sanitario ausiliario delle forze di polizia ovvero qualora il conducente rifiuti di sottoporsi  a tale prelievo, gli agenti di polizia stradale di cui all’Art. 12 commi 1 e 2, fatti salvi gli ulteriori obblighi previsti dalla legge, accompagnano il conducente presso strutture sanitarie fisse o mobili afferenti ai suddetti organi di polizia stradale, ovvero presso le strutture sanitarie pubbliche o presso quelle accreditate o comunque a tali fini equiparate, per il prelievo di campioni di liquidi biologici, ai fini dell’effettuazione degli esami necessari ad accertare la presenza di sostanze stupefacenti o psicotrope. Le medesime disposizioni si applicano in caso di incidenti, compatibilmente con le attività di rilevamento e di soccorso.
Salvo che il fatto costituisca reato, in caso di rifiuto dell’accertamento di cui ai commi 2, 2 bis, 3 o 4, il conducente è soggetto alle sanzioni di cui all’Art. 186 comma 7. Con l’ordinanza con la quale è disposta la sospensione della patente, il prefetto ordina che il conducente si sottoponga a visita medica ai sensi dell’Art. 119.
Al di fuori dei casi previsti dal comma 1 bis del presente Articolo, la pena detentiva e pecuniaria può essere sostituita, anche con il decreto penale di condanna, se non vi è opposizione da parte dell’imputato, con quella del lavoro di pubblica utilità di cui all’Art. 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, secondo le modalità ivi previste“.

Indice

1. La ratio dell’Art. 187 CdS


La guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti viola la ratio suprema di cui all’Art. 140 CdS, ai sensi del quale è necessario “non costituire pericolo o intralcio per la circolazione”. Dunque, nei commi 1 e 2 Art. 187 CdS, ciò che rileva non è tanto o solo l’assunzione di droghe in sé, bensì il pericolo fisico-materiale che tale consumo di sostanze illecite genera per la collettività. Pertanto, nell’Art. 187 CdS, è necessario il requisito dello “stato di alterazione” cagionato dallo stupefacente. Quindi, il consumo della/delle sostanza/e diviene penalmente rilevante allorquando esso è congiunto ad un “pericolo” per l’incolumità degli altri guidatori. Tale presenza di una potenziale etero-lesività è ribadita pure da Cass., sez. pen. IV, 17 gennaio 2020, n. 15078, ai sensi della quale “non è punibile il semplice uso non accompagnato da alterazione […] Ai fini della configurabilità del reato di cui all’Art. 187 CdS, non è sufficiente che l’agente si sia posto alla guida del veicolo subito dopo aver assunto droghe, ma è [anche] necessario che egli abbia guidato in stato di alterazione causato da tale assunzione”.
 Questa pericolosità non astratta è ribadita pure da Cass., sez. pen. IV, 27 gennaio 2016, n. 3623 nonché da Cass., sez. pen. IV, 8 luglio 2008, n. 33312. Tutti i summenzionati Precedenti della Suprema Corte, alla luce della natura semplicemente amministrativa dell’Art. 75 TU 309/90, sottolineano la non rilevanza penale dell’uso personale, qualora esso sia privo del quid pluris di una concreta lesività etero-diretta. Viceversa, l’Art. 187 CdS si configurerebbe alla stregua di un reato astrattamente pericoloso, dunque non connotato in senso penalistico.
 Anzi, l’Art. 187 CdS non è applicabile se il conducente non sta ponendo in essere l’evento del “guidare”. Ovverosia, la fattispecie della guida sotto l’effetto di stupefacenti è tale soltanto se la vettura è “in movimento”, dunque idonea a mettere in pericolo l’incolumità fisica e/o materiale degli altri utenti della strada. Ecco, di nuovo, la non astrattezza della pericolosità ex Artt. 186 e 187 CdS. D’altra parte, il Diritto Penale sostanziale richiede sempre la sussistenza, almeno potenziale, di un danno a cose e/o persone. P.e., la presenza del conducente del veicolo in un parcheggio non rileva qualora l’auto, la moto o il rimorchio non sia in transito sulla carreggiata, poiché nulla impedisce di consumare stupefacenti nell’abitacolo di un veicolo non “in moto”. La “alterazione” è punibile solo se congiunta fattualmente alla “guida”, dunque ad un danno presumibilmente verificabile. In effetti, a tal proposito, Cass., sez. pen. VII, 20 gennaio 2010, n. 10476 precisa che “ai fini del reato di guida sotto l’effetto di stupefacenti [ex Art. 187 CdS] o sotto l’effetto di alcol [ex Art. 186 CdS] rientra nella nozione di guida la condotta di chi si trova all’interno del veicolo (nella specie, in stato di alterazione, nell’atto di dormire con le mani e la testa poste sul volante) quando si sia accertato che egli abbia, in precedenza, deliberatamente movimentato il mezzo in area pubblica o quantomeno destinata al pubblico”.
 Pertanto, anche Cass., sez. pen. VII; 20 gennaio 2010, n. 10476 ribadisce la necessità, per l’applicazione dell’Art. 187 CdS, di una “alterazione” socialmente pericolosa, quindi congiunta all’atto concreto della “guida”, della “movimentazione” del veicolo su di una strada pubblica. All’opposto, l’essere “alterati” e semplicemente “seduti” nell’abitacolo di una vettura rientra nella precettività meramente amministrativa dell’Art. 75 TU 309/90. Del pari, Cass., sez. pen. IV, 19 ottobre 2010, n. 45898 afferma che “la guida [ai fini dell’applicabilità dell’Art. 187 CdS] consiste nell’utilizzo [concreto, ndr] degli strumenti ordinari di utilizzo del veicolo […]. E’ necessario che il soggetto che guida sia in grado di utilizzare adeguatamente gli strumenti che determinano il moto e la stasi e di contenere l’utilizzo di tali strumenti entro le regole specifiche che disciplinano e limitano la circolazione e le regole generali di prudenza, perizia e diligenza. Perciò, non costituisce guida la condotta dell’imputato che, in stato di alterazione da stupefacenti [ex Art. 187 CdS]; o in stato di ebbrezza ex Art. 186 CdS, ndr] spingeva in strada il proprio ciclomotore a mano perché non funzionante”. Come si può notare, pure Cass., sez. pen. IV, 19 ottobre 2010, n. 45898 disgiunge gli Artt. 186 e 187 CdS da un’eventuale pericolosità etero-lesiva puramente astratta. P.e., l’abitacolo può essere un luogo di consumo personale di alcol o di stupefacenti, purché il veicolo non sia successivamente acceso e messo in moto sulla carreggiata.

2. L’accertamento della “alterazione” psicofisica.


Nei Lavori Preparatori agli Artt. 186 e 187 CdS, “per stato di alterazione psicofisica, al di là delle considerazioni medico-legali, s’intende un rallentamento dei riflessi, una perdita di lucidità mentale, un’errata percezione della realtà circostante, un forte stato di agitazione o frenesia. La menzionata alterazione dev’essere determinata solo ed esclusivamente dall’assunzione della sostanza e non da stati d’animo o malattie”. Siffatta “alterazione” è contestabile solamente attraverso un “esame tecnico” di natura sanitaria, ma, di primo acchito, è indispensabile pure una “contestazione sintomatica” fondata su elementi predittori come la modalità di guida non coordinata, le testimonianze dei presenti o lo stato di sonnolenza.
Tuttavia, Cass., sez. pen. IV, 18 luglio 2018, n. 41376 impone sempre e comunque il narcotest, in tanto in quanto “diversamente dall’ipotesi di guida sotto l’effetto di alcol [ex Art. 186 CdS], l’accertamento [ex Art. 187 CdS] non può limitarsi né alla sola sintomatologia, né al solo accertamento dell’assunzione, ma deve compendiare i due profili. Laddove questo accertamento, senza dubbio più complesso di quello previsto per la guida in stato di ebbrezza alcolica, dia esito positivo, l’assenza di soglie implica di per sé l’integrazione del reato. Ecco che, allora, è la constatazione esteriore della sintomatologia che deve determinare l’avvio del procedimento di cui all’Art. 187 CdS commi 2, 2 bis e seguenti, al fine di determinare se [la sintomatologia] è correlata all’assunzione di sostanze droganti”. Come si può notare, Cass., sez. pen. IV, 18 luglio 2018, n. 41376 manifesta un notevole garantismo, giacché, nel contesto dell’Art. 187 CdS, l’esame preventivo dei sintomi va sempre accompagnato al narcotest.
Ora, si pone pure il problema del conducente il quale, in maniera spontanea, ammetta di aver assunto stupefacenti prima di aver iniziato a guidare. A tal proposito, di solito, la Giurisprudenza reputa che le dichiarazioni spontanee del guidatore vanno comunque seguite dall’accertamento tecnico-sanitario del narcotest. In buona sostanza, la Suprema Corte esige, nell’ambito dell’Art. 187 CdS, la massima oggettività empirica. In effetti, pure Cass., sez. pen. II, 7 aprile 2016 (simile a Cass., sez. pen. IV, 12 giugno 2018) asserisce che “le operazioni descritte dall’Art. 187 CdS commi 2, 2 bis, 3, 4 e 5, rientrano nelle attribuzioni degli organi di polizia stradale e sono dirette, nella loro sequenza procedurale, dapprima ad acquisire elementi utili per motivare l’obbligo di sottoposizione del conducente agli accertamenti di cui al comma 3 e, successivamente, a rendere oggettiva evidenza della condizione di alterazione mediante un esame strumentale, il cui esito […] non può essere sostituito dalle ammissioni dell’onerato, in ragione del carattere tecnico e qualitativo dell’accertamento, poiché ai fini della configurabilità della contravvenzione di guida sotto influenza di sostanze stupefacenti, è necessario che lo stato di alterazione del conducente […] venga accertato attraverso un esame tecnico sui campioni dei liquidi biologici, trattandosi di verifica che richiede conoscenze tecniche specialistiche per l’individuazione e per la quantificazione della sostanza.
Come si nota, i testé menzionati Precedenti postulano l’indispensabilità dell’esame dei liquidi biologici, in tanto in quanto le spontanee ammissioni del guidatore non recano una sufficiente “oggettività”. Soltanto l’esame tossicologico ha il necessario livello di certezza fattuale. D’altra parte, qualsivoglia dichiarazione spontanea dell’indagato, senza la presenza del Difensore, non ha alcun valore processualpenalistico. Tale è il parere di Cass., sez. pen. IV, 28 gennaio 2021, n. 20094, ovverosia “la richiesta al conducente di un veicolo di sottoporsi agli esami dei liquidi biologici è propedeutica all’accertamento delle condizioni di alterazione previsto dalla norma incriminatrice, la cui valutazione non può essere rimessa ad un riscontro meramente sintomatico, se del caso avallato dalle ammissioni del conducente rese nell’immediatezza, le quali, proprio perché provenienti da persona investigata non possono essere utilizzate nei suoi confronti (Art. 631 Cpp) se non siano assunte con le forme di cui all’Art. 350, in relazione all’Art. 64 Cpp e, pertanto, con l’assistenza di un Difensore, conseguendone, altrimenti, il divieto di utilizzazione in dibattimento ai sensi dell’Art. 350 commi 6 e 7 Cpp”. Pertanto, in Cass., sez. pen. IV, 28 gennaio 2021, n. 20094si specifica che il narcotest è un atto di garanzia oggettiva a prescindere dalle dichiarazioni spontanee del guidatore. Tuttavia, fa eccezione Cass., sez. pen. II, 18 aprile 2016, n. 15936, per la quale “ai fini della configurabilità della contravvenzione di guida sotto l’influenza di sostanze stupefacenti, è necessario che lo stato di alterazione del conducente dell’auto venga accertato attraverso un esame tecnico su campioni di liquidi biologici […]. E’, tuttavia, possibile prescindere da tali accertamenti in presenza di specifiche ammissioni da parte dell’imputato circa l’assunzione di sostanze psicotrope al momento della guida”.

3.La durata dell’alterazione in caso di esame positivo.


Nell’Art. 186 CdS, l’assunzione di poco alcol non è sanzionabile, mentre, nell’Art. 187 CdS, anche una modica quantità di stupefacente fa scattare la sanzione. La ratio di tale regime differenziato discende dal maggior grado di pericolosità auto-/etero-lesiva delle droghe rispetto alle ordinarie bevande alcoliche. Ciononostante, in Dottrina, non pochi Autori hanno fatto notare che lo stupefacente provoca un esito positivo, nelle urine e nel sangue, anche se l’assunzione è di molto risalente nel tempo e, dunque, l’emivita è quantitativamente infima. Dunque, talvolta il narcotest è positivo, ma la sostanza è talmente scarsa da non poter cagionare alcuna “alterazione” psicofisica.
Secondo Cass., sez. pen. IV, 18 luglio 2018, n. 41376, la maggiore severità dell’Art. 187 CdS, rispetto alla simile fattispecie dell’alcol nell’Art. 186 CdS, è ragionevolmente motivata, giacché “la scelta legislativa [nell’Art. 187 CdS] di ancorare la punibilità a presupposti diversi da quelli previsti per la guida in stato di ebbrezza [nell’Art. 186 CdS], per configurare la quale è sufficiente porsi alla guida dopo aver assunto alcol oltre una determinata soglia, trova la sua ratio nell’apprezzamento della ritenuta maggior pericolosità dell’azione rispetto al bene giuridico tutelato della sicurezza stradale, che implica l’assenza di ogni gradazione punitiva a fronte dell’accertata alterazione psicofisica causata dall’assunzione di stupefacenti”. Quindi, Cass., sez. pen. IV, 18 luglio 2018, n. 41376 esterna la “tolleranza zero” verso le droghe illecite, mentre le bevande alcoliche risultano maggiormente accettate sia sotto il profilo sociale, sia dal punto di vista giuridico.
Controversa è anche la fattispecie della marjuana, il cui effetto stordente dura solo 1/3 ore, ma il THC rimane tracciabile egualmente per 10 ore nella saliva, per 15 giorni nel sangue, per 30 giorni nelle urine e per 90 giorni nel capello. Del pari, sempre con afferenza al THC, Tribunale di Rovigo 04/04/2001 ha distinto tra “emivita residuale” dei cannabinoidi e “alterazione” psicofisica ancora in corso, poiché il narcotest spesso dà un risultato positivo anche dopo un mese dall’assunzione, ovverosia quando l’efficacia psicotrope è ormai trascorsa. Simile è pure Cass., sez. pen. IV, 27 ottobre 2010, n. 38121, in tanto in quanto “non è possibile risalire al momento effettivo dell’assunzione delle sostanze stupefacenti in base alla quantità delle medesime presenti nelle urine.
La risposta fornita da questo tipo di analisi può essere solo in termini qualitativi, ossia di esito positivo (quando i dati analitici risultino superiori o eguali al calibratore) o negativo (quando i dati analitici risultino inferiori al calibratore). Ciò comporta due conseguenze: la prima è che è impossibile, con questa analisi, stabilire se la quantità assunta avesse avuto effetto alterante; la seconda è che è impossibile correlare il risultato positivo per cannabinoidi con lo stato di alterazione del soggetto al momento del prelievo” In buona sostanza, soprattutto con attinenza alla cannabis, Cass., sez. pen. IV, 27 ottobre 2010, n. 38121 intende specificare che un conducente può risultare positivo a fronte, però, di un’assunzione di droghe assai lontana, dunque ormai inidonea a provocare la “alterazione” psicofisica. Viceversa, il dubbio è meno intenso in presenza di stordimento, sonnolenza e mancata lucidità al momento dell’accertamento sintomatologico della polizia stradale.

4.Le modalità del narcotest ex Art. 187 CdS.


Nella prima fase degli accertamenti, i Lavori Preparatori all’Art. 187 CdS specificano che “gli organi di polizia stradale, nel rispetto della riservatezza personale e senza pregiudizio per l’integrità fisica, possono sottoporre i conducenti ad accertamenti qualitativi non invasivi o a prove, anche attraverso apparecchi portatili, ma solo al fine di acquisire elementi utili per motivare l’obbligo di sottoposizione agli accertamenti clinico-tossicologici”. In una seconda fase, se la polizia stradale ha la certezza della positività, o se il guidatore manifesta scoordinazione o intontimento, gli UU.PP.GG. si possono avvalere di personale sanitario ausiliario alla PG. Detto personale provvede all’accertamento non invasivo su un campione di mucosa orale. Nella terza fase, se l’esame non è idoneo o, specialmente, se l’automobilista si rifiuta di collaborare, egli viene coattivamente accompagnato dalla PG presso una struttura ospedaliera nella quale un medico è tenuto al prelievo di liquidi biologici ex comma 3 Art. 187 CdS.

5. Il problema del rifiuto dell’accertamento tecnico da parte del guidatore.


Una drastica tolleranza zero è espressamente dichiarata in Tribunale di Potenza, 23/02/2022, n. 174, ovverosia “il reato di cui all’Art. 187 comma 8 CdS, dal punto di vista della tipicità della fattispecie, è perfezionato per il solo fatto del rifiuto dell’indagato di sottoporsi agli accertamenti da parte dell’autorità [di PG] e di qualsiasi accertamento medico relativo all’assunzione di sostanze stupefacenti, richiesto dagli operatori alla luce di sintomi di recente assunzione di sostanze […]. In caso di rifiuto dell’accertamento di cui ai commi 2, 2 bis, 3 o 4 Art. 187 CdS, il conducente è [automaticamente] responsabile della contravvenzione di cui al comma 8”.
La tassativa obbligatorietà degli accertamenti è ribadita pure da Cass., sez. pen. IV, 19 febbraio 2019, n. 24914, giacché la PG può disporre il narcotest ogniqualvolta “sussista una sintomatologia [evidente ictu oculi, ndr] che lasci sospettare lo stato di alterazione psicofisica da sostanze stupefacenti”. Tale “sintomatologia” consiste in una evidente mancanza di lucidità, dunque in un conclamato stato di pericolosità per l’ordinaria circolazione stradale.
Eccezionalmente, Cassazione 40758/2017 ha asserito che “è legittimo il rifiuto a sottoporsi ad accertamenti circa lo stato di alterazione psicofisica causata dall’assunzione di sostanze stupefacenti […] [perché] l’invito […] a seguire i carabinieri non era riconducibile né al comma 3 [Art. 187 CdS], in quanto i carabinieri non possedevano l’etilometro; né al comma 4 [Art. 187 CdS], in quanto i militari non avevano invitato [il guidatore] presso il più vicino ufficio o comando”. In sintesi, Cassazione 40758/2017 giunge al punto di ipostatizzare la ratio del rispetto, da parte della PG, nei confronti della privatezza dell’indagato ex Art. 187 CdS.
Altre volte, capita che il conducente provochi un sinistro stradale e venga curato, subito dopo, da una struttura ospedaliera, la quale provvede essa stessa al prelievo di sangue, scavalcando, per tal via, la domanda di consenso all’interessato. P.e., Cass., sez. pen. IV, 11 maggio 2021, n. 21559 precisa che “[in tema di guida in stato di alterazione psicofisica da uso di sostanze stupefacenti] il reato di cui al comma 8 Art. 187 CdS non è configurabile a carico del conducente coinvolto in un incidente stradale e sottoposto [perché ferito, ndr] a cure mediche presso una struttura sanitaria che, dopo un precedente prelievo ematico [in ospedale], effettuato a fini terapeutici, rifiuti l’ulteriore [e pleonastico, ndr] prelievo richiesto dalla polizia stradale esclusivamente [rectius: per la seconda volta] a fini d’indagine, integrando tale condotta l’esercizio del diritto di opporsi ad un accertamento invasivo e contra legem, scriminato ai sensi dell’Art. 51 CP, in quanto l’accertamento della presenza di sostanze stupefacenti nel sangue ben può essere svolto, senza il consenso dell’interessato, sul [precedente] prelievo ematico [già] effettuato [in ospedale] a fini terapeutici”. Dunque, pure Cass., sez. pen. IV, 11 maggio 2021, n. 21559 esaspera cavillosamente il principio della tutela della privatezza dell’indagato o, comunque, riduce al minimo gli accertamenti tossicologici invasivi nell’Art. 187 CdS.
Decisamente anti-garantistica risulta anche Cass., sez. pen. IV, 28 gennaio 2021, n. 20094, in tanto in quanto essa stabilisce che “l’ammissione del conducente di aver fatto uso di una sostanza stupefacente non esclude il reato di rifiuto di accertamenti sanitari, non essendo questa in grado di sostituire la portata e la finalità dell’accertamento diagnostico, diretto a verificare il tipo di sostanza e a misurare la rilevanza dell’assunzione”. Pertanto, Cass., sez. pen. IV, 28 gennaio 2021, n. 20094 rimarca la ratio della totale e radicale proibizione di mettersi alla guida di un veicolo dopo aver fatto un personale uso di sostanze illecite.

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Dott. Andrea Baiguera Altieri

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