Le circostanze aggravanti nel TU sugli stupefacenti

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Nei Lavori Preparatori al TU 309/90, il Legislatore ha specificato che “le aggravanti [ex comma 1 Art. 80 TU 309/90] appesantiscono situazioni eterogenee, aventi, in alcune ipotesi, l’obiettivo di tutelare persone fragili; in altre, di colpire persone più pericolose; in altre, di ostacolare il commercio di sostanze nocive o in luoghi protetti”.
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Indice

1. Il comma 1 Art. 80 TU 309/90


Le pene previste per i delitti di cui all’Art. 73 TU 309/90 sono aumentate da un terzo alla metà:

  • nei casi in cui le sostanze stupefacenti e psicotrope sono consegnate o comunque destinate a persona di età minore
  • nei casi previsti dai numeri 2), 3) e 4) del primo comma dell’Art. 112 CP
  • per chi ha indotto a commettere il reato, o a cooperare nella commissione del reato, persona dedita all’uso di sostanza stupefacenti o psicotrope
  • se il fatto è stato commesso da persona armata o travisata
  • se le sostanze stupefacenti o psicotrope sono adulterate o commiste ad altre in modo che ne risulti accentuata la potenzialità lesiva
  • se l’offerta o la cessione è finalizzata ad ottenere prestazioni sessuali da parte di persona tossicodipendente
  • se l’offerta o la cessione è effettuata all’interno o in prossimità di scuole di ogni ordine e grado, comunità giovanili, caserme, carceri ospedali, strutture per la cura e la riabilitazione dei tossicodipendenti.

Nei Lavori Preparatori al TU 309/90, il Legislatore ha specificato che “le aggravanti [ex comma 1 Art. 80 TU 309/90] appesantiscono situazioni eterogenee, aventi, in alcune ipotesi, l’obiettivo di tutelare persone fragili; in altre, di colpire persone più pericolose; in altre, di ostacolare il commercio di sostanze nocive o in luoghi protetti”.
Come prevedibile e forse anche fisiologico, la Giurisprudenza ha dovuto concretizzare il comma 1 Art. 80 TU 309/90, con il consueto rischio di generare ipertrofie ermeneutiche che si allontanano assai dalla ratio primigenia della norma stabilita de jure condito.

2. La lett. a) comma 1 Art. 80 TU 309/90 (il coinvolgimento di consumatori infra-18enni)


La lett. a) comma 1 Art. 80 TU 309/90 diviene precettiva attraverso la semplice “dazione” dello stupefacente al minorenne, a prescindere dal fatto che l’infra-18enne successivamente consumi, oppure non consumi la sostanza consegnata. Nei Lavori Preparatori, è esplicato, infatti, che “[tale] previsione sanziona il [solo] fatto di consegnare ad un minore sostanze stupefacenti, per il timore che, una volta in possesso, ne possa fare uso”. Dunque, la lett. a) comma 1 Art. 80 TU 309/90 configura una circostanza aggravante connotata da una pericolosità anti-sociale che può essere meramente “potenziale”. Analogo è il parere di Cass., sez. pen. III, 7 ottobre 2015, n. 49571, ovverosia “l’aggravante della consegna della sostanza stupefacente a persona di età minore, di cui alla lett. a) comma 1 Art. 80 TU 309/90, è configurabile anche nel caso di semplice dazione al minorenne, indipendentemente dalla diversa destinazione che la droga possa eventualmente avere, in quanto la ratio dell’aggravante risiede proprio nel fatto che un minore entri in possesso dello stupefacente e possa, dunque, assumerne”. Nello specifico, Cass., sez. pen. III, 7 ottobre 2015, n. 49571 ha giudicato la fattispecie di un bambino incaricato dal padre cocainomane di andare ad acquistargli una dose di cocaina, consegnata dallo spacciatore al minorenne, anche se quest’ultimo non ne ha fatto uso e, anzi, ha poi consegnato la sostanza al padre, così come commissionatogli dal genitore.
E’ evidente che la lett. a) comma 1 Art. 80 TU 309/90 s’incontra con il problema della conoscenza/conoscibilità dell’età minore del cessionario. Con afferenza a tale spinosa tematica, tutta la Giurisprudenza di legittimità applica il criterio della punibilità della “ignoranza colposa” ex comma 2 Art. 59 CP, ovverosia “le circostanze che aggravano la pena sono valutate a carico dell’agente soltanto se da lui conosciute, ovvero ignorate per colpa o ritenute inesistenti per errore determinato da colpa” Dunque ed in buona sostanza, come asserito da Cass., sez. pen. VI, 9 luglio 2010, n. 41306, “ai fini del riconoscimento dell’aggravante della consegna di sostanze stupefacenti  a persona minorenne, è sufficiente, ai sensi del comma 2 Art. 59 CP, che l’agente abbia ignorato, per colpa, l’età del soggetto passivo, ovvero abbia escluso la minore età dello stesso per errore determinato da colpa”. Come si può notare, la natura puramente colposa dell’ignoranza dell’età minorile facilita l’applicabilità della lett. a) comma 1 Art. 80 TU 309/90 e, nel contempo, massimizza la tutela normativa dell’infra-18enne. Del pari, Cass., sez. pen. IV, 16 luglio 2015, n. 41998 ha reputato sanzionabile in forma aggravata “la condotta di chi, pur asserendo la non conoscenza della circostanza, versava in errore determinato da colpa per avere ceduto a soggetto in età scolare e privo di accompagnatori”.
Analogamente, Cass., sez. pen. IV, 28 novembre 2019, n. 1351 ha reputato non credibile l’ignoranza della minore età da parte di chi “effettuava la cessione vicino alla fermata dell’autobus che portava gli studenti a scuola […] e [tra l’ altro] aveva un rapporto di amicizia con il cessionario”. Entro tale ottica, s’innesta pure, nella Giurisprudenza di merito, Tribunale di Treviso, 28 gennaio 2022, n. 1091, la quale ha applicato la lett. a) comma 1 Art. 80 TU 309/90 a carico del pusher che “pur avendo notato la giovanissima età dell’acquirente, procede, in ogni caso, alla cessione”.
Molto controverso è se la lett. a) comma 1 Art. 80 TU 309/90 escluda, o meno, l’applicazione eventuale del comma 5 Art. 73 TU 309/90. Le Sezioni Unite, in un Precedente del 2010, hanno dato parere positivo, ma hanno anche precisato che la precettività del comma 5 Art. 73 TU 309/90 dipende, nel concreto, dalle specifiche e contingenti valutazioni del Magistrato di merito, poiché ciascuna fattispecie presenta le proprie peculiarità. Più nel dettaglio, Cass., SS.UU., 24 giugno 2010, n. 35737, Rico hanno affermato che bisogna sempre e comunque contestualizzare, nel senso che “l’aggravante della cessione di sostanze stupefacenti a soggetto minore di età è astrattamente compatibile con il fatto di lieve entità; [ma] il giudice deve valutarne la compatibilità caso per caso, tenendo conto di tutte le specifiche e concrete circostanze nelle quali la cessione a minore si realizza”.
Cass., SS.UU., 24 giugno 2010, n. 35737, Rico ripropone, dunque, la ratio suprema della “contestualizzazione”. Ossia, la compatibilità tra la lett. a) comma 1 Art. 80 TU 309/90 ed il comma 5 Art. 73 TU 309/90 non è valutabile a livello di massimi sistemi, in tanto in quanto il Magistrato del merito dev’essere libero di formare un proprio apprezzamento, relativizzato a seconda delle specifiche circostanze della concreta fattispecie delittuosa.
Detto in altri termini, nella Procedura Penale, a differenza di quanto accade nella Procedura Civile, la sostanzialità prevale sulla formalità, come confermato dal principio di “fattualizzazione” empirica enunziato in Cass., SS.UU., 24 giugno 2010, n. 35737, Rico. In chiosa, si segnala che pure Cass., sez. pen. VI, 16 febbraio 2021, n. 14592 ha reputato compatibili, in linea di principio, la lett. a) comma 1 Art. 80 TU 309/90 ed il comma 5 Art. 73 TU 309/90. Tuttavia, tale Precedente del 2021 rimarca l’estrema gravità del coinvolgimento di infra-18enni. Pertanto, raramente la cessione di stupefacenti ad un minorenne potrà dirsi “di lieve entità”.

3. I casi previsti dai numeri 2), 3) e 4) del comma 1 Art. 112 CP


La lett. b) comma 1 Art. 80 TU 309/90 rinvia ai nn. 2), 3) e 4) comma 1 Art. 112 CP; ovverosia la pena da infliggere, in caso di concorso di persone, è aumentata
[…]

  • 2) per chi, anche fuori dai casi preveduti dai due numeri seguenti, ha promosso od organizzato la cooperazione nel reato, ovvero diretto l’attività delle persone che sono concorse nel reato medesimo
  • 3) per chi, nell’esercizio della sua autorità, direzione o vigilanza, ha determinato a commettere il reato persone ad esso soggette
  • 4) per chi, fuori del caso preveduto dall’Art. 111 CP, ha determinato a commettere il reato un minore di anni 18 o una persona in stato di infermità o di deficienza psichica, ovvero si è comunque avvalso degli stessi o con gli stessi ha partecipato nella commissione di un delitto per il quale è previsto l’arresto in flagranza.

Assai frequentemente, nella prassi, si verifica l’aggravante di cui al n. 4) comma 1 Art. 112 CP. Tuttavia, nell’opinione della Giurisprudenza di legittimità, tale “avvalersi” del minorenne o dell’incapace si configura come una situazione in cui l’ideatore del reato “dirige” o “strumentalizza” la persona “debole”. Dunque, il n. 4) comma 1 Art. 112 CP presuppone un rapporto non paritario, bensì di “supremazia” dell’ideatore che si avvale dell’infra-18enne o dell’infermo di mente.
L’individuo coinvolto, perché siano integrati gli estremi del n. 4) comma 1 Art. 112 CP, dev’essere totalmente assoggettato, strumentalizzato e guidato dal soggetto agente “dominante”. In effetti, anche Cass., sez. pen. IV, 19 febbraio 2009, n. 18971 precisa che “[in tema di delitti concernenti il traffico di stupefacenti] la circostanza aggravante di essersi avvalso di un minore nella commissione del delitto non può desumersi dalla semplice contestazione dei aver commesso il fatto in concreto con un minore, giacché l’avvalersi di taluno implica pur sempre un’attività di strumentalizzazione che può non ricorrere nel mero concorso di persone nel reato”.
Dunque, in Cass., sez. pen. IV, 19 febbraio 2009, n. 18971, il lemma “avvalersi” non indica una mera correità, bensì esso implica una vera e propria sottomissione piena del minorenne o dell’incapace alla volontà “direttiva” del responsabile principale. Anzi, Cass., sez. pen. IV, 25 settembre 2018, n. 44896, Cass., sez. pen. III, 23 febbraio 2018, n. 23848, nonché Cass., sez. pen. IV, 7 luglio 2010, n. 37924 affermano unanimemente che, anche dopo la novella apportata dal DL 152/1991, il n. 4) comma 1 Art. 112 CP non indica solo la sussistenza di un semplice concorso, bensì di una vera e propria sottomissione strumentalizzante nei confronti dell’infra-18enne o dell’incapace. In altri termini, nel n. 4) comma 1 Art. 112 CP, il rapporto tra i correi non è gerarchicamente paritario, bensì il “soggetto debole” viene completamente sottomesso dall’infrattore che dirige la commissione del delitto in tema di stupefacenti.

4. L’induzione a commettere il reato, o a cooperare nella commissione del reato, di persona dedita all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope ( lett. c) comma 1 Art. 80 TU 309/90)


Pure la lett. c) comma 1 Art. 80 TU 309/90, al pari delle precedenti lett. a) e b), risponde alla ratio di tutelare una persona fragile e suggestionabile, che, in questa fattispecie, è rappresentata dai soggetti dediti alla tossicomania. D’altronde, è evidente, sotto il profilo criminologico, che un assuntore di droghe sarà strumentalizzabile più facilmente nella commissione di delitti contemplati nel TU 309/90. Nella Giurisprudenza di legittimità, viene chiarito, inoltre, che la lett. c) comma 1 Art. 80 TU 309/90 si riferisce ad un tossicodipendente “medio”, non necessariamente uncinato in forma cronica.
Come nel caso della lett. a) comma 1 Art. 80 TU 309/90, anche nella lett. c) comma 1 Art. 80 TU 309/90 sorge la problematica della conoscenza/ conoscibilità della qualifica di “persona dedita all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope”. A parere di Cass., sez. pen. VI, 9 luglio 2010, n. 41306, “si può ritenere, ai sensi dell’Art. 59 comma 2 CP, che la responsabilità sussista anche se l’agente abbia ignorato, per colpa, la condizione [di tossicodipendenza abituale] del soggetto passivo, ovvero abbia escluso la stessa per errore determinato da colpa”. D’altra parte, nella pratica quotidiana, è ben raro che il correo principale non si accorga della sussistenza della circostanza aggravante di cui alla lett. c) comma 1 Art. 80 TU 309/90.


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5. La commissione del fatto da parte di persona armata o travisata (lett. d) comma 1 Art. 80 TU 309/90).


Tale aggravante è la medesima di cui al n. 1) comma 3 Art. 628 CP (“[la pena, nella rapina, è aumentata] se la violenza o la minaccia è commessa con armi o da persona travisata […]”). Ciò, come prevedibile, facilita la relativa ermeneutica giurisprudenziale. Del pari, la ratio della lett. d) comma 1 Art. 80 TU 309/90 risiede nell’ovvio requisito della maggiore anti-socialità insita nell’uso di armi e nel travisamento.
Nella Giurisprudenza della Suprema Corte, l’arma, per l’integrazione degli estremi della lett. d) comma 1 Art. 80 TU 309/90, non deve necessariamente essere utilizzata nel momento della consumazione del delitto; ovverosia, è sufficiente che il reo abbia la disponibilità “potenziale” di un’arma, anche se essa è custodita in un luogo diverso dal locus commissi delicti. P.e., Cass., sez. pen. VI, 10 novembre 2017, n. 5197 precisa che “l’aggravante dell’essere stato il fatto commesso da persona armata, di cui alla lett. d) comma 1 Art. 80 TU 309/90, presuppone il solo rapporto di coincidenza temporale e di luogo tra la detenzione della droga e quella dell’arma in capo alla stessa persona, non essendo richiesta anche una [maggiore, ndr] contestualità causale alla realizzazione della condotta di detenzione dello stupefacente”. Più nel dettaglio, nel fatto giudicato da Cass., sez. pen. VI, 10 novembre 2017, n. 5197, la Suprema Corte ha ritenuto precettiva la lett. d) comma 1 Art. 80 TU 309/90 anche se l’arma non è stata usata, ma era disponibile all’interno del garage attiguo alla dimora privata in cui si svolgeva lo spaccio ex Art. 73 TU 309/90.
Parimenti, pure Cass., sez. pen. IV, 21 gennaio 2011, n. 5038 ha ritenuto sussistente l’aggravante ex lett. d) comma 1 Art. 80 TU 309/90, anche se l’arma da fuoco, scarica, era detenuta nascosta sotto ad un pavimento vicino al luogo di detenzione della sostanza illecita. Dunque, si può affermare che, in Giurisprudenza, alla luce della lett. d) comma 1 Art. 80 TU 309/90, la pericolosità anti-giuridica dell’arma può essere meramente “potenziale”, il che, a parere di chi redige, sfiora l’ipotesi di pericolosità penale “astratta”, quindi “atipica” in tanto in quanto sganciata da qualsivoglia nesso di causalità.

6. L’aggravante di sostanze stupefacenti o psicotrope adulterate o commiste ad altre, in modo che ne risulti accentuata la potenzialità lesiva (lett. e) comma 1 Art. 80 TU 309/90)


La ratio della lett. e) comma 1 Art. 80 TU 309/90 consta nel principio di tutela statale della salute collettiva di cui al comma 1 Art. 32 Cost. (“la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività […]”). Per il vero, siffatto principio di rango costituzionale sta alla base dell’intero impianto proibizionista caratterizzante il TU 309/90.
Come rimarcato da Cass., sez. pen. II, 8 luglio 2013, n. 44667, “questa aggravante ha natura oggettiva, per cui il criterio di imputazione è quello della colpa, secondo il canone della prevedibilità in concreto [ex comma 2 Art. 59 CP] […]. Ad esempio, [la lett. e) comma 1 Art. 80 TU 309/90] è integrata con la consapevole accettazione del rischio di utilizzare sostanze da taglio pericolose per l’organismo umano”. D’altronde, nella prassi quotidiana, il pusher è quasi sempre consapevole della eventuale qualità etero-lesiva delle sostanze da lui cedute. Anzi, nella Giurisprudenza costante della Corte di Cassazione, sovente il dato qualitativo è più importante di quello quantitativo.
P.e., Cass., sez. pen. VI, 20 marzo 2014, n. 14295 afferma che “l’aggravante prevista dalla lett. e) comma 1 Art. 80 TU 309/90 (sostanze stupefacenti adulterate o miscelate in modo che ne risulti accentuata la potenzialità lesiva) integra un’aggravante oggettiva, per la cui imputazione è sufficiente che l’agente abbia ignorato per colpa, da verificare secondo il canone della prevedibilità in concreto, la sussistenza dei suoi elementi costitutivi”. Più dettagliatamente, Cass., sez. pen. VI, 20 marzo 2014, n. 14295 ha valutato come qualitativamente aggravato, ex lett. e) comma 1 Art. 80 TU 309/90, lo spaccio di cocaina tagliata con levamisolo. In effetti, esistono sostanze spesso rivenute in quantità infima, ancorché munite di un’estrema lesività qualitativa. Ecco, dunque, tornare la basilarità della ratio ex comma 1 Art. 32 Cost.

7. L’offerta o la cessione finalizzata ad ottenere prestazioni sessuali da parte di persona tossicodipendente (lett. f) comma 1 Art. 80 TU 309/90)


Prima della novella integrale apportata dalla L. 66/1996, la lett. f) comma 1 Art. 80 TU 309/90 rappresentava una fattispecie delittuosa autonoma rispetto a quella della violenza sessuale su persona “in condizione di inferiorità” ex n. 3 comma 2 Art. 519 CP. Tale distinzione strutturale e tale diversità degli ambiti precettivi è stata chiarita da Cass., sez. pen. IV, 2 dicembre 1998, n. 6173, ovverosia “non sussiste incompatibilità tra il delitto di violenza carnale presunta in danno di persona in condizioni di inferiorità ex Art. 519 comma 2 n. 3 CP [abrogato nel 1996, ndr] e quello di cessione di sostanza stupefacente aggravato dalla finalità di ottenere prestazioni sessuali (lett. f) comma 1 Art. 80 TU 309/90), non essendo identici gli elementi che integrano le due ipotesi. Infatti, l’Art. 519 cpv. n. 3 CP prevede, nella parte offesa, una condizione soggettiva consistente nell’impossibilità di opporre resistenza per inferiorità psichica o fisica, mentre l’aggravante relativa alla cessione di sostanze stupefacenti si riferisce esclusivamente alle finalità del soggetto attivo”. A parere di chi redige, tuttavia, rimane assai sottile, quasi impercettibile, perlomeno a livello pratico, al distinzione tra, da un lato, il n. 3 comma 2 Art. 519 CP e, dall’altro lato, la lett. f) comma 1 Art. 80 TU 309/90. Dopotutto, la ratio della “inferiorità psichica e/o fisica” della persona violentata è la medesima in tutte e due le norme, pur se, come precisato da Cass., sez. pen. IV, 2 dicembre 1998, n. 6173, gli ambiti applicativi possiedono due riguardi distinti.
Rimane da analizzare, nella lett. f) comma 1 Art. 80 TU 309/90, la corretta esegesi del lemma “tossicodipendente”, poiché il consumatore/la consumatrice occasionale non versa in uno stato vero e proprio di “tossicodipendenza” cronica. Inoltre, non mancano fattispecie concrete in cui la prestazione sessuale è congiunta alla ordinaria dazione di denaro al pusher. Ovverosia, lo “sconto” nella vendita della sostanza, può essere “integrato” anche con il rapporto carnale. In tutti questi casi, è necessaria, come sempre, una dettagliata contestualizzazione da parte del Magistrato del merito.

8. L’offerta o la cessione effettuata all’interno o in prossimità di scuole di ogni ordine e grado, comunità giovanili, caserme, carceri, ospedali, strutture per la cura e la riabilitazione dei tossicodipendenti (lett. g) comma 1 Art. 80 TU 309/90)


Nei Lavori Preparatori alla lett. g) comma 1 Art. 80 TU 309/90. è specificato che “la ratio dell’aggravante in questione è quella di rafforzare la tutela penale per quelle condotte illecite poste in essere in presenza di collettività particolarmente vulnerabili, perché esposte maggiormente alla insidie dello spaccio di droga, a causa della giovane età, ovvero dei luoghi frequentati, in cui, per le caratteristiche della convivenza, a volte forzata, più facile è la diffusione degli stupefacenti”.
Simile è pure la ratio espressa da Cass., sez. pen. IV, 19 gennaio 2016, n. 3786, ossia “nelle comunità [di cui alla lett. g) comma 1 Art. 80 TU 309/90] il rilevato pericolo si manifesta particolarmente evidente, in quanto l’elevato numero delle persone presenti e la concentrazione delle stesse rappresentano le condizioni per un allargamento a macchia d’olio del contatto con la droga” Dunque, Cass., sez. pen. IV, 19 gennaio 2016, n. 3786 conferma appieno il proibizionismo di fondo che accompagna l’intero TU 309/90, sin dalla stesura primigenia.
La Giurisprudenza di legittimità ha evidenziato che la lett. g) comma 1 Art. 80 TU 309/90 non è integrata da colui che detiene, per uso personale, uno stupefacente e lo porta con sé all’interno di scuole, carceri, caserme, ospedali o comunità giovanili. A tal proposito, Cass., sez. pen. VI, Ordinanza n. 28316 del 3 giugno 2003 ha precisato anch’essa che “per la sussistenza della circostanza aggravante di cui alla lett. g) comma 1 Art. 80 TU 309/90 è necessaria l’effettiva offerta o cessione della sostanza stupefacente all’interno o in prossimità del luoghi indicati nella stessa norma, dovendosi escludere che possa riferirsi ad una condotta di mera detenzione [per uso personale, ndr]”. Analoga è pure la posizione interpretativa di Cass., sez. pen. IV, 19 gennaio 2016, n. 3786.
Problematica è l’ermeneutica dei lemmi locativi “in prossimità” [di scuole, comunità giovanili …]. Provvidenzialmente, Cass., sez. pen. IV, 24 novembre 2016, n. 51957 ha statuito che “il requisito della prossimità ad uno dei luoghi indicati [dalla lett. g) comma 1 Art. 80 TU 309/90] in cui deve avvenire l’offerta o la cessione della sostanza stupefacente, attiene a quelle aree esterne rispetto alle strutture tipizzate, che devono essere ubicate nelle loro immediate vicinanze, configurandosi un rapporto di relazione immediata tra i luoghi indicati e le aree di prossimità, evitando altresì applicazioni estensive dell’aggravante fondate sull’analogia […]. Il requisito della prossimità ad uno dei luoghi indicati dalla norma, in cui deve avvenire l’offerta o la cessione della sostanza stupefacente attiene alla contiguità fisica ed al posizionamento topografico dell’agente dedito allo spaccio in un luogo che consente l’immediato accesso alle droghe alle persone che lo frequentano, non essendo rilevante che il raggiungimento del luogo implichi una pur minima scelta volitiva della vittima”.
Come si nota, Cass., sez. pen. IV, 24 novembre 2016, n. 51957 rifugge dall’aberrante categoria dei delitti di mero sospetto e, contestualmente, richiede una pericolosità anti-giuridica non di carattere astratto o meramente eventuale. P.e., pure Cass., sez. pen. n. 18523 del 23 marzo 2022 ha reputato “aggravata” la cessione concreta di droghe nel parcheggio di pertinenza di un ospedale, ma tale alienazione della sostanza si è fattualmente realizzata e non si è trattato di una semplice detenzione non etero-lesiva e non etero-diretta.
Per quanto attiene alle università, esse, nella Giurisprudenza della Corte di Cassazione, sono qualificate non alla stregua di “scuole”, il che non avrebbe senso, bensì come “comunità giovanili” ex lett. g) comma 1 Art. 80 TU 309/90. Tuttavia, tale esegesi non è pacifica. In effetti, sussumere le università nel campo precettivo della lett. g) comma 1 Art. 80 TU 309/90 significa violare il divieto dell’uso dell’analogia nel Diritto Penale. Viceversa, Cass., sez. pen. VI, 1 giugno 2017, n. 27458 (ripresa da Cass., sez. pen. VI, 26 gennaio 2022, n. 6607) ha inteso specificare che “l’estrema genericità dell’espressione comunità giovanili può giustificare il riferimento anche alle università, […], senza per questo ricorrere al ragionamento analogico”. Interessante, su questo tema, è pure la summenzionata Cass., sez. pen. VI, 26 gennaio 2022, n. 6607, a norma della quale “l’offerta o la cessione di sostanze stupefacenti effettuata in prossimità di un centro sociale, divenuto luogo di aggregazione di movimenti studenteschi, quindi frequentato da ragazzi, integra l’aggravante di cui alla lett. g) comma 1 Art. 80 TU 309/90, perché tale luogo è una comunità giovanile agli effetti dell’applicazione della detta aggravante”

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Dott. Andrea Baiguera Altieri

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