Accesso documentale – Il diritto di accesso all’informazione ambientale

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Il diritto di accesso è uno strumento finalizzato a consentire al privato la conoscenza dei documenti amministrativi, mediante loro visione ed estrazione di copia.
È dunque un istituto che risponde ai principi di trasparenza e pubblicità.

Indice

 
1. Il diritto di accesso. Introduzione

È utile distinguere l’accesso endoprocedimentale da quello esoprocedimentale.
La prima tipologia è funzionale alla partecipazione al procedimento amministrativo dei soggetti individuati agli artt. 7 e 9 della l. n. 241/1990, i quali – ai fini della presentazione delle proprie osservazioni ex art. 10 l. n. 241/1990 – possono avere necessità di conoscere la documentazione confluita all’interno dell’istruttoria procedimentale.
Ai fini dell’accoglimento dell’istanza, allora, bisogna essere parte del procedimento.
Diverso è il caso dell’accesso esoprocedimentale, il quale viene esercitato al di fuori di un iter procedimentale in corso e per la conoscenza di un qualsiasi documento amministrativo per cui sussista “un interesse diretto concreto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso” (art. 22, co. 1, lett. b), l. n. 241/1990).
In questa evenienza, “è onere della parte che chiede l’accesso dimostrare che gli atti abbiano una specifica utilità per la tutela dei propri interessi, non necessariamente coincidenti con il diritto di difesa ex artt. 24 e 113 Cost., ma che devono comunque essere apprezzabili sul piano giuridico ed essere dotati della necessaria concretezza”.[1]

1.1. Natura giuridica del diritto di accesso
L’accesso ai documenti amministrativi ha natura strumentale, nel senso che esso non assicura al richiedente il conseguimento di utilità finali ma mira al soddisfacimento “di altri interessi giuridicamente rilevanti (diritti o interessi), rispetto ai quali si pone in posizione ancillare”.[2]
Invero, la conoscenza dei documenti amministrativi deve essere correlata ad altra situazione giuridicamente tutelata, ex art. art. 22, comma 1, l. 241/90; “non si tratta, dunque, di una posizione sostanziale autonoma, ma di un potere di natura procedimentale, funzionale alla tutela di situazioni sostanziali, abbiano esse consistenza di diritto soggettivo, o interesse legittimo”.[3]

1.2. Limiti al diritto di accesso
L’istanza di accesso deve essere presentata alla pubblica Amministrazione che detiene o che ha formato il documento amministrativo.
In base all’art. 22, co. 4, l. n. 241/1990, “non sono accessibili le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che non abbiano forma di documento amministrativo, salvo quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di accesso a dati personali da parte della persona cui i dati si riferiscono”.
Pertanto, l’istanza deve riferirsi “a ben specifici documenti e non può comportare la necessità di un’attività di elaborazione di dati da parte del soggetto destinatario della richiesta”.[4]
Consegue che ove l’Amministrazione dichiari di non detenere il documento, non sarà possibile l’esercizio dell’accesso. Secondo i giudici amministrativi, invero, “al cospetto di una dichiarazione espressa dell’amministrazione di inesistenza di un determinato atto, non vi sono margini per ordinare l’accesso, rischiandosi altrimenti una statuizione impossibile da eseguire per mancanza del suo oggetto, che si profilerebbe, dunque, come inutiliter data”.[5]
L’ordinamento conosce altri limiti all’accesso documentale.
La richiesta di ostensione agli atti non può costituire uno strumento di controllo generalizzato sull’operato della Pubblica Amministrazione (art. 24, co. 3, l. n. 241/1990).
La regola generale, in aggiunta, non trova applicazione in alcune ipotesi contemplate dalla legge: “tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di quelli indicati all’art. 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6” (art. 22, co. 3, l. n. 241/1990).
Trattasi, nello specifico, dei documenti coperti dal segreto di stato, di quelli inerenti ai procedimenti selettivi e tributari, nonché di quelli afferenti all’attività della pubblica amministrazione diretta all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione (art. 24, l. n. 241/1990).

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2. Il diritto di accesso nella materia ambientale

Nel nostro ordinamento sono previste ipotesi particolari di accesso, i cui presupposti per l’esercizio sono differenti da quelli previsti dalla legge generale sul procedimento amministrativo.
Il riferimento è, in particolare, all’accesso in materia ambientale, reso oggetto di disciplina dal d.lgs. 19 agosto 2005 n. 195, di recepimento della direttiva comunitaria 2003/4/CE.
La finalità perseguita dall’istituto è quella di promuovere l’accesso del pubblico all’informazione ambientale (art. 1, d.lgs. n. 195/2005), con l’intento di sensibilizzare maggiormente “alle questioni ambientali, a favorire il libero scambio di opinioni, ad una più efficace partecipazione del pubblico al processo decisionale in materia e, infine, a migliorare l’ambiente”.[6]
La legittimazione alla sua promozione spetta a “chiunque ne faccia richiesta” senza necessità di dichiarare il proprio interesse (art. 3, co. 1, d.lgs. n. 195/2005).[7]
Ad ogni modo, si è ritenuto che, ai fini del suo accoglimento, “la richiesta deve indicare le matrici ambientali potenzialmente compromesse e fornire una ragionevole prospettazione di tali effetti negativi”.[8]
Oggetto dell’accesso è, come detto, l’informazione ambientale, la quale viene definita mediante un’ampia elencazione – comunque suscettibile di interpretazione estensiva viste le finalità dell’istituto ex art. 1 del d.lgs. n. 195/2005 – comprendente “1) lo stato degli elementi dell’ambiente, quali l’aria, l’atmosfera, l’acqua, il suolo, il territorio, i siti naturali, compresi gli igrotopi, le zone costiere e marine, la diversità biologica ed i suoi elementi costitutivi, compresi gli organismi geneticamente modificati, e, inoltre, le interazioni tra questi elementi; 2) fattori quali le sostanze, l’energia, il rumore, le radiazioni od i rifiuti, anche quelli radioattivi, le emissioni, gli scarichi ed altri rilasci nell’ambiente, che incidono o possono incidere sugli elementi dell’ambiente, individuati al numero 1); 3) le misure, anche amministrative, quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i  programmi, gli accordi ambientali e ogni altro atto, anche di natura amministrativa, nonchè le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell’ambiente di cui ai numeri1) e 2), e le misure o le attività finalizzate a proteggere i suddetti elementi; 4) le relazioni sull’attuazione della legislazione ambientale;  5) le analisi costi-benefici ed altre analisi ed ipotesi economiche, usate nell’ambito delle misure e delle attività di cui al numero 3); 6) lo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, le condizioni della vita umana, il paesaggio, i siti e gli edifici d’interesse culturale, per quanto influenzabili dallo stato degli elementi dell’ambiente di cui al punto 1) o, attraverso tali elementi, da qualsiasi fattore di cui ai punti 2) e 3)” (art. 2, co. 1, lett. a), d.lgs. n. 195/2005).
In definitiva, può concludersi rilevando comela disciplina sull’accesso ambientale “prevede un regime di pubblicità tendenzialmente integrale dell’informativa ambientale, sia per ciò che concerne la legittimazione attiva (ampliando il novero dei soggetti legittimati all’accesso in materia ambientale), sia per quello che riguarda il profilo oggettivo (prevedendosi un’area di accessibilità alle informazioni ambientali svincolata dai più restrittivi presupposti di cui agli art. 22 e ss., l. n. 241 del 1990)”.[9]

2.1. Limiti di accesso all’informazione ambientale
L’autorità pubblica rende disponibile l’informazione ambientale al richiedente, eccetto che per le ipotesi individuate dall’art. 5 del d.lgs. n. 195/2005.
Sono i casi in cui la richiesta è rivolta a una Amministrazione che non detiene l’informazione ambientale – e, quindi, di impossibilità oggettiva – in quanto “l’istanza deve essere proposta per acquisire informazioni esistenti e nella disponibilità del soggetto cui la richiesta è indirizzata, non volta o a “provocare” la creazione di informazioni ponendo generici quesiti sull’attività svolta o da svolgere” [10]; nonché, quelli in cui “la richiesta è manifestamente irragionevole avuto riguardo alle finalità di cui all’articolo 1”, o sia “espressa in termini eccessivamente generici” (art. 5, co. 1, d.lgs. n. 195/2005).
Nessun accesso, ancora, potrà aversi ove ciò possa arrecare pregiudizio ai particolari interessi elencati all’art. 5, co. 2[11], d.lgs. n. 195/2005. [12]
Le sopra richiamate esclusioni, ad ogni modo, vanno lette alla luce del successivo terzo comma il quale “impone comunque alla P.A. di applicare “in modo restrittivo” le disposizioni che elencano i casi di esclusione dell’accesso, “effettuando, in relazione a ciascuna richiesta di accesso, una valutazione ponderata fra l’interesse pubblico all’informazione ambientale e l’interesse tutelato dall’esclusione dall’accesso” (art. 5, co. 3, d.lgs. n. 195/2005).
In questa direzione, la giurisprudenza ha affermatoche “non è sufficiente, per negare l’ostensione, la mera pendenza di un procedimento giudiziario, a prescindere da ogni valutazione alla stregua dei parametri in precedenza evidenziati e da ogni interlocuzione con l’autorità giudiziaria procedente. La lettera della norma include tra i casi di esclusione dell’accesso le sole ipotesi in cui esso “reca pregiudizio”, alternativamente, allo svolgimento del procedimento giudiziario ovvero all’attività investigativa: dunque, alla stregua del disposto dell’art. 5 citato non è la mera pendenza del procedimento a paralizzare la pretesa ostensiva, ma l’incidenza negativa che la propalazione delle informazioni richieste determina sul suo svolgersi, ovvero sulle indagini in corso”.[13]
Ove la richiesta riguardi, invece, dati incompleti o in corso di completamento, la p.a. comunica al richiedente la data approssimativa entro la quale l’informazione sarà disponibile (art. 5, co. 1, d.lgs. n. 195/2005).
In quest’ultimo caso, dunque, si estende la nozione di informazione ambientale anche a quelle “che implicano anche un’attività elaborativa da parte dell’amministrazione debitrice delle comunicazioni richieste, assicurando, così, al richiedente una tutela più ampia di quella garantita dall’art. 22 della legge n. 241 del 1990, oggettivamente circoscritta ai soli documenti amministrativi già formati e nella disponibilità dell’amministrazione”.[14]

2.2. Tutela giurisdizionale per l’accesso ambientale
In base all’art. 7, co. 1, del d.lgs. n. 195/2005, “contro le determinazioni dell’autorità pubblica concernenti il diritto di accesso e nel caso di mancata risposta entro i termini di cui all’art. 3, comma 2”, il richiedente potrà – tra le altre[15] – presentare, nei successivi trenta giorni, ricorso innanzi al giudice amministrativo.
Il rito è disciplinato dall’art. 116 c.p.a., e si svolge in camera di consiglio ex art. 87 c.p.a..
In caso di accoglimento del ricorso, il giudice – con sentenza in forma semplificata – ordina alla p.a. l’esibizione del documento entro un termine non superiore a trenta giorni, “dettando, ove occorra, le relative modalità” (art. 116, co. 4, c.p.a.).
2.2.1. Struttura del ricorso ex art. 116 c.p.a.
Il ricorso avverso il silenzio segue il rito impugnatorio, in quanto con esso si impugna il provvedimento negativo o il silenzio-diniego formatosi sull’istanza.
Ciononostante, esso è strutturato come un giudizio di accertamento nel quale il Giudice è chiamato in via diretta ad accertare la fondatezza della pretesa, a prescindere dal contenuto della motivazione del provvedimento di diniego o della sussistenza di vizi di illegittimità da cui potrebbe essere affetto l’atto impugnato.
Il giudizio ha per oggetto, allora, la verifica della spettanza o meno del diritto all’accesso.
In definitiva, il giudice potrà “ordinare l’esibizione dei documenti richiesti, così sostituendosi all’Amministrazione e ordinandole un facere, solo se ne sussistono i presupposti, il che, pertanto, implica che, anche al di là degli specifici vizi e della specifica motivazione addotta nell’atto amministrativo di diniego dell’accesso, il giudice deve verificare se sussistono o meno i requisiti prescritti dalla legge per l’accesso, potendolo anche negare per motivi diversi da quelli indicati dal provvedimento amministrativo”.[16]
 

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A cura di Marzia De Donno, Gianluca Gardini e Marco Magri | Maggioli Editore 2022

  1. [1]

    Tribunale Amministrativo Regionale Lazio – Roma, sezione 1-bis, sent. 10 marzo 2022, n. 2802

  2. [2]

    Tribunale Amministrativo Regionale Campania – Napoli, sezione 6, sent. 10 agosto 2022, n. 5366

  3. [3]

    Tribunale Amministrativo Regionale Campania – Napoli, sent. n. 5366/2022

  4. [4]

    Consiglio di Stato, sez. 2, sent. 11 maggio 2022, n. 3717

  5. [5]

    Consiglio di Stato, sent. n. 3717/2022 cit.

  6. [6]

    Consiglio di Stato, sezione 4, sent. 22 novembre 2022, n. 10275. Si veda anche: Tribunale Amministrativo Regionale, Campania – Napoli, sezione 6, sent. 22 novembre 2019, n. 5511

  7. [7]

    V. anche: Tribunale Amministrativo Regionale, Lazio – Roma, sezione 3-quater, sent. 14 marzo 2022, n. 2918, per il quale “la richiesta può essere avanzata da chiunque senza dover dichiarare il proprio interesse”

  8. [8]

    Tribunale Amministrativo Regionale Lombardia – Milano, sezione 1, sent. del 24 settembre 2021, n. 2017

  9. [9]

     Tribunale Amministrativo Regionale, Lazio – Roma, sezione 2-ter, sent. 27 febbraio 2018, n. 2141. Conforme: Tribunale Amministrativo Regionale, Campania – Napoli, sezione 6, sent. 17 dicembre 2014, n. 6687

  10. [10]

    Tribunale Amministrativo Regionale, Campania – Napoli, sezione 6, sent. 22 novembre 2019, n. 5511

  11. [11]

    Recita l’art. 5, co. 2, d.lgs. n. 195/2005 che “l’accesso all’informazione ambientale è negato quando la divulgazione dell’informazione reca pregiudizio: a) alla riservatezza delle deliberazioni interne delle autorità pubbliche, secondo quanto stabilito dalle disposizioni vigenti in materia; b) alle relazioni internazionali, all’ordine e sicurezza pubblica o alla difesa nazionale; c) allo svolgimento di procedimenti giudiziari o alla possibilità per l’autorità pubblica di svolgere indagini per l’accertamento di illeciti; d) alla riservatezza delle informazioni commerciali o industriali, secondo quanto stabilito dalle disposizioni vigenti in materia, per la tutela di un legittimo interesse economico e pubblico, ivi compresa la riservatezza statistica ed il segreto fiscale, nonchè ai diritti di proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30; e) ai diritti di proprietà intellettuale; f) alla riservatezza dei dati personali o riguardanti una persona fisica, nel caso in cui essa non abbia acconsentito alla divulgazione dell’informazione al pubblico, tenuto conto di quanto stabilito dal decreto legislativo n. 196 del 30 giugno 2003 g) agli interessi o alla protezione di chiunque abbia fornito di sua volontà le informazioni richieste, in assenza di un obbligo di legge, a meno che la persona interessata abbia acconsentito alla divulgazione delle informazioni in questione; h) alla tutela dell’ambiente e del paesaggio, cui si riferisce l’informazione, come nel caso dell’ubicazione di specie rare.

  12. [12]

     Tribunale Amministrativo Regionale, Lazio – Roma, sent. n. 2141/2018 cit., per la quale “le informazioni ambientali sono sottratte all’accesso, ai sensi dell’art. 5, comma 2, lett. “c” del Dlgs 195/2005, ove possano recare pregiudizio allo svolgimento di procedimenti giudiziari e per l’accertamento di illeciti”

  13. [13]

    Tribunale Amministrativo Regionale, VENETO – Venezia, sezione 2, sent. 8 aprile 2021, n. 464

  14. [14]

    Tribunale Amministrativo Regionale, Abruzzo – L’Aquila, sezione 1, sent. 8 ottobre 2015, n. 678

  15. [15]

    L’istante può anche chiedere il riesame della determinazione negativa all’istanza di accesso, v. artt. 5, co. 6, e 7 del d.lgs. n. 195/2005

  16. [16]

    Tribunale Amministrativo Regionale Veneto – Venezia, sezione 3, sent. 22 aprile 2022, n. 593

Avv. Ylenia Montana

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