Il c.d. Transfer pricing ex art. 110, comma 7 TUIR

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Approfondimento sul Transfer pricing.

Indice

1. Il dato normativo: il nuovo art. 110 comma 7 TUIR

Una premessa. Il cd. transfer pricing altro non è che una operazione infragruppo che consente alle imprese di “spostare” ricchezza in Paesi con regime fiscale più conveniente e/o agevolato. Lo spostamento avviene tramite la previsione di “corrispettivi” (si memorizzi il termine perché sarà più avanti meglio precisato) più alti/bassi di quelli che si sarebbero dovuti fissare tra imprese indipendenti (fissazione questa invece categoricamente imposta dall’art. 110 comma 7 del TUIR, norma che, proprio per questo motivo, è stata da alcuni definita “antielusiva” in quanto posta quale argine ai risvolti negativi del fenomeno poc’anzi descritto).
Volendo utilizzare le definizioni offerte da altri Autori, si può affermare che: “[…] Con il termine transfer pricing si fa riferimento al corrispettivo dello scambio di beni o servizi tra società giuridicamente indipendenti ma appartenenti ad un “gruppo” guidato unitariamente, (La disciplina nazionale del transfer pricing – Commissione Fiscalità Internazionale, Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili – Pisa).
Premessi questi dati, la tematica prescelta può essere affrontata solo avendo ben chiaro il fondamento normativo che ne supporta l’esistenza.
La disposizione fondamentale è l’art. 110 Tuir, con particolare riferimento al comma 7.
Essa così recita: Rubrica – Norme generali sulle valutazioni
1. Agli effetti delle norme del presente capo che fanno riferimento al costo dei beni senza disporre diversamente:
a.) il costo è assunto al lordo delle quote di ammortamento già dedotte;
b.) si comprendono nel costo anche gli oneri accessori di diretta imputazione, esclusi gli interessi passivi e le spese generali.
Tuttavia per i beni materiali e immateriali strumentali per l’esercizio dell’impresa si comprendono nel costo gli interessi passivi iscritti in bilancio ad aumento del costo stesso per effetto di disposizioni di legge. Nel costo di fabbricazione si possono aggiungere con gli stessi criteri anche i costi diversi da quelli imputabili al prodotto; per gli immobili alla cui produzione è diretta l’attività dell’impresa si comprendono nel costo gli interessi passivi sui prestiti contratti per la loro costruzione o ristrutturazione;
c.) il costo dei beni rivalutati, diversi da quelli di cui all’articolo 85, comma 1, lettere a), b), ed e),  non si intende comprensivo delle plusvalenze iscritte, ad esclusione di quelle che per disposizione di legge non concorrono a formare il reddito. Per i beni indicati nella citata lettera e) che costituiscono immobilizzazioni finanziarie le plusvalenze iscritte non concorrono a formare il reddito per la parte eccedente le minusvalenze dedotte;
d. il costo delle azioni, delle quote e degli strumenti finanziari similari alle azioni si intende non comprensivo dei maggiori o minori valori iscritti i quali conseguentemente non concorrono alla formazione del reddito, né alla determinazione del valore fiscalmente riconosciuto delle rimanenze di tali azioni, quote o strumenti;
e. per i titoli a reddito fisso, che costituiscono immobilizzazioni finanziarie e sono iscritti come tali in bilancio, la differenza positiva o negativa tra il costo d’acquisto e il valore di rimborso concorre a formare il reddito per la quota maturata nell’esercizio […].
2. Per la determinazione del valore normale dei beni e dei servizi e, con riferimento alla data in cui si considerano conseguiti o sostenuti, per la valutazione dei corrispettivi, proventi, spese e oneri in natura o in valuta estera, si applicano, quando non è diversamente disposto, le disposizioni dell’articolo 9; tuttavia i corrispettivi, i proventi, le spese e gli oneri in valuta estera, percepiti o effettivamente sostenuti in data precedente, si valutano con riferimento a tale data.
La conversione in euro dei saldi di conto delle stabili organizzazioni all’estero si effettua secondo il cambio utilizzato nel bilancio in base ai corretti principi contabili e le differenze rispetto ai saldi di conto dell’esercizio precedente non concorrono alla formazione del reddito.
Per le imprese che intrattengono in modo sistematico rapporti in valuta estera è consentita la tenuta della contabilità plurimonetaria con l’applicazione del cambio utilizzato nel bilancio in base ai corretti principi contabili ai saldi dei relativi conti.
7. [DISCIPLINA DEL FENOMENO DEL CD. TRANSFER PRICING] I componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, sono determinati con riferimento ALLE CONDIZIONI E AI PREZZI CHE SAREBBERO STATI PATTUITI TRA SOGGETTI INDIPENDENTI operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili, se ne deriva un aumento del reddito. La medesima disposizione si applica anche se ne deriva una diminuzione del reddito, secondo le modalità e alle condizioni di cui all’articolo 31-quater del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, possono essere determinate, sulla base delle migliori pratiche internazionali, le linee guida per l’applicazione del presente comma.

2. Segue: il concetto di residenza fiscale

A completamento dell’art. 110 comma 7 TUIR si pone il concetto di residenza fiscale. Comprendere “quando” una impresa possa dirsi residente fiscalmente all’estero non serve solamente ad attivare i meccanismi presuntivi che consentono di non eludere le imposizioni domestiche, ma serve anche e soprattutto a ricostruire le operazioni infragruppo.
La residenza fiscale, infatti, “[…] individua un criterio di collegamento con il territorio statale, che giustifica l’imposizione secondo il principio dell’utile mondiale […]”, (Compendio di Diritto Tributario – Parte generale, speciale e processuale, I Ed., I Compendi Superiori, Nel Diritto Editore, 2024, pp. 60).
Per quel che concerne le persone fisiche, il nostro ordinamento è legittimato a tassare:
1.     Le persone fisiche residenti nel territorio italiano per i redditi ovunque prodotti (cd. world-wide taxation principle);
2.     Le persone fisiche non residenti nel territorio italiano per i soli redditi ivi prodotti (principio della localizzazione della fonte (cd. source taxation principle).
Per quel che riguarda, invece, le persone giuridiche, occorre soffermare l’attenzione sull’art. 73 TUIR.
Art. 73 – Soggetti passivi: 1. Sono soggetti all’imposta sul reddito delle società:
a) le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione, nonché le società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 e le società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato;
b) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;
c) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale nonché gli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato;
d) le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.
2. Tra gli enti diversi dalle società, di cui alle lettere b) e c) del comma 1, si comprendono, oltre alle persone giuridiche, le associazioni non riconosciute, i consorzi e le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi, nei confronti delle quali il presupposto dell’imposta si verifica in modo unitario e autonomo.
Tra le società e gli enti di cui alla lettera d) del comma 1 sono comprese anche le società e le associazioni indicate nell’articolo 5. Nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’ atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali.
3. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede di direzione effettiva o la gestione ordinaria in via principale.
Per sede di direzione effettiva si intende la continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso. Per gestione ordinaria si intende il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso.
Gli organismi di investimento collettivo del risparmio si considerano residenti se istituiti in Italia. Si considerano altresì residenti nel territorio dello Stato, salvo prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, in cui almeno uno dei disponenti e almeno uno dei beneficiari del trust sono fiscalmente residenti nel territorio dello Stato.
Si considerano, inoltre, residenti nel territorio dello Stato, salvo prova contraria, i trust istituiti in uno Stato diverso da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi.

3. La natura giuridica dell’art. 110 comma 7 TUIR contenente la disciplina riferibile del fenomeno del transfer pricing

Individuato il dato normativo attualmente in vigore (ma sul punto si avrà modo di tornare) e delineato il concetto di residenza utile ai fini fiscali per le persone fisiche e per le persone giuridiche, appare opportuno soffermare l’attenzione sulla natura della normativa in materia di cd. transfer pricing.
Più precisamente, si discute se la disposizione acquisisca carattere “distributivo” o “antielusivo”.
Scendendo nel dettaglio, l’art. 110 comma 7 risulterebbe applicabile, secondo parte della dottrina, esclusivamente qualora possa dirsi ravvisabile un vantaggio fiscale, scaturente dal trasferimento di imponibile dai sistemi fiscali italiani in altri sistemi fiscali con regime più vantaggioso all’interno di quelle che possono definirsi operazioni infragruppo.
La giurisprudenza, almeno fino al 2018,  si è sempre assestata sulla natura “antielusiva” del comma 7.
Pur tuttavia,  la Corte di Giustizia UE si è espressa in termini diversi, guardando con favore verso il fenomeno del cd. transfer pricing e, dunque, rendendo più difficile ravvisare nell’art. 110 comma 7 una clausola antielusiva in senso pieno e tecnico.
Come si avrà modo di vedere più avanti, la giurisprudenza più recente (parliamo dell’anno corrente, 2024), in un tentativo di uniformazione ai dettami europei ha (sia pure con cautela) cambiato orientamento, iniziando a sostenere l’esistenza di elementi che si pongono in contrasto con la natura antielusiva della norma in esame.

4. I passaggi fondamentali della sentenza della Corte di Cassazione, Sez. V, Civile, n. 7361 del 2024

a.     Il dato normativo secondo il ricorrente.
“[…] l’art. 110, comma 7, TUIR prevede un’imposta sul reddito della controllante nell’ipotesi di finanziamento in favore delle controllate (nella specie con sede in Belgio e Lussemburgo), anche laddove ne abbiano pattuito in forma scritta l’infruttuosità, parametrato sul presunto reddito da interessi attivi secondo il valore normale […]”;
“[…] l’art. 89 TUIR, per la società controllante di società residenti, esclude la presunzione di fruttuosità se il carattere infruttifero del finanziamento viene pattuito per iscritto e, in caso di mancata pattuizione scritta, prevede che l’imposta venga applicata sugli interessi computati applicando il saggio legale. (Osservano, pertanto che la questione di diritto controversa riguarda la conformità alle norme unionali di un atto impositivo che determina una maggiore imposta sul reddito per il mero trasferimento di risorse finanziarie da una controllante residente in Italia a una controllata residente in altro Stato membro)[…]”.
 
b.    Il dato normativo secondo la Suprema Corte prima della novella del 2017
 “[…] L’art. 110, comma 7, TUIR, sul c.d. transfer pricing, nella versione applicabile alla fattispecie, ovvero prima della modifica di cui alla novella del 2017, così statuiva:
« I componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, sono valutati in base al valore normale dei beni ceduti, dei servizi prestati e dei beni e servizi ricevuti, determinato a norma del comma 2, se ne deriva aumento del reddito»; il comma 2 richiama l’art. 9 del TUIR, il quale, al comma 3, dispone che «Per valore normale, salvo quanto stabilito nel comma 4 per i beni ivi considerati, si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso. Per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore».
L’art. 110, comma 7, TUIR deroga al principio per cui la valutazione della rilevanza reddituale delle componenti positive e negative originate da una determinata operazione economica è eseguita avuto riguardo alla misura del corrispettivo pattuito. La base imponibile delle operazioni tra soggetti appartenenti al gruppo internazionale deve essere apprezzata alla luce del valore ivi individuato, indipendentemente dall’effettività del corrispettivo convenuto tra la società residente e la controllata non residente. La disposizione, infatti non riguarda operazioni inesistenti, ma operazioni in cui il prezzo pattuito è quello effettivamente voluto, ma inferiore al valore normale.
Il rapporto tra le due norme, [dunque] pone l’art. 110 TUIR in rapporto di specialità rispetto all’art. 89 TUIR nel senso che, laddove il finanziamento sia concesso dalla controllante alla controllata non residente, viene in rilievo la disciplina del c.d. transfer pricing, sicché la tassazione del reddito derivante dagli interessi attivi avviene secondo la disciplina ivi prevista. L’elemento specializzante è rappresentato proprio dalla circostanza per cui uno dei due soggetti coinvolti nell’operazione di finanziamento, appartenenti entrambi al medesimo gruppo societario, ha sede al di fuori del territorio dello Stato.
7.4. Che l’art. 110, comma 7, TUIR si ponga in rapporto di specialità con l’art. 89, comma 5, t.u.i.r., e non viceversa, trova ulteriore conferma in ragione di quanto previsto dall’art. 5 d.lgs. 14 settembre 2015, n. 147, emanato in attuazione della legge 11 marzo 2014, n. 23.
NB. Il legislatore, con detta disposizione, ha introdotto una norma di interpretazione autentica volta a chiarire che la disciplina contenuta nel comma 7 dell’art. 110 NON ha valenza per le operazioni che intercorrono tra soggetti residenti o localizzati nel territorio dello Stato. 
E’ stato escluso, pertanto, il c.d. transfer pricing domestico […]”.

5. Conclusioni

A conclusione dell’excursus sin qui ricostruito e, dunque, al fine di chiudere il cerchio in ordine a questa settoriale e solo apparentemente semplice tematica (che si è scelto di affrontare attraverso l’analisi di norme di legge e fondamentali passaggi giurisprudenziali al fine di offrire al lettore una visione quanto più asettica possibile della questione; priva, pertanto, di considerazioni personali o riconducibili a dottrine minoritarie), appare opportuno riportare dapprima il caso concreto oggetto di interesse da parte della Sentenza della Corte di cassazione, Civile Sez. V, n. 7361 del 19 Marzo 2024 e, successivamente, i due principi di diritto validi ai fini risolutivi delle controversie in materia di cd. transfer pricing.
a.     Il caso concreto
X Holding s.r.l., Gruppo Y s.r.l., Z s.r.l. – nelle rispettive qualità la prima di controllante e le altre di controllate – ricorrevano, con separati ricorsi ma di identico tenore, nei confronti dell’Agenzia delle entrate avverso gli avvisi di accertamento da quest’ultima inviati.
L’Ufficio riteneva che nel rapporto di finanziamento intercorso tra le società controllate e le collegate estere –  una con sede in Lussemburgo e l’altra con sede in Belgio – le prime avessero applicato tassi di interesse non rispondenti al valore normale di cui all’art. 9, comma 3, TUIR.
 Per l’effetto, con separati avvisi di accertamento, recuperava a tassazione, per l’anno 2013, le maggiori somme imputate a titolo di interessi attivi astrattamente maturati sul capitale dato a credito.
 
b.    NB. Al caso esposto si applica la formulazione dell’art. 110 comma 7 TUIR vigente prima delle modifiche del 2017
Per comodità di lettura, essendo applicabile al caso di specie la versione dell’art. 110 comma 7 TUIR “ante 2017”, si riporta nuovamente il vecchio testo normativo (e si rinvia, per contro, al primo paragrafo per un paragone con l’attuale comma 7):
“[…] I componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, sono valutati in base al valore normale dei beni ceduti, dei servizi prestati e dei beni e servizi ricevuti, determinato a norma del comma 2, se ne deriva aumento del reddito»; il comma 2 richiama l’art. 9 del TUIR [in particolare comma 3]”.
c.     I principi espressi dalla Sentenza della Corte di cassazione, Civile Sez. V, n. 7361 del 19 Marzo 2024
Al fine di risolvere il conflitto ingenerato dal caso concreto, occorre seguire il seguente iter:
1.     In primo luogo, si deve verificare se l’ufficio abbia o meno fornito la prova, ad esso spettante, che la controllante italiana ha compiuto un’operazione di finanziamento a favore della controllata estera, quale legittimo presupposto della ripresa a tassazione degli interessi attivi del mutuo, in base al tasso di mercato osservabile in relazione a finanziamenti aventi caratteristiche sufficientemente comparabili ed erogati a soggetti con il medesimo credit rating dell’impresa debitrice associata (cfr. report dell’OCSE 2020): detta determinazione è quaestio facti rimessa al giudice di merito;
2.     In secondo luogo, una volta acclarato tale profilo preliminare, anche in base al principio di non contestazione, si deve verificare se, dal canto suo, la società abbia dimostrato che il finanziamento infruttifero era dovuto a ragioni commerciali interne al gruppo, o comunque era coerente con le normali condizioni di mercato o se, al contrario, risultasse che quel tipo di transazione (cioè il prestito di denaro) tra imprese indipendenti operanti nel libero mercato sarebbe avvenuta a condizioni diverse. (Cass. 10/01/2024, nn. 995, 996, 998, 1001, Cass. 20/05/2021, n. 13850).
 
d.    Di nuovo sulla natura giuridica del cd. transfer pricing alla luce della giurisprudenza del 2024
A conclusione del quadro, appare opportuno evidenziare come, diversamente rispetto alla giurisprudenza del 2018, la Suprema Corte, nel disattendere il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, poiché ritenuto poco utile, in questa recente occasione abbia escluso il carattere antielusivo dell’art. 110 comma 7 TUIR “in senso tecnico” (“[…] Questa Corte ha precisato che la disciplina di cui all’art. 110 TUIR «non integra una disciplina antielusiva in senso proprio, ma è finalizzata alla repressione del fenomeno economico del transfer pricing (spostamento d’imponibile fiscale a seguito di operazioni tra società appartenenti al medesimo gruppo e soggette a normative nazionali differenti) in sé considerato. (Cass. 20/05/2021, n. 13850 Cass. 15/04/2016, n. 7493), […]”). 
Si può affermare, pertanto e con la dovuta cautela, che si sono mossi dei passi verso la direzione indicata dalla Corte di Giustizia Europea, nonostante il caso abbia posto l’accento su una diversa formulazione normativa.
 
e.     Brevi riflessioni dottrinali sul dato normativo aggiornate al 2024
Secondo alcuni autori, l’art. 110, co. 7, TUIR consentirebbe di affermare che “[…] i componenti reddituali derivanti da operazioni transnazionali intragruppo[rilevano]non in base al corrispettivo, bensì in base al prezzo che sarebbe stato pattuito tra soggetti indipendenti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili […]” (Slides Prof. Avv. Bruno Ferroni, Corso Difensore Tributario 2024, Ordine di Reggio Emilia).

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Micaela Lopinto

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