Adozione del configlio: cos’è e come funziona in Italia

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L’adozione del configlio (adozione del figliastro o adozione del figlio del partner) è l’adozione di un eventuale figlio del proprio coniuge o del proprio compagno unito civilmente.
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Indice

1. Finalità e ambiti di applicazione


L’adozione del configlio viene di solito utilizzata quando due adulti formano una famiglia e uno di loro, o entrambi, portano un figlio avuto da una precedente relazione.
Queste famiglie (cosiddette famiglie ricostituite) sono la conseguenza di divorzi, separazioni, famiglie mononucleari o della morte di un coniuge, oppure famiglie omogenitoriali dove il figlio nasce nella coppia omosessuale grazie all’inseminazione eterologa o alla maternità surrogata.
L’istituto è finalizzato da un lato, a consolidare i legami familiari in una famiglia ricostituita, dall’altro, a tutelare l’interesse del minorenne a vedere garantita l’instaurazione di un rapporto giuridico genitoriale con un soggetto al quale non è legato biologicamente, ma determinato ad assumere nei suoi confronti un ruolo genitoriale e per fare continuare il legame affettivo nei confronti di entrambi i genitori.
L’adozione del configlio è consentita in Germania in forme simili alla versione italiana, mentre l’adozione piena e legittimante, aperta sia a coppie eterosessuali sia omosessuali, è prevista nel Regno Unito, Francia, Spagna e Grecia.
In Italia è istituita dal 1983 per le coppie eterosessuali sposate e, dal 2007, anche conviventi.


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2. Effetti dell’adozione del configlio


Per effetto dell’adozione del configlio, l’adottante assume nei confronti dell’adottato i tipici doveri del genitore, e in particolare il dovere di provvedere alla assistenza morale e materiale dell’adottato, al pari del genitore biologico.
Il minorenne,  per effetto dell’adozione diventa erede dell’adottante, verso il quale può anche vantare il diritto agli alimenti se si ritrovi nel corso della sua vita ad essere in stato di bisogno. 

3. L’adozione del configlio in Italia


In Italia l’adozione del configlio è sancita all’articolo 44, comma 1, lettera b), della legge 4 maggio 1983, n. 184 “Diritto del minore a una famiglia” al Titolo IV “Dell’adozione in casi particolari” e permette l’adozione del figlio del coniuge, purché ci sia il consenso del genitore biologico e a condizione che l’adozione corrisponda all’interesse del figlio.
È previsto anche il consenso del figlio se abbia compiuto i 14 anni.
Nel caso sia tra i 12 e i 14 anni di età il Giudice è tenuto all’ascolto della sua opinione e a tenerne conto.
Il procedimento di adozione non è automatico e si propone davanti al Tribunale per i Minorenni che effettua un’indagine sull’idoneità affettiva, la capacità educativa, la situazione personale ed economica e l’ambiente familiare dell’adottante.
Sino al 2007, era ammessa esclusivamente per le persone coniugate, successivamente il Tribunale per i Minorenni di Milano prima e quello di Firenze poi, hanno esteso questa facoltà anche ai conviventi eterosessuali, ritenendo in questo caso che fosse interesse del minorenne che al rapporto affettivo fattuale corrispondesse anche un rapporto giuridico, consistente in diritti ma, soprattutto, doveri.
L’adozione in casi particolari per le coppie dello stesso sesso
Il testo originale della Legge Cirinnà (L. 20/05/2016 n. 76) prevedeva, insieme a una serie di diritti e doveri simili a quelli previsti per il matrimonio, anche la possibilità di adozione del figlio naturale del partner, poi stralciata in seguito alle numerose polemiche e allo stallo venutosi a verificare.
Il testo approvato non prevede che si applichino alle parti del’unione civile le disposizioni delle quali alla Legge 4 maggio 1983, n. 184 in materia di adozioni.
La Legge Cirinnà prevede espressamente che “resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti”, non impedendo così l’evoluzione giurisprudenziale che consente la possibilità da parte dei Tribunali di applicare le norme sull’adozione in casi particolari che dal 2007 è ammessa anche in coppie non legate da vincolo matrimoniale e anche a coppie omosessuali.
Il primo riconoscimento di fatto di un’adozione omosessuale avvenne nel 2014, quando il Tribunale per i minorenni di Roma, permise a una donna di adottare la figlia naturale della compagna.
Le donne si erano sposate in Spagna e sempre all’estero erano ricorse alla procreazione eterologa assistita per avere un figlio.
Il Tribunale si è basato sull’articolo 44 della legge sull’adozione del 4 maggio 1983, che la contempla in alcuni casi anche per le coppie non sposate.
In particolare, “nel superiore e preminente interesse del minore a mantenere anche formalmente con l’adulto, in questo caso genitore sociale, quel rapporto affettivo e di convivenza già positivamente consolidatosi nel tempo”.
La corte non ha creato un altro diritto ma ha offerto copertura giuridica a una situazione esistente, nell’interesse del minorenne.
Poche settimane dopo l’entrata in vigore della Legge Cirinnà, la prima sezione civile della Suprema  Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del procuratore e ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Roma, con la quale era stata confermata la sopra menzionata domanda di adozione al Tribunale per i minorenni di Roma della minorenne proposta dalla partner della madre, con lei convivente in modo stabile.
Con la sentenza 12962/16, pubblicata il 22 giugno 2016, i giudici della Suprema Corte hanno definitivamente confermato questa adozione, affermando che “non determina in astratto un conflitto di interessi tra il genitore biologico e il minore adottando, ma richiede che l’eventuale conflitto sia accertato in concreto dal giudice”.
Secondo la Cassazione, questa adozione “dipende da un preesistente stato di abbandono del minore e può essere ammessa sempre che, alla luce di una rigorosa indagine di fatto svolta dal giudice, realizzi effettivamente il preminente interesse del minorenne”.
In precedenza, nel 2011 la Suprema Corte di Cassazione aveva confermato l’affidamento di un bambino alla madre che viveva con la sua compagna, stabilendo nella sentenza che è un “mero pregiudizio” sostenere che sia dannoso per i bambini crescere in una famiglia omosessuale.
Situazione sociale e dibattito politico
In Italia l’adozione del configlio nasce dalla necessità di proteggere i bambini che crescono con coppie dello stesso sesso dalla mancanza di una legge nazionale che riconosca la genitorialità legale di entrambe le persone.
Questi bambini, sempre più spesso nati all’estero grazie alla procreazione assistita eterologa, in Italia risultano figli solo del genitore naturale, e in caso di problemi del genitore biologico l’altro non ha nessun diritto né dovere nei suoi confronti.
In caso di decesso del genitore biologico, pur avendo una famiglia, lo stato renderebbe questi bambini orfani, con il rischio che finiscano, se minorenni, anche in orfanotrofi.
L’adozione in casi particolari, scrivono i giuristi, appare “diretta a dare veste giuridica ad una situazione familiare già esistente di fatto, rappresenta la garanzia minima per i bambini che vivono oggi con genitori dello stesso sesso”.

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