Adozione internazionale: in Italia a che punto siamo?

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L’adozione internazionale è l’adozione di un bambino straniero fatta nel suo paese, davanti alle autorità e alle relative leggi.
e competenze in materia di adozioni internazionali, previste dalla Convenzione de L’Aja del 29 maggio 1993, ai sensi della Legge 31 dicembre 1998, n. 476, sono della Commissione per le adozioni internazionali.

Indice

1. I requisiti necessari all’adozione internazionale

La procedura di adozione internazionale è complessa.
I requisiti sono gli stessi previsti per l’adozione nazionale, e sono previsti dall’articolo 6 della legge 184/1983 (come modificata dalla legge 149/2001).
 L’adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, o per un numero inferiore di anni se i coniugi abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni, e questo sia accertato dal Tribunale per i minorenni.
Tra i coniugi non deve sussistere e non deve avere avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale neanche di fatto.
L’età degli adottanti deve superare di almeno diciotto e di non più di quarantacinque anni l’età dell’adottando, con la possibilità di deroga in caso di danno grave per il minorenne.
 L’adozione non è preclusa quando il limite massimo di età degli adottanti sia superato da uno di loro in misura non superiore a dieci anni.
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2. La presentazione della dichiarazione di disponibilità all’adozione internazionale

Le persone residenti in Italia, che si trovano nelle condizioni prescritte dall’articolo 6 della legge 184/1983 e che intendono adottare un minorenne straniero che risiede all’estero, presentano una dichiarazione di disponibilità all’adozione internazionale al Tribunale per i minorenni del distretto nel quale hanno la residenza e chiedono che lo stesso dichiari la loro idoneità all’adozione.
Nel caso di cittadini italiani residenti in uno Stato straniero, fatto salvo quello che stabilisce l’articolo 36, comma 4 della legge 184/1983 è competente del distretto nel quale si trova il luogo della loro ultima residenza.
In mancanza, è competente il Tribunale per i minorenni di Roma.

3. L’indagine dei servizi territoriali e il decreto di idoneità

L’adozione internazionale inizia con un’indagine sulle famiglie che fanno una specifica richiesta di adozione internazionale.
I servizi degli Enti locali hanno il ruolo di conoscere la coppia e di valutare le loro potenzialità genitoriali, raccogliendo informazioni sulle loro vicende personale, familiari e sociali.
Al termine dell’indagine viene redatta una relazione che viene inviata al Tribunale per i minorenni.
 Il Tribunale per i minorenni, ricevuta la relazione convoca i coniugi e può, se lo ritiene opportuno, disporre altri approfondimenti.
A questo punto il giudice decide se rilasciare un decreto di idoneità o se emettere un decreto che attesti l’insussistenza dei requisitinecessari all’adozione.

4. La ricerca del bambino e il ruolo degli enti autorizzati

La coppia in possesso del decreto di idoneità, deve iniziare entro un anno dal suo rilascio la procedura di adozione internazionale, rivolgendosi a uno degli enti autorizzati dalla Commissione per le adozioni internazionali.
 Si deve rivolgere a un ente autorizzato perché è un passo obbligato.
L’elenco degli enti autorizzati è pubblicato sul sito della Commissione per le adozioni internazionali (www.commissioneadozioni.it).
L’ente segue i coniugi e svolge le pratiche necessarie per l’intera complessa procedura.
L’ente autorizzato trasmette la documentazione relativa al bambino, insieme al provvedimento del giudice straniero, alla Commissione per le adozioni internazionali in Italia.
 La Commissione per le adozioni internazionali autorizza l’ingresso del bambino adottato in Italia e la sua permanenza, dopo avere certificato che l’adozione sia conforme alle disposizione della Convenzione de L’Aja.

5. La trascrizione del provvedimento di adozione

Una volta che il bambino è entrato in Italia, ed è trascorso l’eventuale periodo di affidamento preadottivo, la procedura si conclude con l’ordine, da parte del Tribunale per i minorenni, di trascrizione del provvedimento di adozione nei registri dello stato civile.
 La trascrizione è competenza del Tribunale per i minorenni del luogo di residenza dei genitori nel momento del loro ingresso in Italia con il minorenne, anche se diverso da quello che ha pronunciato prima il decreto di idoneità.

6. L’incontro tra adottandi e adottato

Questo momento è forse il più delicato e importante.
La coppia, insieme ad eventuali altri figli, si reca nel Paese a incontrare il minorenne.
In questo periodo vengono svolte le pratiche per avviare alla conclusione l’adozione in relaziona al Paese di origine dell’adottato.
Le procedure e, di conseguenza, i tempi variano a seconda della legislazione del Paese.
In alcuni Paesi, come avviene di norma nell’Europa orientale, a parte il viaggio dell’incontro con il bambino, per ultimare la pratica, gli adottandi dovranno effettuare uno o due altri viaggi che variano, di solito da 1 a 3 settimane ognuno.
In altri paesi, come ad esempio in alcuni Paesi dell’America latina, viene effettuato un unico viaggio di circa 40-45 giorni.
Se la procedura si svolge con esito positivo, la Commissione per le adozioni internazionali autorizza l’ingresso e la permanenza del minorenne adottato in Italia, previa verifica di conformità dell’adozione con le disposizione della Convenzione de L’Aja.
Successivamente la coppia deve provvedere, sempre con l’ausilio dell’Ente, a predisporre la documentazione atta all’uscita dal Paese del minorenne, di solito con rilascio del passaporto, e all’entrata e alla permanenza in Italia, con il visto di ingresso rilasciato dal Consolato italiano

7. I disbrighi burocratici dopo l’arrivo in Italia con l’adottato

Appena rientrati in Italia con il minorenne adottato, i genitori dovranno svolgere una serie di adempimenti burocratici atti a fare in modo che il bambino possa restare nel territorio italiano sino a quando l’adozione non sia riconosciuta o completata, nel caso di adozione non piena.
Questi adempimenti andranno di pari passo con le altre procedure successive all’adozione.
 In particolare i genitori adottivi si dovranno rivolgere alla polizia di frontiera con i documenti necessari all’ingresso in Italia (visto italiano e passaporto), insieme a quelli relativi alla sentenza di adozione, presentare domanda al Tribunale per i minorenni per richiedere il riconoscimento della sentenza emessa all’estero da parte del Tribunale italiano, si dovranno recare all’anagrafe del Comune di residenza per la registrazione del minore.
 Il 7 marzo 2007 è stata registrata la Direttiva firmata il 21 febbraio 2007 dai Ministri dell’Interno, Giuliano Amato e da quello delle Politiche per la Famiglia, Rosy Bindi, grazie alla quale non è più richiesto il permesso di soggiorno per il minore straniero adottato o affidato a scopo di adozione.
In precedenza andava richiesto tassativamente entro 8 giorni dall’arrivo in Italia.
 Rimangono in essere gli altri adempimenti da svolgere anche nel caso di adozione nazionale e di nascita di un figlio (iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale, richiedere il codice fiscale e altri).  
 

8. Il periodo successivo all’adozione

L’adozione, per la maggior parte dei Paesi, è considerata piena, vale a dire, completamente definita all’estero.
Gli altri Paesi (tra i quali Thailandia, Filippine e Slovacchia) assumono provvedimenti di tutela riconosciuti in Italia come affidi preadottivi.
In questi casi l’adozione si deve perfezionare in Italia e dovrà essere dichiarata dal Tribunale per i minorenni  dopo la relazione finale del servizio socio-sanitario nella quale viene rilevato l’inserimento del bambino a livello familiare e sociale.
Anche se l’adozione sia conclusa, i Tribunali per i Minorenni richiedono ai servizi territoriali di vigilare e di assistere, per un periodo di tempo determinato, la famiglia, incontrandola a intervalli regolari.
 Molti Paesi chiedono un impegno formale della coppia a inviare, a cadenza prefissata, relazioni relative al minorenne con particolare attenzione all’integrazione nella famiglia.
La modalità e la frequenza dipende dalla normativa del Paese.

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