Tirocini professionali, il parere del Ministero è coerente con l’interesse pubblico sottostante alla vigilanza sulle professioni intellettuali

Redazione 11/10/13
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Lilla Laperuta

Lo ha dichiarato il Tar Lazio, Sez. I, nella sentenza n. 8550 depositata il 2 ottobre, definitivamente pronunciandosi sul ricorso proposto dal Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici Laureati.

La categoria professionale aveva lamentato la lesività del D.P.R. 137/2012 (contenente il regolamento recante la riforma degli ordinamenti professionali) limitatamente agli artt. 6, 7 ed 8 del testo di legge, che rispettivamente concernono la disciplina del tirocinio professionale, della formazione e dei procedimenti disciplinari. Nell’atto di impugnazione, in particolare, si era evidenziato che il regolamento verrebbe di fatto ad erodere competenze e prerogative proprie delle categorie dei professionisti, defraudandoli dell’autonomia decisionale riconosciuta loro dalla legge, laddove viene attribuita al Ministero vigilante un indebito potere di controllo.

In punto di diritto il Collegio ha osservato che a norma dell’articolo 2229 del Codice civile le associazioni professionali (nella specie ordini e collegi professionali) organizzano le professioni, curano la tenuta degli Albi ed esercitano il potere disciplinare (ora mediante i Consigli di Disciplina), sotto la vigilanza dello Stato, salvo che la legge disponga diversamente. La sottoposizione alla vigilanza del Ministero della Giustizia, dichiara la Sezione Prima, realizza dunque la finalità di vigilanza dello Stato; e considerato che gli Ordini e i Collegi professionali tutelano i valori individuati nelle leggi che disciplinano le singole professioni, la vigilanza esercitata dal Ministero della Giustizia risulta altresì funzionale all’interesse pubblico allo svolgimento corretto delle professioni.

Di qui l’affermazione che la previsione del parere favorevole, ed in un caso vincolante, del Ministero della Giustizia sulla attività di regolamentazione dei Consigli Nazionali, così come decretata nel provvedimento impugnato, va inquadrata «nell’ottica di professioni comunque vigilate dal Ministero, quale strumento volto alla verifica che tale attività non sia contra legem, con finalità di tutela verso comportamenti anticoncorrenziali da parte degli organi dotati di potere autorizzatorio».Tale opzione interpretativa risulta, del resto, in linea con le indicazioni offerte dal Consiglio di Stato, con il parere 10 luglio 2012, n. 3169, nella parte in cui ritiene ammissibile «la partecipazione del ministro vigilante nel processo di formazione dei regolamenti emanati dai consigli nazionali».

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