>>>Corte di Cassazione -Sez. II pen.- sentenza n.47538 del 16-12-2022<<<
Il Legislatore con l’introduzione dell’art. 416 bis c.p ha voluto colmare un vuoto legislativo, in quanto, non tutte le organizzazioni criminali sono legate ad uno specifico programma criminoso bensì come si può evincere dalla fattispecie in esame, i componenti possono ambire ad uno scopo decisamente più vasto come l’infiltrazione nel tessuto economico pubblico; ciò che caratterizza e differenzia l’art. 416 bis c.p dall’art. 416 c.p è la forza intimidatrice, da intendersi come notorietà criminale da parte dell’associazione che mediante atti di violenza “conquista” una sorta di rispetto da parte della società in cui opera; la giurisprudenza ormai consolidata ritiene che tale forza intimidatrice sia da intendersi non necessariamente come violenza bensì un timore percepito da terzi soggetti; dallo sfruttamento della suddetta forza dovrà derivare necessariamente una condizione di assoggettamento, ossia, di sottomissione fisica o psicologica e di omertà, vale a dire, il rifiuto di collaborare con la giustizia, sia favorendo l’associazione sia attraverso testimonianze mendaci; dottrina e giurisprudenza sono solite classificare quest’ultima sia come omertà “esterna” da parte di tutti quei soggetti coinvolti ma estranei all’associazione sia in “interna”, per meglio dire, una sudditanza dei partecipanti nei confronti dei capi.
In tema di “riscontrabilità” ed “oggettività” della capacità intimidatoria, vi sono stati lunghi dibattiti dottrinali e giurisprudenziali in quanto un’interpretazione estensiva di tali caratteristiche può comportare una violazione del principio di tassatività e di riserva di legge, in tal senso, si chiede all’operatore giuridico di optare per la fattispecie di cui all’art. 416 c.p qualora sul piano probatorio non siano riscontrabili concretamente le suddette caratteristiche.
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