La Cassazione e le criptovalute

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La Corte di Cassazione è intervenuta negli ultimi mesi in modo significativo sul tema del regime giuridico delle criptovalute; lo ha fatto in modo tanto completo e motivato, da consigliare prima di tutto di ricostruirne i percorsi di ragionamento.

Corte di Cassazione – Sez. II Penale – n. 44378 del 26-10-2022

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Indice

1. Il regime giuridico delle criptovalute tra direttive UE e norme interne

Le decisioni della giurisprudenza di cassazione prendono le mosse da una comprensione di fondo, che sentono di dovere dichiarare in modo esplicito e articolato, certo anche data la novità della materia[1].
La Suprema Corte fa propria la definizione di “moneta virtuale” offerta dalla direttiva 843 UE del 30 maggio 2018 (in modifica della c.d. IV direttiva antiriciclaggio): “una rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è necessariamente legata a una valuta legalmente istituita, non possiede lo status giuridico di valuta o moneta, ma è accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio e può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente”.
Non ritiene sufficiente riportare per esteso la lettera della norma eurounitaria ma sente di doverne dichiarare la ratio del disposto: questo non sarebbe volto a disciplinare nel suo insieme e nella sua complessità il fenomeno della moneta virtuale, ma soltanto a regolare i rapporti tra questa e la moneta corrente.
Prevale così una logica riduttiva per comprendere la definizione, che sul piano logico e semantico non avrebbe lo scopo di permettere di cogliere l’essenza dell’oggetto che (almeno dichiaratamente) intende appunto definire, ma semplicemente di spiegare come questo si rapporta a un altro oggetto, in sé ben noto.
La definizione di moneta virtuale fornita dal legislatore eurounitario, secondo questa prospettiva di lettura, pone in risalto un unico aspetto essenziale di analogia con la moneta corrente: quello di essere un mezzo di pagamento. Pertanto, la moneta virtuale non può essere equiparata, in conseguenza di uno schema analogico, alla moneta corrente per quanto attiene al regime giuridico.
La Suprema Corte però prosegue mettendo in evidenza una ambiguità, se non forse una contraddizione, interna alla direttiva eurounitaria in questione, che al Considerando n. 10 non manca di prendere in considerazione l’ipotesi che le valute virtuali possano essere utilizzate anche per scopi diversi da quello di effettuare pagamenti, esemplificando alcuni di tali scopi. Del resto, in mancanza di queste considerazioni, non si vedrebbe perché il legislatore eurounitario avrebbe dedicato tanta attenzione alle criptovalute nel contesto di una normativa volta a contrastare il riciclaggio.
Il riferimento alla normativa interna appare chiaramente preferibile perché questa risulta, nella presentazione che ne danno queste decisioni di cassazione, più chiara e coerente. Pure, infatti, riprendendo alla lettera il testo della direttiva dell’Unione Europea, l’art. 1 del d.lgs. 231/2007 come modificato dal D.Lgs. 4 ottobre 2019, n. 125, individua due aspetti essenziali delle criptovalute: non solo l’essere mezzo di pagamento ma anche il permettere di conseguire finalità di investimento.
Nella proposta della Suprema Corte, in modo molto chiaro ancorchè non venga affermato esplicitamente, la norma interna fornisce una vera e compiuta definizione capace di cogliere e esprimere l’essenza delle criptovalute, laddove invece la corrispondente norma eurounitaria si preoccupa solo di coglierne gli addentellati con la moneta corrente, al fine di arrivare a istituire una analogia iuris.
Pertanto, se a partire dal disposto della direttiva eurounitaria può risultare possibile delineare il regime giuridico della moneta virtuale solo per determinati profili di analogia con la moneta corrente, il disposto della norma interna (pure se la lettera appare pressochè identica a quella della norma eurounitaria) per lo meno indirizza verso la possibilità di definire il regime giuridico complessivo delle criptovalute considerate in quanto tali.
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2. Le criptovalute e la disciplina delle forme di investimento

Da questa comprensione fondamentale consegue necessariamente che se la moneta virtuale è (anche) una forma di investimento, in quanto tale va sottoposta alla disciplina relativa.
Più nello specifico, già nel 2020 la Corte di Cassazione[2] aveva avuto modo di segnalare come nel caso in cui un soggetto proponga la vendita di una criptovaluta negli stessi termini in cui viene abitualmente proposto il collocamento di mezzi di investimento, non possono non applicarsi a tale attività e al soggetto che la pone in atto gli artt. 91 e seguenti del D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (c.d. TUF).
Uno degli arresti qui in esame[3] ritiene opportuno, a tale proposito, richiamare una decisione del giudice ordinario[4] in cui questi aveva ritenuto possibile individuare i caratteri essenziali dell’investimento finanziario come impiego di capitali, aspettativa di rendimento, rischio; dove il capitale da impiegare può consistere anche nella valuta virtuale.
Sulla base di questa definizione, la decisione di cassazione prosegue affermando che la compravendita di criptovalute si configura appieno quale forma di investimento qualora sussista l prospettiva di ottenere un rendimento in seguito alle variazioni del valore delle criptovalute.
Nel caso in cui la moneta virtuale manifesti tale funzione, la Suprema Corte afferma che va considerata come un qualsiasi altro prodotto finanziario e sottoposta al regime giuridico relativo, rinviando formalmente agli articoli rilevanti del TUF.
Sulla base certo di questa comprensione fondamentale e di insieme, un altro arresto[5] può ritenere fermo che le criptovalute non vanno intese solo in quanto mezzo di pagamento ma anche quali forme di risparmio e investimento e che regime giuridico cui si trovano sottoposte va determinato di conseguenza.

 
3. I soggetti (exchanger e provider) come mediatori finanziari

La Suprema Corte pone all’attenzione anche i soggetti coinvolti nelle transazioni in valute virtuali[6].
Sulla scorte delle direttive eurounitarie volte a contrastare il riciclaggio (IV e V Direttiva UE Antiriciclaggio, recepite rispettivamente con il d.lgs. n. 90/2017 e con il d.lgs. n. 125/2019) , tali soggetti vengono individuati in via eminente nell’exchanger e nel wallet provider: ossia, in chi gestisce rispettivamente le piattaforme tecnologiche per lo scambio di monete virtuali o i portafogli virtuali in cui sono conservati.
In modo coerente al percorso di ragionamento sopra ricostruito e alle conseguenze che ne discendono necessariamente, la Suprema Corte indica in modo inequivoco che tali soggetti, in quanto prestatori di servizi relativi alla valuta virtuale, vanno considerati alla stregua degli agenti e mediatori finanziari e sottoposti al medesimo regime giuridico.
Exchangers e providers sono pertanto tenuti a iscriversi all’apposito registro tenuto presso l’Organismo competente in via esclusiva ed autonoma per la gestione degli Elenchi degli Agenti in attività finanziaria e dei Mediatori creditizi, col relativo obbligo di comunicazione al Ministero Economia e Finanze (art.17 bis, comma 8 bis,D.Lgs. n. 141/2010).
Più in generale sono tenuti a tutti gli obblighi previsti dalla IV e la V Direttiva UE Antiriciclaggio, recepite rispettivamente con il d.lgs. n. 90/2017 e con il d.lgs. n. 125/2019.

4. La criptovaluta delinquente

Il caso portato davanti al giudice supremo del merito[7] motiva da parte di questi una attenzione particolari ai profili delinquenziali coinvolti dal tema della moneta virtuale.
La Corte di Cassazione manifesta così una diffidenza palpabile verso le criptovalute poichè vede nelle modalità con cui queste sono acquisibili una intrinseca agevolazione, forse non intenzionale ma non per questo meno incisiva, per condotte illecite.
La chiave starebbe nell’anonimato reso possibile dalla tecnologia impiegata per le transazioni che coinvolgono le monete virtuali; anonimato particolarmente atto a coprire la provenienza delle somme di denaro impiegate per acquisire le criptovalute.
Il ricorso per cassazione non aveva mancato, rifacendosi del resto agevolmente alle tecnologie impiegate per le acquisizioni e le transazioni in valute virtuali, di sottolinearne il carattere non anonimo bensì pseudonimo. Lungi dal garantire l’anonimato, le tecnologie basate sulla blockchain permettono infatti sempre di ricondurre una determinata somma di moneta virtuale al suo attuale possessore e a quelli precedenti, la cui reale identità può certo venire coperta da forme di discrezione.
Gli ermellini minimizzano dichiaratamente la portata di queste considerazioni e considerano che, in concreto, le tecnologie legate alle monete virtuali, a cominciare proprio da quelle basate sulla blockchain, permettano l’anonimato.
Il medesimo arresto appare mosso dalla convinzione che nel caso di specie e certo in molti casi analoghi l’acquisto di criptovalute abbia lo scopo principale se non unico non certo di realizzare un investimento ma di occultare o riciclare una somma di denaro, o di consentire attività commerciali illecite.

5. La giurisprudenza di cassazione di fronte a una novità assoluta

Non si può chiedere alla giurisprudenza, nemmeno a quella più genuinamente creativa di diritto vigente nel senso realista del termine, di distaccarsi profondamente dalle prospettive segnate nelle norme.
Certo però i recenti arresti di cassazione evidenziano una propensione negativa nei confronti delle criptovalute che per lo meno enfatizza, e forse va oltre, le chiusure evidenziate dalle norme eurounutarie.
In questa direzione appare notevole lo schema di pensiero che porta addirittura a privilegiare la norma interna di fronte a quella eurounitaria, sulla base solo di caratteristiche intrinseche, per cui l’una risulterebbe più completa e efficace dell’altra, pure entro una sostanziale consonanza.
In effetti questo argomentare appare lo strumento utile al fine di deprimere qualsiasi apprezzamento non si dica degli elementi di novità che caratterizzano l’essenza e le dinamiche di funzionamento delle criptovalute ma financo delle loro peculiarità.
Fino a giungere a una non troppo velata stigmatizzazione negativa che sembra quasi assumere l’intrinseca delinquenzialità delle criptovalute, per loro essenza tecnologica strumentali agli atti illeciti.

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L’opera, con un taglio pratico, analizza le realtà emergenti, dal significativo impatto economico, delle valute virtuali (meglio note come criptovalute), della Blockchain, degli Smart Contract (c.d. contratti intelligenti) e delle I.C.O. (Initial Coin Offering), nuovo strumento (digitale) di finanziamento mediante offerta di token, esplicitando il significato di ciascuna. 

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Blockchain, Criptovalute, I.C.O. e Smart Contract

L’opera, con un taglio pratico, analizza le realtà emergenti, dal significativo impatto economico, delle valute virtuali (meglio note come criptovalute), della Blockchain, degli Smart Contract (c.d. contratti intelligenti) e delle I.C.O. (Initial Coin Offering), nuovo strumento (digitale) di finanziamento mediante offerta di token, esplicitando il significato di ciascuna. L’opera si compone di due parti. Nella prima parte (dell’Avv. Stefano Comellini) vengono affrontate le tematiche giuridiche e, anche con il conforto di itinerari giurisprudenziali, pareri dell’Amministrazione finanziaria e delibere di Autorità di vigilanza sui mercati finanziari, viene offerta una panoramica sulle norme applicabili, anche sotto il profilo della disciplina antiriciclaggio, con un approfondimento del trattamento fiscale delle criptovalute e degli utility token. Nella seconda parte (dell’Ing. Marco Vasapollo), con un linguaggio tecnico (ma comprensibile anche ai non esperti di informatica), viene illustrato come si creano e come funzionano le criptovalute – in particolare, viene esplicitato cosa sono le criptovalute e quali sono quelle attualmente in vigore – e gli smart contract nonché le ulteriori prospettive di utilizzo, oltre le valute virtuali, della blockchain.Stefano Comellini Laureato in giurisprudenza all’Università di Bologna, con una tesi in Scienza delle Finanze e Diritto Finanziario, è av- vocato in Bologna e patrocinante in Cassazione. Si occupa prevalentemente di Diritto Industriale, di Diritto dell’Infor- matica e delle Telecomunicazioni e di Diritto della Privacy. E’ iscritto nell’elenco dei rappresentanti presso la EUIPO (Ufficio dell’Unione Europea per la proprietà intellettuale). Relatore in convegni, è autore dei testi “Il Responsabile della Protezione dei Dati (Data Protection Officer – DPO)”, “Il Regolamento generale sulla Protezione dei dati personali e la nomina del DPO nella Pubblica Amministrazione” e “La moneta elettronica. Altri sistemi di pagamento elettronici e valute virtuali (Criptovalute)”, pubblicati da Maggioli Editore.Marco Vasapollo Ingegnere Informatico, ha conseguito la laurea magistrale presso l’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna. Come libero professionista ha svolto attività di docente in vari corsi di programmazione e di consulente di aziende nazionali ed internazionali, lavorando su progetti in ambito assicurativo, bancario, amministrativo e della logistica su larga scala. Nel 2017 ha fondato MetaRing, la sua Startup di Software. Attualmente si occupa di consulenza ed evangelizzazione del paradigma blockchain. Come libero professionista ha svolto attività di docente in vari corsi di programmazione e di consulente di aziende nazionali ed internazionali, lavorando su progetti in ambito assicurativo, bancario, amministrativo e della logistica su larga scala. Nel 2017 ha fondato MetaRing, la sua Startup di Software. Attualmente si occupa di consulenza ed evangelizzazione del paradigma blockchain.Soluzioni di Diritto è una collana che offre soluzioni operative per la pratica professionale o letture chiare di problematiche di attualità. Uno strumento di lavoro e di approfondimento spendibile quotidianamente. L’esposizione è lontana dalla banale ricostruzione manualistica degli istituti ovvero dalla sterile enunciazione di massime giurisprudenziali. Si giunge a dare esaustive soluzioni ai quesiti che gli operatori del diritto incontrano nella pratica attraverso l’analisi delle norme, itinerari dottrinali e giurisprudenziali e consigli operativi sul piano processuale.

Stefano Comellini – Marco Vasapollo | Maggioli Editore 2019

  1. [1]

    Sez. II pen., sent. 10 novembre 2021, n. 44337; Sez. II pen., sent. 26 ottobre 2022, n. 44378.

  2. [2]

    Sez. II pen., sent. 17 settembre 2020, n. 26807.

  3. [3]

    Sez. II pen., sent. 26 ottobre 2022, n. 44378.

  4. [4]

    Tribunale di Verona, sent. 24 gennaio 2017.

  5. [5]

    Sez. II pen., sent. 7 luglio 2022, n. 27023.

  6. [6]

    Sez. II pen., sent. 10 novembre 2021, n. 44337; Sez. II pen., sent. 26 ottobre 2022, n. 44378.

  7. [7]

    Sez. II pen., sent. 7 luglio 2022, n. 27023.

Professore Mario Conetti

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