Telecamere sul Posto di Lavoro: assenza di accordo sindacale? Per la Cassazione è reato

Redazione 15/05/17
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Posto di lavoro: telecamere sì o telecamere no? La Corte di Cassazione interviene nuovamente a riformare il diritto vigente, abbandonando quello che aveva costituito fino ad ora l’orientamento maggioritario in tema di installazione di telecamere di videosorveglianza sul posto di lavoro. La questione è la seguente: in vista dei divieti posti dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, il datore di lavoro può decidere di installare apparecchi del tipo suddetto? E se sì, con quali presupposti ed entro quali limiti?

Secondo l’ultima sentenza, la numero 22148/2017, della Cassazione gli è inibito, pur essendosi procurato il consenso di tutti i propri dipendenti. Ma andiamo per gradi.

Telecamere sul Posto di Lavoro: sì o no?

Fino ad ora, l’orientamento giurisprudenziale maggioritario prevedeva che il datore di lavoro non incorresse nella commissione di un reato qualora si fosse assicurato il consenso espresso di ciascun lavoratore addetto all’interno dei luoghi dell’impresa in cui fossero installate videocamere.

Nel caso di specie affrontato dagli Ermellini, infatti, il datore di lavoro aveva fatto ricorso in Cassazione impugnando la pena pecuniaria irrogatale per aver installato strumenti di controllo a distanza sul posto di lavoro: questo, infatti, sicuro di aver agito lecitamente, ricorreva in terzo grado allegando i consensi scritti raccolti tra i dipendenti. Tuttavia, ciò non è bastato ad esimerla dalla condanna penale.

Accordo con Sindacati o DTL: imprescindibile

Secondo la Suprema Corte, infatti, unico requisito imprescindibile affinchè la presenza, nonché operatività, di videocamere sia legittima è l’accordo stipulato con i sindacati o l’autorizzazione della Direzione Territoriale del Lavoro.

Ecco il motivo per cui, pur disponendo dell’unanime accordo con i singoli dipendenti, il datore di lavoro che non abbia dapprima stipulato un accordo con le organizzazioni sindacali commette un reato ( e ciò anche se fino ad ora fu la stessa Corte ad affermare il contrario, vedi sentenza numero 22611/2012).

Tutela di interesse collettivo e superindividuale: al di là del consenso

Qual è la ratio della svolta in questione? In primis quella del principio di legalità, in virtù del quale il datore di lavoro deve necessariamente osservare la lettera della legge per agire nell’alveo della liceità. In secundis, ad essere tutelati dalla normativa penale sono interessi collettivi e superindividuali, in quanto “la condotta datoriale, che pretermette l’interlocuzione con la rappresentanze sindacali unitarie o aziendali procedendo all’installazione degli impianti dai quali possa derivare un controllo a distanza dei lavoratori, produce l’oggettiva lesione degli interessi collettivi di cui le rappresentanze sindacali sono portatrici”.

Inoltre, si può aggiungere che la condotta del datore di lavoro che prescinda dall’accordo sindacale o dall’autorizzazione della DTL è anche censurabile ai sensi dell’art. 28 Statuto dei Lavoratori, nonché alla luce del Codice in materia di riservatezza e tutela dei dati personali.

Sabina Grossi

Sentenza collegata

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