Stabile organizzazione: per la Cassazione è legittima la confisca dei beni del rappresentante della società straniera se non ha dichiarato l’IVA

Redazione 22/12/11
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di Lilla Laperuta

Non sfugge agli obblighi fiscali il rappresentante legale di una società estera con stabile organizzazione in Italia; a suo carico sono dunque configurabili i reati di omessa dichiarazione IVA e omessi versamenti dovuti.

Questa, in sintesi, la conclusione cui è pervenuta la quarta sezione penale della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 46980 depositata lo scorso 20 dicembre. Nell’occasione è stata ritenuta legittima la misura cautelare della confisca dei beni dell’amministratore di una società con sede in Slovenia, ma con stabile organizzazione in Italia, in quanto colpevole del reato di omessa presentazione della dichiarazione IVA con evasione al di sopra della soglia di punibilità così come configurato dall’art. 5 del D.Lgs. 74/2000.

La stabile organizzazione, è utile premettere, è un istituto di diritto tributario che collega a uno Stato il reddito che deriva da una attività economica svolta sul suo territorio da parte di un’impresa non residente. Il reddito d’impresa è sottoposto a tassazione anche nello Stato della fonte (Stato di provenienza del reddito) soltanto se si verifica l’esistenza della stabile organizzazione. I requisiti essenziali che in linea generale sono richiesti perché si verifichi l’ipotesi della stabile organizzazione “materiale” si ricollegano all’esistenza di una “sede o installazione d’affari”.

Nell’ordinamento italiano, l’istituto è contemplato dall’articolo 162 del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) che, nonostante alcune differenze, riprende la struttura e il contenuto dell’art. 5 del Modello di Convenzione Ocse.

Ed è proprio quest’ultimo riferimento normativo ad essere richiamato nello specifico dai giudici di piazza Cavour accanto all’art. 9 della sesta direttiva CEE n. 77/388: dalla lettura di tali articoli è chiaro per il Collegio che la nozione di stabile organizzazione di una società straniera in Italia (configurabile innanzitutto in presenza di una struttura stabile dotata di risorse materiali e umane), può essere integrata anche da un’entità dotata o meno di personalità giuridica, alla quale la società straniera abbia affidato, anche di fatto, la cura degli affari (“con esclusione delle attività di carattere meramente preparatorio o ausiliario, quali la prestazione di consulenze ovvero la fornitura di “know how”).

Importante, è la disponibilità dell’installazione degli affari e non il titolo giuridico in base al quale l’impresa ha tale disponibilità (proprietà, locazione, comodato, eccetera); al limite può configurarsi l’ipotesi della stabile organizzazione anche nel caso in cui l’impresa occupi illegalmente un’installazione in cui, comunque, eserciti la propria attività.

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