Sezioni Unite: immediatamente esecutivo il provvedimento di modifica delle condizioni del divorzio

Redazione 02/05/13
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Anna Costagliola

Il decreto del Tribunale che modifica le condizioni economiche della separazione e del divorzio o che rivede le disposizioni sull’affidamento dei figli è immediatamente esecutivo, anche se risulta gravato da reclamo. È questo il principio di diritto affermato con la sentenza n. 10064 del 26 aprile scorso dalle Sezioni Unite civili della Cassazione, che hanno così risolto il contrasto esistente tra le sezioni semplici in merito alla questione circa l’esecutività immediata dei provvedimenti emessi in camera di consiglio dal Tribunale ai sensi dell’art. 9 L. 898/1970. Non si applicherebbe, pertanto, a detti provvedimenti il differimento dell’efficacia esecutiva previsto in via generale dall’art. 741 c.p.c. per gli altri provvedimenti camerali.

Le Sezioni Unite abbracciano, al riguardo, una ricostruzione sistematica della volontà del legislatore, tale da contemperare la specialità del processo, regolato in funzione della materia trattata, con i principi della ragionevolezza. L’iter argomentativo muove dal presupposto che il giudizio sulla revisione delle condizioni fissate in sede scioglimento o cessazione degli effetti del matrimonio assume il carattere di una prosecuzione, evidentemente circoscritta al tema delle condizioni dei rapporti tra gli ex coniugi, di quel primo giudizio, del quale necessariamente condivide gli aspetti comuni.

L’efficacia definitiva derivante dalla formazione del giudicato in relazione alla sentenza pronunciata nel giudizio di primo grado non esclude la sua modificabilità in ragione delle circostanze sopravvenute, accertate all’esito del giudizio di revisione e, rispetto a tali circostanze, il giudicato è inidoneo a giustificare una minore efficacia del nuovo accertamento.

Lo stretto collegamento che deve ravvisarsi tra il giudizio di scioglimento o di cessazione degli effetti del matrimonio e quello successivo, di revisione impone, dunque, in merito all’efficacia esecutiva del provvedimento di modifica delle condizioni del divorzio, una soluzione uniforme, dettata da ragioni immanenti alla materia trattata. Sottolineano le Sezioni Unite che a ciò non varrebbe opporre il rilievo formale che nel primo giudizio si ha a che fare con una sentenza, provvisoriamente esecutiva in virtù di una regola più generale (art. 282 c.p.c.), specificamente ribadita in materia, mentre nel secondo caso si ha a che fare con un provvedimento camerale, soggetto alla disciplina dell’art. 741 c.p.c., che ne differisce l’efficacia al decorso dei termini per proporre reclamo. Nel caso in oggetto, infatti, il procedimento camerale è applicabile non in ragione della natura propria della materia trattata (che non è di giurisdizione volontaria ma contenziosa) bensì di una scelta del legislatore, in funzione della semplificazione e accelerazione del processo, sostanzialmente contrastante con la conclusione alla quale si perverrebbe altrimenti. Né a giustificare una diversa efficacia della sentenza di primo grado pronunciata a norma dell’art. 4 della L. 898/1970 e del decreto emesso a norma dell’art. 9 di quella stessa legge varrebbe, come si è visto, l’efficacia di giudicato del provvedimento che si tratta di modificare.

In conclusione, osservano i giudici, in materia di revisione delle disposizioni concernenti l’affido dei figli e di quelle relative alla misura e alle modalità dei contributi da corrispondere a seguito dello scioglimento o della cessazione degli effetti del matrimonio, il decreto pronunciato dal Tribunale è immediatamente esecutivo, in conformità ad una regola più generale, desumibile dall’art. 4 della citata legge regolativa della materia e incompatibile con l’art. 741 c.p.c., che subordina l’efficacia esecutiva al decorso del termine utile per la proposizione del reclamo. Una soluzione diversa da quella prospettata si porrebbe in termini di evidente e ingiustificabile irragionevolezza, risultante non già dall’intentio legis ricostruibile da un attento esame delle norme vigenti, bensì come l’effetto del tutto accidentale e indesiderato della stratificazione del tessuto normativo, conseguente a una serie di interventi frazionati nel tempo e privi di coordinamento.

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