Rito Fornero: inapplicabile ai processi in corso il nuovo art. 18 dello Statuto dei lavoratori

Redazione 09/05/13
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Anna Costagliola

Con sentenza n. 10550 del 7 maggio 2013, la Cassazione ha affermato che il nuovo art. 18 della L. 300/1970 (Statuto dei lavoratori), come riformato dall’art. 1, co. 42, della L. 92/2012 (cd. Riforma Fornero), non può trovare applicazione in relazione alle cause concernenti i provvedimenti di licenziamento in corso alla data del 18 luglio 2012, anche in mancanza di una disciplina transitoria.

Nel caso portato all’attenzione della Suprema Corte, la Corte di Appello di Napoli, accertata l’illegittimità del licenziamento intimato da una società operante nel settore della telefonia ad un proprio dipendente, in relazione all’abusivo utilizzo del telefono cellulare assegnatogli per ragioni di servizio, ne aveva ordinato la reintegrazione nel posto di lavoro e condannato la società al pagamento delle retribuzioni maturate dal licenziamento all’effettiva reintegrazione, oltre ai contributi previdenziali ed assistenziali. Per la Corte d’Appello, infatti, il comportamento del lavoratore, pur sanzionabile, era stato posto in essere senza raggiri o frode, posto che l’invio dei messaggi era facilmente verificabile dal datore di lavoro che operava proprio nel settore della telefonia. Inoltre, il danno non era di notevole entità e il lavoratore si era sempre dichiarato disponibile a risarcirlo. Detto comportamento, pertanto, non era stato tale da determinare una irreversibile lesione del vincolo di fiducia che deve legare datore di lavoro e lavoratore dipendente atta a giustificare l’irrogazione della massima sanzione espulsiva.

Per la Suprema Corte i motivi del ricorso proposto dal datore di lavoro avverso la decisione del giudice del merito risultano infondati, essendo richiesta, invero, una nuova valutazione (inammissibile in sede di legittimità) delle circostanze di fatto analizzate dalla Corte d’Appello in maniera esauriente, con una motivazione logica e coerente, che non si espone ai rilievi formulati dalla ricorrente.

Né è valso dedurre la immediata applicabilità della nuova disciplina sanzionatoria dei licenziamenti introdotta dalla L. 92/2012, che sul punto ha modificato l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, sulla base del mero rilievo dell’assenza di diposizioni transitorie. Nelle motivazioni della Suprema Corte si legge, infatti, che il nuovo articolo 18 sui licenziamenti individuali non è immediatamente applicabile ai processi in corso e, dunque, la nuova disciplina sul reintegro dei dipendenti non può essere estesa ai contenziosi sorti prima dell’entrata in vigore della Legge Fornero (18 luglio 2012). Una diversa interpretazione risulterebbe innanzitutto contraria ai principi della Costituzione, della Carta europea dei diritti fondamentali e della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.
Sotto il profilo delle intervenute modifiche al regime sanzionatorio, i giudici di legittimità esemplificativamente evidenziano che il nuovo sistema prevede distinti regimi di tutela a seconda che si accerti la natura discriminatoria del licenziamento, l’inesistenza della condotta addebitata, ovvero la sua riconducibilità tra quelle punibili solo con una sanzione conservativa (sulla base delle disposizioni dei contratti collettivi o dei codici disciplinari applicabili). In tali casi persiste il diritto del lavoratore ad essere reintegrato nel posto di lavoro e ad ottenere un «pieno» risarcimento del danno (dalla risoluzione del rapporto alla reintegrazione). In tutti gli altri casi di accertata illegittimità del licenziamento per mancanza di giusta causa o di giustificato motivo soggettivo, il nuovo comma 5 dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori prevede solo una tutela risarcitoria, mediante il pagamento di una indennità omnicomprensiva che varia dalle 12 alle 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

Con la L. 92/2012 è stata dunque introdotta una nuova, complessa ed articolata disciplina dei licenziamenti che àncora le sanzioni irrogabili per effetto della accertata illegittimità del recesso a valutazioni di fatto non solo incompatibili con il giudizio di legittimità, ma anche con una eventuale rimessione al giudice di merito che dovrà applicare uno dei possibili sistemi sanzionatori conseguenti alla qualificazione del fatto (giuridico) che ha determinato il provvedimento espulsivo.

Si tratta, come è evidente, di un vero e proprio stravolgimento del sistema di allegazioni e prove nel processo, che non è limitato ad una modifica della sanzione irrogabile, ma si collega ad una molteplicità di ipotesi diverse di condotte giuridicamente rilevanti cui si connettono tutele tra loro profondamente differenti. Un sistema unico che non incide sul solo apparato sanzionatorio ma impone un approccio diverso alla qualificazione giuridica dei fatti incompatibile con una sua immediata applicazione ai processi in corso.

Né, concludono gli Ermellini, ai fini della immediata applicabilità della nuova disciplina, varrebbe l’argomento per cui ove il legislatore abbia inteso differire l’entrata in vigore delle disposizioni della legge in oggetto lo ha detto espressamente (cfr. art. 1, co. 38 e 39, L. 92/2012), trattandosi, infatti, di disposizioni di carattere processuale per le quali si impone la espressa previsione di un tale differimento.

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