Risponde di reato di falso ideologico il medico che rilascia il certificato medico senza aver visitato la paziente

Redazione 17/05/12
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Biancamaria Consales

Così si è pronunciata la quinta sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 18687 depositata il 15 maggio 2012, su di un ricorso promosso da un medico di base convenzionato con il servizio sanitario nazionale che aveva rilasciato un certificato medico di proroga di diagnosi a favore di una donna senza averla previamente visitata. Il medico, pertanto, era stato dichiarato, dalla Corte di appello di Milano che aveva sovvertito la pronuncia di primo grado, responsabile del reato di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale (art. 480 del codice penale), mentre la paziente veniva altresì condannata per aver fatto uso del certificato medico pur conoscendone la falsità (art. 489 del codice penale).

La Suprema Corte ha confermato quanto sostenuto dalla Corte di appello. Debole è apparsa la difesa degli imputati. Nella fattispecie, il medico aveva sostenuto che la proroga sarebbe stata concessa sulla base di quanto accertato nella visita effettuata qualche giorno prima. D’altronde i sintomi comunicatogli dalla paziente telefonicamente sarebbero stati compatibili con la malattia accertata pochi giorni prima e, pertanto, la modifica della prognosi sarebbe stata legittimamente effettuata. In particolare, il medico aveva sostenuto la non sussistenza del reato imputatogli, in quanto egli, sulla scorta del proprio sapere medico maturato da un’esperienza pluridecennale e sulla base della visita effettuata pochi giorni prima in occasione della prima certificazione, poteva legittimamente ritenere in scienza e coscienza e sulla base di quanto riferito dalla paziente, ancora sussistente la malattia.

“La falsa attestazione attribuita al medico – hanno affermato i giudici – non attiene tanto alle condizioni di salute della paziente, quanto piuttosto al fatto che egli ha emesso il certificato senza effettuare una previa visita e senza alcuna verifica oggettiva delle sue condizioni di salute, non essendo consentito al sanitario effettuare valutazioni o prescrizioni semplicemente sulla base di dichiarazioni effettuate per telefono dai suoi assistiti. D’altronde il medico non poteva non essere a conoscenza del fatto che egli stava certificando una patologia medica senza averla previamente verificata nell’immediatezza attraverso l’esame della paziente”.

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