Responsabilità civile nel contratto di trasporto: vige l’ordinario criterio di ripartizione dell’onere della prova …essa spetta sempre su chi invoca il risarcimento

Redazione 16/09/13
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Biancamaria Consales

Così è stato deciso dalla terza sezione civile della Suprema Corte di cassazione che, con sentenza n. 20896 del 12 settembre 2013, ha rigettato il ricorso di un uomo che aveva chiesto un congruo risarcimento da parte di un vettore, per perdita ed avaria delle cose trasportate.

Nella fattispecie, il ricorrente aveva stipulato un contratto di trasporto con una società per la spedizione di due colli. Il vettore veniva citato in giudizio poiché, durante il trasporto, uno dei colli era stato perso e l’altro era stato danneggiato. Dunque veniva chiesto dal ricorrente di accertare la responsabilità della società convenuta per la perdita ed il danneggiamento delle merci spedite.

In primo grado il vettore veniva condannato al pagamento in favore dell’attore di un certo importo, stabilito secondo un criterio di risarcimento quantitativo.

Nel proporre ricorso in cassazione, il ricorrente, ritenuto esiguo il risarcimento rispetto al danno prodotto, sosteneva che l’art. 1693 del codice civile pone un principio di ordine generale applicabile in materia di trasporto, vale a dire che il vettore è responsabile della perdita e dell’avaria delle cose consegnategli per il trasporto, se non prova che la perdita o l’avaria è derivata da caso fortuito, dalla natura o dai vizi delle cose stesse e del loro imballaggio, o dal fatto del mittente o da quello del destinatario. C’è, quindi, un’inversione dell’onere della prova normalmente posto a carico dell’attore dall’art. 2697 del codice civile.

I giudici della Suprema Corte hanno osservato che per i trasporti di merci su strada, la responsabilità del vettore per il risarcimento dei danni derivati da perdita o avaria delle cose trasportate, è contenuta entro i limiti di valore stabiliti da detta norma in misura diversa a seconda che si tratti o meno di trasporti soggetti all’obbligo delle tariffe a forcella, indipendentemente dalla prova della qualità e del valore della merce perduta o avariata.

“Il tema della prova del dolo o della colpa grave – hanno sostenuto gli Ermellini – non trova posto nell’economia dell’art. 1693 del codice civile che si occupa della responsabilità per la perdita od avaria delle cose trasportate, con una presunzione di responsabilità a carico del vettore che può essere vinta dal vettore solo con la prova che l’evento sia dipeso da caso fortuito, dalla natura o dai vizi delle cose stesse o del loro imballaggio, o dal fatto del mittente o da quello del destinatario.

Nella specie, la responsabilità del vettore è accertata e la prova che la perdita della merce sia dipesa da dolo o colpa grave del vettore è necessaria solo per superare i limiti del risarcimento previsti dall’art. 1 della L. 450/1985 ed accedere al risarcimento pari al valore della merce.

Di conseguenza deve essere applicato l’ordinario criterio di ripartizione dell’onere della prova, prova che incombe su chi invoca, nell’ambito di una responsabilità già accertata, che la perdita o avaria della merce sia dipesa da dolo o colpa grave per ottenere un risarcimento in misura più elevata”.

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