Responsabilità amministrativa degli enti: il D.Lgs. 231/2001 si applica anche agli studi professionali

Redazione 09/02/12
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Anna Costagliola

La Cassazione penale, con sentenza n. 4703 del 7 febbraio 2012, ha ritenuto legittima la misura cautelare dell’interdizione dall’esercizio dell’attività, irrogata ex art. 13 del D.Lgs. 231/2001 ad uno studio professionale, nella specie uno studio odontoiatrico organizzato in forma di S.a.s.

La Corte ha pertanto rigettato il ricorso avverso l’ordinanza con cui il Tribunale del Riesame confermava il provvedimento del GIP applicativo della misura interdittiva nei confronti della società per la durata di un anno, ritenendo infondati i motivi proposti. In particolare, la difesa della società sosteneva la violazione dell’art. 606 c.p.p., in relazione agli artt. 9 e 46 del D.Lgs. 231/2001 e all’art. 125 c.p.p., in quanto la misura interdittiva appariva giustificata nel provvedimento del GIP unicamente dalla reiterazione delle condotte illecite poste in essere e non anche dal profitto, non essendo stata acquisita, prima dello scadere del termine relativo alle indagini, prova del profitto conseguito dalla società.

A sostegno del rigetto del ricorso sotto il profilo evidenziato si osserva nella sentenza come l’art. 13 del D.Lgs. 231/2001 condizioni l’applicabilità delle sanzioni interdittive alla circostanza che la società abbia tratto dal reato un profitto di entità considerevole oppure che, in alternativa, la società abbia reiterato nel tempo gli illeciti. Ed è proprio dalla reiterazione delle condotte illecite che è scaturita la legittima sanzione dell’interdizione dall’esercizio dell’attività professionale emessa dal GIP.

La pronuncia in oggetto acquista una particolare rilevanza sia per i potenziali sviluppi che l’applicazione del principio enunciato rischia di avere in coincidenza con il prossimo incremento delle società professionali, incentivate dalla recente legge di stabilità (L. 183/2011), sia anche perché si pone in una linea di continuità con altre recenti pronunce che hanno allargato le maglie dell’estensione dell’applicabilità del decreto 231 non solo sul piano dei reati che possono essere contestati, ma anche sul piano dei soggetti suscettibili di assumere la veste di imputato.

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