Responsabilità amministrativa degli enti: essenziale la chiara indicazione dei poteri del commissario giudiziale nella fase cautelare

Redazione 24/11/11
Scarica PDF Stampa

di Anna Costagliola

Con la sentenza n. 43108, depositata lo scorso 22 novembre, la sesta sezione penale della Cassazione ha precisato che i poteri e i compiti del commissario giudiziale di una società sottoposta al procedimento di responsabilità ex L. 231/2001 devono essere individuati e specificati già in sede di provvedimento cautelare. In mancanza di tali prescrizioni l’ordinanza che consente la prosecuzione dell’attività dell’ente sotto inchiesta, è nulla e priva di efficacia.

L’affermazione del principio enunciato consegue alla essenziale premessa compiuta dalla Corte circa la piena assoggettabilità della società ricorrente alla disciplina di cui al D.Lgs. 231/2001, giacchè la condizione di esenzione configurata da tale decreto riguarda enti pubblici che svolgono funzioni non economiche, mentre lo svolgimento di un’attività propriamente economica è riconducibile alla società in questione, attività svolta nella forma di S.p.a.

L’art. 45 del D.Lgs. 231/20021 prevede che, ove ricorrano gravi indizi per ritenere la sussistenza della responsabilità dell’ente per un illecito amministrativo dipendente da reato e vi siano fondati e specifici elementi che facciano ritenere concreto il pericolo della commissione di illeciti della stessa indole di quello per cui si procede, il pubblico ministero può richiedere l’applicazione quale misura cautelare di una delle sanzioni interdittive previste dall’art. 9 dello stesso provvedimento. In luogo della misura cautelare interdittiva, il giudice può nominare un commissario giudiziale per un periodo pari alla durata della misura che sarebbe stata applicata (art. 45, co. 3). Nel disciplinare l’istituto del commissario giudiziale nominato nella fase cautelare, il legislatore richiama espressamente l’art. 15 del D.Lgs. del 2001, quale norma generale cui occorre uniformarsi. Tale norma configura il commissariamento giudiziale come una misura sostitutiva delle sanzioni interdittive, diretta ad evitare che l’irrogazione della sanzione, con l’interruzione dell’attività, si traduca in un pregiudizio per la collettività e rischi di provocare importanti ripercussioni sull’occupazione. In altri termini, allorchè si paventino tali rischi, con inevitabili conseguenze negative per il pubblico interesse, in luogo della sanzione interdittiva, idonea ad interrompere l’attività dell’ente, si prevede una sorta di «espropriazione temporanea» dei poteri direttivi e gestionali dell’ente medesimo, che vengono assunti dal commissario nominato dal giudice in vista della prosecuzione dell’attività.

Secondo la prescrizione di cui al comma 2 del citato art. 15, il giudice deve indicare i compiti e i poteri del commissario, nell’ambito dei quali rientra anche l’adozione e l’efficace attuazione dei modelli di organizzazione e di controllo idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi. In ogni caso, deve tenersi conto della specifica attività in cui è stato posto in essere l’illecito da parte dell’ente. In virtù del richiamo a tale disciplina da parte dell’art. 45, co. 3, del decreto del 2001, essa trova applicazione anche nella fase cautelare, nella quale il provvedimento di nomina del commissario è contestuale alla verifica dei presupposti che giustificano la prosecuzione dell’attività dell’ente, per cui sarà lo stesso giudice della cautela a nominare il commissario con il medesimo provvedimento con cui dispone la prosecuzione dell’attività.

Nel caso portato all’attenzione della Corte, è considerata irrilevante la circostanza che il commissariamento della società sia stato deciso in sede di riesame, dunque a seguito dell’impugnazione cautelare, essendo il Tribunale in ogni caso tenuto alla indicazione dei compiti e dei poteri del commissario, mentre nessuna indicazione al riguardo risultava da provvedimento di nomina. Particolarmente importante appare infatti, nella fase cautelare, la specifica indicazione di poteri e compiti del commissario, essendo questi funzionali alla corretta gestione dell’ente in una fase delicata e dovendo essere determinati anche in relazione alla specifica attività svolta dall’ente, con un’attenzione particolare alla realtà organizzativa dello stesso, sia per neutralizzare il luogo nel quale si è originato l’illecito, sia per valutare l’adeguatezza e la proporzionalità della sanzione.

Sulla base delle considerazioni suesposte, la Corte ha disposto l’annullamento del provvedimento di nomina del commissario giudiziale della società ricorrente limitatamente alla mancata definizione dei poteri a questi attribuiti.

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento