Remissione in termini: va concessa se l’imputato non ha avuto effettiva conoscenza del provvedimento e l’“incolpevole ignoranza” non ne costituisce più presupposto di applicazione

Redazione 19/06/13
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Biancamaria Consales

È quanto stabilito dalla prima sezione della Corte di cassazione, che con sentenza n. 2627 del 17 giugno 2013, ha accolto il ricorso proposto da un uomo, che lamentava la mancata possibilità di proporre opposizione al decreto penale di condanna, notificatogli in ritardo.

In realtà, il decreto penale gli era stato notificato presso lo studio del difensore dove aveva eletto domicilio, ma, avendo cambiato residenza, la lettera raccomandata inviatagli dal difensore stesso per informarlo della condanna, gli veniva recapitata in ritardo, cioè quando il termine per proporre opposizione al decreto era già scaduto.

Nella fattispecie, il Gip aveva respinto l’istanza di remissione nel termine proposta, ritenendo che la scelta di eleggere domicilio presso lo studio del difensore escludeva la condizione di “incolpevole ignoranza” posta alla base dell’art. 175, comma 2, c.p.p., in quanto presuppone un onere di diligenza a carico della parte.

Adendo la Corte di cassazione, il ricorrente sosteneva, viceversa, che l’incolpevole ignoranza non è più un presupposto della restituzione nel termine per impugnare il provvedimento, a seguito della riforma dell’art. 175 c.p.p. ad opera del D.L. 17/2005, conv. con mod. nella L. 60/2005. Le notifiche al difensore d’ufficio non possono costituire, quindi, una presunzione di conoscenza effettiva da parte dell’interessato.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendo che a seguito della suddetta riforma, la “incolpevole ignoranza non costituisce più il presupposto di applicazione dell’istituto della restituzione in termini, che deve essere concessa nel caso in cui l’imputato non abbia avuto effettiva conoscenza del provvedimento. L’Autorità Giudiziaria, dunque, per respingere l’istanza deve ritenere provata l’effettiva conoscenza.

Nella fattispecie, la notificazione del decreto penale effettuata al difensore d’ufficio nominato domiciliatario in fase preprocessuale non può ritenersi di per se idonea a dimostrare l’effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento in capo all’imputato salvo che la conoscenza non emerga aliunde ovvero non si dimostri che il difensore di ufficio è riuscito a rintracciare il proprio assistito ed a instaurare un effettivo rapporto professionale con lui. Numerose pronunce hanno sottolineato il diverso effetto della nomina di un difensore di fiducia e di quella di un difensore di ufficio, in quanto solo la prima presuppone l’effettivo esercizio dell’attività difensiva.

Nel caso di specie il ricorrente ha, poi, documentalmente provato di avere avuto conoscenza del decreto penale emesso nei suoi confronti prima della ricezione della raccomandata inviatagli dal difensore d’ufficio.

Infine, il ritardo con cui il difensore d’ufficio ha inviato la raccomandata al cliente e quello con cui la missiva è stata consegnata a seguito del mutamento di residenza del condannato, costituiscono eventi irrilevanti ai fini della decisione: la norma, così come modificata per adeguare la normativa italiana al dettato della Corte Europea dei diritti dell’uomo, richiede esclusivamente la conoscenza effettiva del provvedimento da parte dell’interessato e da tale conoscenza, o dalla mancanza di essa, fa discendere gli effetti descritti”.

Annullata con rinvio, dunque, l’ordinanza impugnata.   

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