Regolarizzazione degli immigrati: si pronuncia il Consiglio di Stato

Redazione 13/05/11
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Ha diritto ad essere regolarizzato anche chi è stato condannato per non aver obbedito ad un ordine di espulsione: l’inottemperanza alla espulsione, dunque, non è ostativa alla regolarizzazione. É quanto affermato dal massimo organo della giustizia amministrativa, il Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, nella sentenza del 10 maggio 2011, n. 7.

La vicenda, oggetto della sentenza in esame, trae origine dalla circostanza che il legislatore italiano, nell’esercizio di una facoltà espressamente stabilita dalla Direttiva n. 115 del 2008 (art. 4, comma 3, in tema di disposizioni più favorevoli), ha previsto il beneficio della emersione del lavoro irregolare, con effetto estintivo di ogni illecito penale e amministrativo (art. 1-ter, comma 11, L. 102/2009), a favore di una limitata cerchia di lavoratori, ma anche dei rispettivi datori di lavoro, che li impiegano per esigenze di assistenza propria o di familiari non pienamente autosufficienti o per lavoro domestico. Tale misura, si obietta, tuttavia, non può essere concretamente accordata dall’Amministrazione ove sia stata emessa condanna dello straniero interessato per il reato di cui all’art. 14, comma 5-ter, che punisce lo straniero che non abbia osservato l’ordine del questore di lasciare il territorio dello Stato.

Ma la previsione di tale fattispecie penale, e le conseguenti condanne, non sono ormai più compatibili con la disciplina comunitaria delle procedure di rimpatrio: il giudice nazionale deve assicurare la “piena efficacia” del diritto dell’Unione, negando l’applicazione dell’art. 14, comma 5-ter, in quanto contrario alla normativa dettata dalla Direttiva n. 115 del 2008, suscettibile di diretta applicazione.

Quel reato, affermano i giudici, praticamente non esiste più, dal momento che è in contrasto con la direttiva europea sui rimpatri, come sancito dalla Corte di giustizia europea (sentenza C-61/11, El Dridi). Deve concludersi che l’entrata in vigore della normativa comunitaria ha prodotto l’abolizione del reato previsto dalla disposizione sopra citata, e ciòٍ, a norma dell’art. 2 del codice penale, ha effetto retroattivo, facendo cessare l’esecuzione della condanna e i relativi effetti penali. Tale retroattività non può non riverberare i propri effetti sui provvedimenti amministrativi negativi dell’emersione del lavoro irregolare, adottati sul presupposto della condanna per un fatto che non è più previsto come reato. (Biancamaria Consales)

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