Reddito, reddito minimo e società non operative

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Il presente contributo si prefigge l’obiettivo di definire i concetti di reddito e di società non operative (e, conseguentemente, di reddito minimo), attraverso l’esame di una recente ordinanza.

Corte di Cassazione – Sez. V Civ. – Sent. n. 5467 del 29/02/2024

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Indice

1. Premessa

Al fine di garantire la migliore comprensione del testo dell’ordinanza che si è scelto di analizzare, occorre fornire delle nozioni fondamentali di diritto tributario e contabilità.

2. La nozione di reddito

Come chiarito da alcuni autori (M. BEGHIN, Manuale di contabilità aziendale per tributaristi e giuristi d’impresa, Wolters Kluwer, Cedam, 2023, pp. 4 e ss.), per comprendere appieno la nozione di reddito occorre partire dalla nozione di patrimonio: “Il patrimonio è costituito da un insieme di beni aventi, ad una certa data, un determinato valore. Il patrimonio esprime perciò una ricchezza statica, uno stock riferibile ad un preciso istante nella vita di un certo soggetto”.
Gli elementi da evidenziare, dunque, sono:
a.) l’insieme di beni;
b.) il tempo.
L’insieme dei beni consente di individuare l’entità del patrimonio. Il fattore tempo, per contro, individua l’entità del patrimonio in un determinato momento. “[…] Del resto, non avrebbe alcun senso riferire la nozione di patrimonio ad un arco temporale anziché ad una singola giornata (per esempio, sei mesi, otto mesi oppure due anni, e così via), perché tutti sanno che da un giorno all’altro, per ragioni sulle quali è inutile indugiare adesso, si può bruciare un’intera fortuna, così come da un giorno all’altro la si può guadagnare. Questa idea di ricchezza statica si ricava in modo luminoso nella parabola del figliol prodigo, nella quale la nozione di patrimonio è sovrapposta – e resa quasi alternativa – a quella di “sostanze”. Si ponga attenzione alla richiesta che il figlio avanza al padre: “<<Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta>>. Ed egli divise tra loro le sue sostanze”. Quali sostanze? Quelle esistenti nel momento in cui la richiesta è stata fatta […]”.
Chiarita la prima nozione, si può passare alla seconda: il reddito. “[…] Si tratta di un concetto proprio delle scienze economiche e finanziarie […]. Diciamo subito che il concetto di reddito non è né tipico, né univoco. In realtà, possono darsi del reddito, come sono state date, definizioni diverse, a seconda del diverso settore di ricerca cui tali definizioni siano destinate. Per il resto il concetto di reddito viene considerato un concetto a carattere essenzialmente funzionale, cioè convenzionalmente definito in funzione del suo specifico utilizzo. I concetti di reddito elaborati dalla scienza delle finanze, e destinati ad assumere rilevanza ai fini fiscali, possono ricondursi a tre tipi fondamentali: il reddito prodotto, il reddito consumato ed il reddito entrata. Il reddito prodotto è costituito dalla somma dei beni e dei servizi complessivamente prodotti nell’unità di tempo […]. Il reddito consumato costituisce invece un minus rispetto al reddito prodotto […]. Il reddito entrata, infine, risponde a un concetto più ampio di quello di reddito prodotto. Esso consiste nel reddito (individualmente) prodotto, più (o meno) gli incrementi (o decrementi) di ricchezza (ovviamente non dovuti a risparmio) che affluiscano al soggetto nell’unità di tempo […]” (estratto da I. Manzoni – G. Vanz, Il diritto tributario – Profili Teorici e sistematici, Seconda Edizione, G. Giappichelli Editore, Torino, 2008, pp. 145 e ss.).

3. Le società non operative

Le società non operative sono definite anche società di comodo e, ai sensi dell’art. 30 della Legge n. 724 del 1994, sono soggette ad uno specifico regime di tassazione.
·      “[…] Ai sensi del comma 1, le società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché le società e gli enti di ogni tipo non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, si considerano non operative se l’ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal conto economico, ove prescritto è inferiore ai ricavi minimi presunti, stimati ai sensi dei commi 1 e 2 (il cd. test di operatività).
 
·      Le società non operative sono tenute a dichiarare un reddito minimo presunto, quantificato applicando ai valori di determinati beni posseduti nell’esercizio, le percentuali forfettarie previste al comma 3 del medesimo articolo 30 [Tratto dal sito Agenzia delle Entrate – www.agenziaentrate.gov.it]”.

4. I passaggi salienti dell’ordinanza

*La posizione del contribuente*
“[…] La normativa sulle società non operative è stata introdotta per contrastare la possibilità di costituire e tenere in vita società di comodo, che in realtà non svolgono attività imprenditoriale, o comunque ne svolgono in misura inferiore ai minimi presuntivamente calcolati dal legislatore, risolvendosi in imprese che non hanno la finalità di svolgere attività lucrativa ma ne hanno altre.           A queste società la legge richiede di adeguare il proprio reddito dichiarato almeno ai parametri minimi precostituiti per legge. È però consentito alla società accertata dimostrare che circostanze oggettive hanno impedito, in una determinata annualità, il raggiungimento degli obiettivi minimi di risultato calcolati dal legislatore, ed evitare così di essere sottoposte ad imposizione supplementare […]”.
*La prospettiva offerta dalla Commissione Tributaria Regionale*
“[…] La CTR spiega che “risulta pacifico, perché non contestato, che la società fosse qualificabile in una condizione di non operatività da ben dieci anni per cui, a fronte di tale condizione, ed in assenza di un adeguamento ai minimi richiesti dalla legge, l’avviso di accertamento è stato legittimamente emesso”, rimanendo da valutare le giustificazioni addotte dalla contribuente. […] Deve però rilevarsi in proposito, evidenzia il giudice del gravame, che “la sentenza” della CTP “gravata, nell’accogliere il ricorso ha aderito alla tesi del contribuente argomentando con l’indicazione di opinabili valutazioni comportamentali prive di ogni riscontro oggettivo, trattandosi di motivazioni ipotetiche secondo cui la società non si fosse resa conto di non poter reperire mezzi finanziari in tempi brevi ovvero che era plausibile credere che la società non potesse sapere di essere esentata dalla richiesta di disapplicazione dell’art. 30 cit. In tale contesto, accertato pacificamente che nel caso è applicabile la disciplina relativa alle società non operative, il reddito avrebbe dovuto essere integrato fino a raggiungere quello determinato forfettariamente, salva la possibilità di presentare l’istanza di disapplicazione, se ammissibile […]”. Ancora “[…] la CTR osserva che la contribuente rientrava tra le società non operative da molti anni […]. In conseguenza, ha osservato il giudice del gravame, la contribuente avrebbe dovuto provvedere a dichiarare il reddito minimo previsto dalla legge, ma non lo ha fatto […].
*Per quel che concerne la posizione dell’Agenzia delle Entrate*
“[…] La ricorrente si limita ad affermare che l’Agenzia delle Entrate ha tenuto conto, ai fini della determinazione del reddito imponibile delle società, anche del valore dell’immobilizzazione iscritta in bilancio in relazione a terreni agricoli ed improduttivi. Tuttavia la ricorrente non riproduce l’accertamento tributario sul punto, neppure in sintesi, non indica per quali importi si sarebbe tenuto conto di tali immobilizzazioni, quale sia stata l’incidenza del valore dei terreni sugli importi alfine richiesti dall’Amministrazione finanziaria […]”.

5. Conclusioni

Le nozioni sin qui fornite meritano di intersecarsi con i cd. reati dichiarativi, tipici del diritto penale tributario. Si rinvia, sul punto, ad un approfondimento in Questa Rivista (M. Lopinto, Patteggiamento e D.lgs. n. 74 del 2000, in Riv. Diritto.it, 08.03.2024).

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Micaela Lopinto

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