Reddito per il Gratuito Patrocinio: adeguamento in Gazzetta Ufficiale

Lorena Papini 07/06/23
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E’ stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, serie generale del 6 giugno, il decreto interdirigenziale 10 maggio 2023 per l’adeguamento dei limiti di reddito per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, fissato a 12.838,01€.
Il precedente limite, deciso con il decreto 3 febbraio 2023 , era stato fissato a 11.734,93€. (GU Serie Generale n.94 del 21-04-2023)

Indice

1. Cos’è il gratuito patrocino?


Il gratuito patrocinio è l’istituto riconosciuto dall’articolo 24 della Costituzione italiana a tutti i cittadini non abbienti, al fine di rendere effettivo il diritto di difesa, disciplinato al medesimo articolo. Non bisogna confondere il gratuito patrocinio con un altro istituto costituzionale, ovvero la difesa d’ufficio.
Infatti, laddove un cittadino italiano sia leso nei suoi diritti, e non possa permettersi di sostenere le spese giudiziarie, affinché non sia mortificato il suo complessivo diritto all’azione, inteso come diritto ad agire in giudizio, prima ancora che di difendersi, lo Stato assicura la professionalità di avvocati abilitati al gratuito patrocinio. Infatti, il soggetto ammesso sarà esonerato da alcune spese, e verrà sostituito dallo Stato stesso per il pagamento di altre. Tra queste, è inclusa anche quella relativa alla mediazione stragiudiziale.
Infatti, non tutti i professionisti avvocati possono assumere cause di patrocinio a spese dello Stato, ma solo quelli iscritti in un apposito albo, consultabile online sui siti dei vari Consigli dell’Ordine, nell’ambito del quale la parte può scegliere discrezionalmente un professionista.
L’avvocato può percepire il compenso solo ed esclusivamente da parte dello Stato: qualora richieda o accetti denaro da parte del cliente, commetterà un illecito deontologico, sanzionabile dal Consiglio dell’Ordine di appartenenza.

2. Chi ha diritto al gratuito patrocino?


È ammesso al patrocinio a spese dello Stato solo colui che sia titolare di un reddito imponibile IRPEF non superiore a 11.734,93 euro. In ambito penale, il limite di reddito è elevato di 1.032,91 euro per ognuno dei familiari conviventi. Tuttavia, il reddito da tenere presente ai fini in questione è quello complessivamente risultante dalla somma dei redditi di tutti i cittadini conviventi, che siano coniugi o familiari. Solo quando siano in contestazione diritti della personalità (come nel caso della separazione personale) si fa riferimento esclusivamente al reddito del soggetto istante.
Oltre a ciò, anche la stessa soglia di reddito necessaria per l’accesso al patrocinio gratuito, da un punto di vista effettivo, rende davvero limitato il beneficio dell’istituto de quo: la soglia, infatti, fissata in un ammontare immutabile nel corso dell’anno di applicazione, suscettibile solo di rivalutazione monetaria, ma non curante delle difficoltà economiche che hanno anche famiglie con un reddito complessivo superiore, rischia di divenire preclusiva e limitante i diritti individuali. Da sempre, infatti, si discute dell’opportunità di inserire fasce di reddito che rispecchino progressive l’effettiva difficoltà economica di numerosi cittadini italiani.
L’effettività del reddito di cui si è titolari è verificata, dopo il deposito dell’istanza di ammissione, dall’Agenzia delle Entrate. Inoltre, il mutamento delle condizioni reddituali in corso di causa comporta la revoca o l’ammissione precedentemente negata all’istituto.


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3. Come si accede al gratuito patrocinio?


Il gratuito patrocinio è assicurato in tutte le giurisdizioni: civile, penale, amministrativa, contabile, tributaria e volontaria.
In ambito civilistico, il cittadino interessato dovrà presentare la c.d. istanza di ammissione al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati del luogo in cui si svolge il processo, personalmente (dall’istante o dal suo legale) o a mezzo raccomandata a/r.
In ambito penalistico, invece, l’istanza deve essere presentata all’ufficio del giudice dinanzi al quale si è instaurato il processo.
Per i processi pendenti dinanzi alla Corte di Cassazione, la domanda va presentata al Consiglio dell’Ordine in cui ha sede il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato.
L’istanza, il cui modulo è scaricabile dal sito del Consiglio dell’Ordine di riferimento, deve contenere:

  • le generalità dell’interessato e dei componenti la famiglia anagrafica, con i rispettivi codici fiscali;
  • una dichiarazione sostitutiva di certificazione da parte dell’interessato, attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l’ammissione;
  • gli estremi della pretesa che si intende far valere in causa per dimostrare che la domanda non è infondata; a tal fine bisogna anche specificare le prove di cui si intende chiedere l’ammissione;
  • la firma autenticata dall’avvocato.

Presentata l’istanza, il Consiglio ha 10 giorni di tempo (non perentori) per valutare la fondatezza delle pretese e la sussistenza dei requisiti d’ammissione. Una volta concessa l’autorizzazione, il Consiglio può decidere se:
– ammettere l’interessato al patrocinio in via anticipata e provvisoria, qualora ritenga sussistenti le condizioni di reddito necessarie e sempre che le pretese non appaino manifestamente infondate;
– respingere la domanda: a questo punto l’interessato può riproporla al giudice competente o al Presidente della sezione competente (qualora il processo non sia stato ancora instaurato), che deciderà con decreto.

4. Rinuncia o revoca: come si effettua?


Sia l’avvocato che il cliente hanno diritto a rinunciare alla causa o a revocare il mandato.
Il primo può farlo inviando una raccomandata a/r sia al cittadino sia, per conoscenza, al Consiglio dell’Ordine.
Il secondo, poi, può decidere di cambiare avvocato patrocinante recandosi allo sportello del Consiglio dell’Ordine e chiedendone la sostituzione con un altro, attingendo dal medesimo albo.
Leggi anche l’articolo “Patrocinio a spese dello Stato: ammissione, compensi e revoca. Un raffronto tra normativa e orientamenti giurisprudenziali” 
È inapplicabile al patrocinio a spese dello Stato in materia civile la disciplina prevista per la liquidazione in ambito penale.
Questo è quanto chiarito dalla Corte di Cassazione, sez. II Civile, nell’ordinanza 18 settembre – 29 ottobre 2019, n. 27712.
La pronuncia in esame trae origine dall’opposizione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170, presentata da un avvocato ammesso al gratuito patrocinio avverso la liquidazione del compenso da parte del Giudice procedente, in virtù dell’asserita, inadeguata tassazione operata da quest’ultimo. Il Presidente del Tribunale, con il provvedimento impugnato, aveva rigettato il ricorso, ritenendo legittima la riduzione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 130, del compenso dovuto al professionista così come operata dal Giudice della lite in sede contenziosa, a prescindere dalla liquidazione delle spese a carico dell’avversario risultato poi soccombente nella controversia.

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