Raddoppio del contributo unificato: la normativa è incostituzionale?

Redazione 01/06/16
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Nonostante il dato comune – rappresentato dalla mancata comparizione – tra l’improcedibilità di cui all’art. 348, comma 2, c.p.c., da una parte, e la cancellazione della causa dal ruolo e l’estinzione del processo ai sensi degli artt. 181 e 309 c.p.c., dall’altra, le due fattispecie non sono equiparabili: pertanto, non è ravvisabile alcuna disparità di trattamento. 

Lo ha chiarito la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 120 depositata il 30 maggio 2016.

Il caso.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater, d.P.R. n. 115/2002 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A), introdotto dall’art. 1, comma 17, l. n. 228/2012 (Legge di stabilità 2013) quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis.

Secondo il giudice rimettente, tale previsione, applicabile anche nel caso in cui l’appello sia dichiarato improcedibile ai sensi dell’art. 348, comma 2, c.p.c. per mancata comparizione dell’appellante alla prima udienza ed a quella successiva di cui gli sia stata data comunicazione, realizzerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento – in violazione dell’art. 3 Cost. – rispetto all’ipotesi di cancellazione della causa dal ruolo e conseguente estinzione del processo ai sensi degli artt. 181 e 309 c.p.c..

La decisione.

Le due situazione processuali sono completamente differenti.

Nonostante il dato comune rappresentato dalla mancata comparizione – cui si correla sia l’improcedibilità di cui all’art. 348, comma 2, c.p.c., sia la cancellazione della causa dal ruolo e l’estinzione del processo ai sensi degli artt. 181 e 309 c.p.c. – le due fattispecie non sono infatti equiparabili sotto il profilo dedotto dal rimettente.

Anzitutto, va sottolineato come il regime del raddoppio del contributo unificato accomuni tutti i casi di esito negativo dell’appello, essendo previsto per le ipotesi del rigetto integrale o della definizione in rito sfavorevole all’appellante. In tale categoria rientra l’improcedibilità comminata dall’art. 348, secondo comma, cod. proc. civ., ma non l’ipotesi di cancellazione della causa dal ruolo ed estinzione del processo.

In secondo luogo, come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità (Corte di cassazione, sesta sezione civile, ordinanza 2 luglio 2015, n. 13636, e sentenza 15 settembre 2014, n. 19464), la norma censurata risponde alla ratio, evidente nei casi di reiezione in rito, di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose. Tale ratio non è ravvisabile nella fattispecie di cui all’art. 181 cod. proc. civ., la quale prescinde dalla unilaterale utilizzazione impropria del gravame, ma riguarda soltanto l’omologa condotta omissiva delle parti – alla luce dell’orientamento assolutamente prevalente nella giurisprudenza di legittimità (ex multis, Corte di cassazione, sesta sezione civile, sentenza 12 febbraio 2015, n. 2816), secondo cui la mancata presenza alla prima udienza ed alla successiva dell’appellante e dell’appellato costituito determina la cancellazione della causa dal ruolo e l’estinzione del processo (anziché l’improcedibilità dell’appello) – con la conseguenza che la funzione deterrente riconosciuta alla norma censurata non avrebbe modo di esprimersi.

In conclusione, si evidenzia come il raddoppio del contributo unificato sia previsto a parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle limitate risorse a sua disposizione (Corte di cassazione, sesta sezione civile, sentenza 27 marzo 2015, n. 6280, e ordinanza 13 maggio 2014, n. 10306, nonché Corte di cassazione, terza sezione civile, sentenza 14 marzo 2014, n. 5955) mentre tale inutile dispendio di energie processuali e di correlati costi non caratterizza la fattispecie di cui agli artt. 181 e 309 cod. proc. civ. 

Redazione

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