In materia di proroga del regime detentivo differenziato di cui all’art. 41-bis o.p., come deve essere accertata l’attuale capacità del condannato di mantenere contatti con l’associazione criminale di tipo mafioso.
(Riferimento normativo: L., 26/07/1975, n. 354, art. 41-bis, co. 2-sexies)
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Indice
1. La questione: capacità di mantenere contatti del detenuto al 41-bis
Il Tribunale di sorveglianza di Roma rigettava un reclamo proposto avverso un decreto ministeriale con cui era stata prorogata, per il periodo di due anni, la sua sottoposizione al regime detentivo differenziato previsto dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 41-bis per la prima volta disposta nel 1995.
Ciò posto, avverso questo provvedimento proponeva ricorso per Cassazione il difensore del detenuto, che deduceva i seguenti motivi: 1) violazione di legge per avere il Tribunale di sorveglianza illegittimamente ritenuto la sufficienza, in funzione della proroga, di un giudizio di pericolosità potenziale, fondato sui titoli di condanna e sulla operatività del sodalizio nel territorio e prescindente, invece, dalla dovuta verifica in ordine ad eventuali tentativi di interazione tra il ricorrente e la compagine mafiosa e, comunque, ai comportamenti in concreto da lui serbati; 2) violazione di legge per avere il Tribunale ritenuto, in via (reputata) apodittica, che gli esiti del trattamento penitenziario non costituissero elementi da cui desumere la definitiva recisione del vincolo mafioso senza, in specie, descrivere né indicare quali condotte, da lui legittimamente esigibili, sarebbero rivelatrici dell’effettiva recisione del vincolo mafioso, così precludendo la possibilità di comprendere l’iter logico della decisione ed incorrendo, in ultimo, nella violazione dell’obbligo motivazionale previsto dall’art. 125 c.p.p., comma 3, sottolineandosi al contempo, sul punto, che l’affermazione di persistenza del pericolo di ripresa dei collegamenti con il sodalizio si fondava su un giudizio presuntivo smentito dalla maturata dissociazione, intervenuta all’esito di un lunghissimo e solido percorso trattamentale, scientificamente diretto ed osservato.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
Il ricorso suesposto era considerato non meritevole di accoglimento.
In particolare, gli Ermellini – dopo avere fatto presente che, come da ultimo ricordato da Sez. 1, n. 13258 del 24/02/2023, l’ambito del sindacato devoluto alla Corte di Cassazione, nei casi di applicazione o proroga del regime carcerario differenziato di cui alla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 41-bis, è segnato dal comma 2-sexies, che circoscrive alla violazione di legge l’ambito dei vizi deducibili avverso l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Roma – osservavano come il controllo affidato alla Corte di legittimità si svolga in un perimetro circoscritto che ricomprende, oltre all’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, la mancanza o la mera apparenza di motivazione, riconducendosi in tale vizio, integrante la violazione dell’art. 125 c.p.p., i casi di motivazione graficamente assente o del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità, al punto da essere meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito per ritenere giustificata l’applicazione o la proroga del regime detentivo differenziato (sul punto, cfr. Sez. U, n. 25080 del 28/5/2003, nonché, con riferimento specifico al tema del regime carcerario, Sez. 1, n. 449 del 14/11/2003).
A differenza, pertanto, della verifica demandata al Tribunale di sorveglianza, che è organo di merito, veniva rilevato nella pronuncia qui in commento, la Corte di legittimità ha ridotti margini di intervento, non potendo trovare ingresso ragioni di censura afferenti al materiale probatorio, alla correttezza della sua valutazione, al rigore logico del procedimento inferenziale che ha condotto alla decisione ovvero a profili di illogicità o contraddittorietà della motivazione, e dovendo, invece, esso esplicarsi, in ordine alla legalità della decisione impugnata, in relazione ai parametri normativi che regolano il procedimento e la materia ed alla presenza di una motivazione reale ed effettiva, tenuto conto altresì del fatto che tale limite al sindacato di legittimità comporta, inoltre, l’impossibilità di stigmatizzare l’omessa enunciazione delle ragioni per le quali il Tribunale non abbia ritenuto rilevanti taluni argomenti o la documentazione difensiva, sempre che i dati posti a fondamento della decisione siano sufficienti a sostenerla e non risultino intrinsecamente apparenti o fittizi (Sez. 1, n. 37351 del 06/05/2014).
Chiarito ciò, in materia, più specificamente, di proroga del regime detentivo differenziato di cui all’art. 41-bis o.p., gli Ermellini notavano come l’accertamento dell’attuale capacità del condannato di mantenere contatti con l’associazione criminale di tipo mafioso, da svolgere tenendo conto dei parametri indicati in termini non esaustivi dal comma 2-bis della norma citata, si sostanzi in un ponderato apprezzamento di merito involgente tutti gli elementi, non necessariamente sopravvenuti, rivelatori della permanenza delle condizioni di pericolo già in origine poste a fondamento del suddetto regime (Sez. 1, n. 2660 del 09/10/2018), che non devono essere dimostrate in termini di certezza, essendo necessario e sufficiente che la capacità di mantenere i collegamenti di cui sopra e la sua attualità possano essere ragionevolmente ritenute probabili sulla scorta dei dati conoscitivi acquisiti (Sez. 1, n. 20986 del 23/06/2020).
Orbene, alla stregua di tali coordinate ermeneutiche, i giudici di piazza Cavour ritenevano come il Tribunale di sorveglianza capitolino avesse compiuto una valutazione ineccepibile della posizione del ricorrente, che era stata esaminata alla luce delle note informative trasmesse dalle Direzioni Distrettuali Antimafia di Palermo e Firenze, dalla Direzione Investigativa Antimafia, dalla Direzione Nazionale Antimafia, dal Ministero dell’Interno e dal Comando Generale dei Carabinieri e, dunque, l’ordinanza impugnata appariva, a loro avviso, rispettosa, tanto delle risultanze processuali, quanto dei parametri, sopra richiamati, affermati dalla giurisprudenza di legittimità.
Il Supremo Consesso, pertanto, rigettava il ricorso e condannava il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
3. Conclusioni: i parametri per l’accertamento
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito come deve essere accertata, in materia di proroga del regime detentivo differenziato di cui all’art. 41-bis o.p., l’attuale capacità del condannato di mantenere contatti con l’associazione criminale di tipo mafioso.
Difatti, in questa pronuncia, dopo essere stati individuati i perimetri ermeneutici, entro i quali la Cassazione può sindacare la legittimità del provvedimento con cui viene applicato o prorogato il regime carcerario differenziato, si afferma, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che l’accertamento dell’attuale capacità del condannato di mantenere contatti con l’associazione criminale di tipo mafioso, da svolgere tenendo conto dei parametri indicati in termini non esaustivi dal comma 2-bis della norma citata, si deve sostanziare in un ponderato apprezzamento di merito involgente tutti gli elementi, non necessariamente sopravvenuti, rivelatori della permanenza delle condizioni di pericolo già in origine poste a fondamento del suddetto regime, che non devono essere dimostrate in termini di certezza, essendo necessario e sufficiente che la capacità di mantenere i collegamenti di cui sopra e la sua attualità possano essere ragionevolmente ritenute probabili sulla scorta dei dati conoscitivi acquisiti.
Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione al fine di appurare se siffatto accertamento sia stato correttamente compiuto (o meno).
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere che positivo.
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