Permane la giurisdizione italiana in caso di fallimento di società trasferita all’estero

Redazione 11/10/11
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A precisarlo sono le Sezioni Unite della Corte di cassazione (ord. n. 20144 del 3 ottobre 2011).

I giudici di legittimità hanno ipotizzato nel caso di specie che il trasferimento della sede della società fosse fittizio, dando importanza ad una serie di elementi.

In primo luogo hanno evidenziato che c’era stato un doppio trasferimento, essendo stata prevista la collocazione della sede legale della società in uno Stato degli U.S.A., il Delaware, e della sede operativa in Gran Bretagna. Al trasferimento negli Stati Uniti non aveva fatto seguito, quindi, né l’effettivo esercizio di attività imprenditoriale nella nuova sede né lo spostamento presso di essa del centro dell’attività direttiva, amministrativa ed organizzativa dell’impresa.

Inoltre, il trasferimento della sede legale negli U.S.A. era stato deliberato ed effettivamente eseguito in un’epoca quanto mai vicina alla presentazione delle istanze di fallimento, quando, cioè, la situazione di insolvenza era già ampiamente in atto.

Pertanto i giudici hanno supposto che si trattasse di un espediente posto in essere in vista della probabile apertura della procedura di insolvenza, piuttosto che di una scelta reale, dettata da effettive ragioni imprenditoriali.

Quindi, uniformandosi ai principi espressi anche dalle sezioni semplici, le sezioni unite della Cassazione hanno ribadito che in questi casi permane la giurisdizione del giudice italiano a dichiarare il fallimento della società la quale ha avuto in Italia prima del (meramente formale) trasferimento, la propria sede legale (Lucia Nacciarone).

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