Particolare tenuità del fatto: rapporti con il reato continuato

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Approfondimento sull’istituto della particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p. e dei suoi rapporti con il reato continuato.

Volume consigliato: Le riforme della giustizia penale

Indice

1. Inquadramento generale e ratio dell’istituto

L’art.131 bis c.p. prevede l’istituto della non punibilità del fatto per i reati che prevedono una pena detentiva che nel minimo non superi i due anni quando per la modalità della condotta criminosa, l’esiguità del danno o del pericolo, in considerazione della condotta successiva l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento non è abituale. In sostanza con l’istituto in commento, il legislatore ha voluto attenuare la risposta sanzionatoria a reati arrechino una minor offesa al bene giuridico tutelato, con l’intento di deflazionare il processo e consentire al soggetto agente un recupero sociale, tenendolo di conseguenza lontano dal carcere.
Per avere un quadro unitario delle varie riforme che si sono susseguite nel diritto e nella procedura penale e, quindi, della complessiva normativa vigente, si consiglia il seguente volume.

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Le Riforme della Giustizia penale

In questa stagione breve ma normativamente intensa sono state adottate diverse novità in materia di diritto e procedura penale. Non si è trattato di una riforma organica, come è stata, ad esempio, la riforma Cartabia, ma di un insieme di interventi che hanno interessato vari ambiti della disciplina penalistica, sia sostanziale, che procedurale.Obiettivo del presente volume è pertanto raccogliere e analizzare in un quadro unitario le diverse novità normative, dal decreto c.d. antirave alla legge per il contrasto della violenza sulle donne, passando in rassegna anche le prime valutazioni formulate dalla dottrina al fine di offrire una guida utile ai professionisti che si trovano ad affrontare le diverse problematiche in un quadro profondamente modificato.Completano la trattazione utili tabelle riepilogative per una più rapida consultazione delle novità.Antonio Di Tullio D’ElisiisAvvocato iscritto presso il Foro di Larino (CB), giornalista pubblicista e cultore della materia in procedura penale. Referente di Diritto e procedura penale della rivista telematica Diritto.it. Membro del comitato scientifico della Camera penale di Larino. Collaboratore stabile dell’Osservatorio antimafia del Molise “Antonino Caponnetto”. Membro del Comitato Scientifico di Ratio Legis, Rivista giuridica telematica.

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2. Particolare tenuità dell’offesa

L’inoffensività e la particolare tenuità del fatto sono concetti non sovrapponibili, dal momento che l’inoffensività esclude il reato ex art.49 cp, mentre la tenuità del fatto, come detto, gradua la risposta punitiva dell’ordinamento in relazione alla ridotta offensività del bene giuridico tutelato dalla norma.
L’istituto in commento prima di essere disciplinato, in via generale, dal legislatore nel 2015, aveva dei suoi riferimenti nella disciplina delle circostanze attenuanti.
Invero in tal senso vi è la disposizione di cui all’art.62 cp. n. 4 comma 1, che prende in considerazione i delitti contro il patrimonio o che offendono il patrimonio. In questi casi la risposta punitiva è attenuata in considerazione del fatto che è stato arrecato un danno patrimoniale di speciale tenuità, o il lucro conseguito è di particolare tenuità.
Altre fattispecie penali in cui l’ordinamento attenua la risposta sanzionatoria sono previste nella parte speciale all’art. 311 cp nell’ambito dei delitti contro lo Stato in cui si ha una diminuzione di pena, se per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto  risulti di lieve entità.
Analoga previsione è prevista in relazione ad alcuni reati nei confronti della P.A. ex art.323 bis cp., in cui il fatto commesso dal reo sia di particolare tenuità.
Nel 2015 il nostro legislatore disciplina la particolare tenuità del fatto con una norma di carattere generale, che a differenza delle ipotesi sopra esposte, incentra l’attenzione sulla tenuità dell’offesa e non al fatto costituente reato.
In sostanza il legislatore per attenuare la risposta sanzionatoria prende in considerazione tre elementi: la condotta durante l’azione, il danno o pericolo, e la condotta susseguente al reato per configurare la tenuità dell’offesa sul presupposto che il comportamento del reo non sia abituale.

3. Ambito di esclusione della causa di non punibilità

Il legislatore prevede espressamente le ipotesi in cui si esclude la particolare tenuità dell’offesa, anche in questo caso incentrando la sua attenzione sulle modalità della condotta, nonché alla gravità delle conseguenze del reato, come nel caso di morte o lesione gravissima della persona offesa, o in presenza di specifici reati espressamente indicati dal 131 bis cp, comma 3 ai nn.ri 1,2,3 e 4.
In ogni caso la causa non punibilità è esclusa quando il comportamento è abituale, ovvero in presenza di reati della stessa indole, vale a dire in presenza di reati della stessa specie che seppur previsti da norme diverse, presentano caratteri fondamentali comuni, come nel caso della recidiva specifica ex art.99 cp, comma 2 n.1: si tratta delle ipotesi in cui il reo sia processato per un reato della stessa indole, o di quello per cui abbia già riportato una condanna definitiva.
Va pur rilevato, che il rapporto tra comportamento abituale, ai fini della particolare tenuità e la recidiva, agiscono su piani completamente differenti. Invero la recidiva ha per oggetto le condotte pregresse, mentre il comportamento è abituale in quanto tiene in considerazione anche le condotte assunte successivamente al reato per cui si procede: di solito si tengono in considerazione altri due reati successivi oltre quello per il quale si procede.

4. Compatibilità tra particolare tenuità e reato continuato

La particolare tenuità è esclusa in presenza di reato che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.
Ci si è chiesto se le condotte in parola siano compatibili in presenza di un reato continuato.
Il reato continuato è stato disciplinato dal legislatore in un’ottica di favor rei prevedendo una riduzione di pena per il soggetto agente quando questo abbia commesso una pluralità di reati in esecuzione di un unico disegno criminoso.
Ora per un primo orientamento della Cassazione la compatibilità tra i due istituti è esclusa in considerazione della natura plurivoca della condotta ai fini dell’applicabilità dell’art.131 bis cp. Vale a dire che la disciplina favorevole della tenuità e’esclusa, in considerazione del del fatto che il reato continuato ha ad oggetto una condotta plurima, abituale e reiterata.
Successivamente la stessa Cassazione ha invertito la rotta , ritenendo la compatibilità tra i due istituti se la condotta del reo, sebbene plurima, reiterata e abituale, fosse stata assunta in un unico contesto spazio – temporale e il fatto in se è occasionale.
In sostanza la ritenuta compatibilità tra le due figure giuridiche in commento è basata sulla non serialità delle condotte che siano espressive di una tendenza o inclinazione al crimine (occasionalità della condotta) unitamente alla ridotta lesività del bene giuridico protetto.

5. Natura giuridica dell’istituto ex art. 131-bis c.p.

Sulla natura giuridica dell’istituto si sono contrapposti due orientamenti.
Il primo orientamento il 131 bis cp avrebbe natura giuridica sostanziale prevedendo una causa di non punibilità in senso stretto, sia pure con profili di risarcibilità per gli aspetti civilistici dell’offesa tenue.
Per il contrapposto orientamento orientamento l’istituto in parola, avrebbe natura processuale prevedendo una condizione di improcedibilità con l’emissione di una sentenza di non luogo a procedere per particolare tenuità del fatto e non di assoluzione.
Ultimamente la Cassazione ha ritenuto la “natura ibrida”  della causa di non punibilità, che ne conferma da una lato la natura sostanziale di causa di esclusione della punibilità evidenziando allo stesso tempo la valenza processuale di causa di improcedibilità.

6. Limiti edittali della pena: intervento della Corte Costituzionale

Nella versione originaria, l’art.131 bis cp. veniva applicato con pena detentiva nel massimo non superiore ad anni cinque, non tenendo conto, delle circostanze, salvo che per quelle autonome e quelle speciali sottratte al bilanciamento ex art.69 cp comma 4. In sostanza si teneva conto della sola pena base salvo le eccezioni afferenti la natura delle circostanze.
Nel tempo, tuttavia, si sono succedute più questioni di legittimità costituzionale della norma poiché, dinnanzi a reati diversi, offensivi dello stesso bene, è stata prevista l’applicazione favorevole solo in relazione al massimo grado di offensività della condotta (limite massimo di pena non superiore ai 5 anni), non tenendo in alcun conto dell’offensività minima (limite minimo di pena), espressa con limiti edittali differenti.
Ad esempio tra il reato di riciclaggio e quello di furto vi è una disparità di trattamento sanzionatorio 7nel minimo. Invero il primo reato prevede una pena nel minimo di sei mesi, mentre nel riciclaggio il minimo è di 15 giorni, esprimendo di conseguenza un disvalore differente.
Alla luce di tale differenziazione la Corte Costituzionale ha ravvisato l’illegittimità costituzionale dell’art.131 bis cp, laddove non prevede un limite generale, valevole per tutti i reati, al di sotto del quale l’istituto è applicabile, a prescindere dalla pena detentiva massima.
Il legislatore recependo le censure della Corte Costituzionale, ha ancorato l’applicazione della norma alla pena detentiva “non superiore nel minimo a due anni”, non dovendo più aversi riguardo alla pena detentiva stabilita nel massimo.
In sintesi con l’intervento della Corte si è avuto un allineamento tra i reati che nel minimo edittale esprimono un disvalore differente tra loro, con annullamento della disparità di trattamento sol perché nel massimo della pena, prima, superavano la misura fissa stabilita dal legislatore, venendo, di conseguenza, sottratti alla disciplina favorevole dell’art.131 bis cp.

Francesco Piscopo

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