Obbligo vaccinale a metà, inefficacia del sistema sanzionatorio e possibilità di un eventuale risarcimento del danno

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L’inizio della fase vaccinale in Europa, avviata circa un anno fa, ha visto un momento di crisi in occasione della quarta ondata, resa più insidiosa dalla nuova variante omicron, che ha colpito tutto il pianeta facendo registrare un’impennata del contagio con numerose vittime e la saturazione dei reparti ospedalieri ordinari e di terapia intensiva. Con decreto legge n.172/2021 il Governo ha istituito il c.d. super green pass per cercare di frenare il numero crescente di contagi, ma constatata l’inefficacia della misura adottata, con decreto legge n.1 del 7 gennaio 2022, ha dato vita ad un obbligo vaccinale parziale, le cui misure sanzionatorie appaiono inadeguate e che, secondo alcuni autori, potrebbe determinare una responsabilità civile per risarcimento del danno o indennizzo in caso di effetti collaterali avversi.

Indice

1. Premessa: la fase vaccinale della pandemia da covid-19 e lo stravolgimento determinato dalla variante Omicron


In Italia,   il 31 gennaio 2020, il Consiglio dei Ministri ha ufficializzato, lo stato di emergenza, per sei mesi dalla data del provvedimento, al fine di consentire l’emanazione delle necessarie ordinanze di Protezione civile, in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico; ha deliberato, inoltre, lo stanziamento dei fondi necessari per dare attuazione alle misure precauzionali derivanti dalla dichiarazione di emergenza internazionale effettuata dall’O.M.S. Il provvedimento è stato prorogato sino al 31 dicembre 2021 dall’art. 6 del decreto legge n.105/2021 e con decreto legge 24 dicembre 2021, n. 221 lo stato di emergenza è stato rinnovato sino al 31 marzo 2022.[1] La campagna vaccinale è stata avviata in Europa il 27 dicembre 2020, data che rappresenta un momento simbolico scelto dall’Europa per condividere il tentativo della fine dell’epidemia.[2] Con la somministrazione delle prime dosi del vaccino Pfizer Biontech, poi seguito da quello Moderna, AstraZeneca, Johnson & Johnson, seguendo tutte le fasi della sperimentazione clinica e autorizzata dall’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) e dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) uno spiraglio di luce sembrava intravedersi in fondo al tunnel che il mondo intero percorreva ormai da circa un anno. La campagna vaccinale si è ripromessa, poi, di effettuare la terza dose entro cinque mesi dalle precedenti, poi divenuti quattro, ed è stato approvato un nuovo vaccino nel tentativo di contrastare la nuova variante omicron (novavax). E’ stato quindi pubblicato il decreto-legge 23 luglio 2021, n. 105, convertito con legge 16 settembre 2021, n. 126, recante: “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e per l’esercizio in sicurezza di attività’ sociali ed economiche” e sono state individuate attività e ambiti accessibili solo se in possesso di green pass.[3] Successivamente, con decreto legge n. 172 del 26 novembre 2021 sono state disposte “Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da covid-19 e per lo svolgimento in sicurezza delle attività economiche e sociali”.[4] Infine, con decreto legge n. 1 del 7 gennaio 2022, sono state adottate “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza COVID-19, in particolare nei luoghi di lavoro, nelle scuole e negli istituti della formazione superiore”.

2. Il c.d. super green pass di cui al decreto legge n.172/2021: il primo passo verso l’obbligo vaccinale


Il decreto legge n.172 del 26 novembre 2021 prevede che il c.d.super green pass, in vigore dal 6 dicembre al 15 gennaio 2022, sarà indispensabile, anche in zona bianca, per accedere liberamente a cinema, strutture alberghiere, teatri, palestre, impianti sciistici, bar e ristoranti. La certificazione verde rinforzata verrà rilasciata unicamente in caso di avvenuta vaccinazione o guarigione dal Covid-19, mentre il tampone, antigenico e molecolare, sarà depotenziato divenendo efficace solo per recarsi al lavoro. Viene prevista, anche, la riduzione della validità del green pass da 12 a 9 mesi (ora sei mesi). La vaccinazione obbligatoria viene estesa anche al personale amministrativo della sanità e della scuola, militari, forze di polizia e soccorso pubblico.[5] Il provvedimento, approvato all’unanimità, introduce, in via transitoria, il super green pass, ovvero, lo strumento che il governo ha deciso di mettere in campo per contrastare la nuova ondata di contagi da Covid-19 alimentata dalla nuova variante omicron. Il Governo ha adottato questa misura per incentivare e rilanciare le vaccinazioni così da scongiurare eventuali restrizioni e chiusure che deprimerebbero ulteriormente i consumi. Sono quattro gli ambiti che tocca il precedente decreto: il primo riguarda l’obbligo, vigente per personale sanitario e chi lavora nelle RSA, anche il personale non sanitario che lavora nel comparto salute, le forze dell’ordine e tutto il personale scolastico; l’estensione dell’obbligo riguarda anche il richiamo booster per il personale sanitario. Il secondo intervento riguarda l’ampliamento della sfera di utilizzo del green pass base estendendone l’obbligo di esibizione alle strutture ricettive, al trasporto ferroviario regionale e interregionale e a trasporto pubblico. Il terzo, atteso intervento, riguarda proprio l’introduzione del super green pass ed infine, il quarto ambito, concerne l’inasprimento dei controlli. La differenza principale tra super green pass e green pass risiede nella vaccinazione: il primo è rilasciato a chi ha completato almeno il ciclo di vaccinazione primario (due dosi, una nel caso di Johnson&Johnson); il secondo invece è riservato a chi ha solo effettuato un tampone negativo. Il super green pass, dal 6 dicembre, è stato rilasciato unicamente in caso di avvenuta vaccinazione o guarigione dal Covid-19. Il certificato verde rinforzato ha consentito l’ingresso a strutture alberghierecinema, teatri, palestreimpianti sciistici, bar e ristoranti, mentre, i tamponi hanno mantenuto la propria efficacia solo per accedere al lavoro e alle attività giudicate essenziali. Qualora dovesse mutare l’andamento cromatico delle regioni, muovendo da zona bianca a zona gialla o arancione, le capienze di stadi (75%), cinema, teatri (100%) e discoteche (75% all’aperto e 50% al chiuso) resteranno immutate per i possessori del super green pass. Questa misura sta per essere rivista a causa dell’incremento abnorme dei contagi. E’ stato, in concreto, introdotto dal provvedimento una sorta di doppio binario che impone evidenti limitazioni, alla vita sociale, per i possessori del normale green pass e che facilita e incentiva, invece, le immunizzazioni. Il vecchio green pass (ormai depotenziato), che è possibile generare soltanto con un tampone negativo, era necessario, secondo quanto stabilito al comma 3 dell’art. 4 del decreto, per servirsi del trasporto ferroviario regionale e del trasporto pubblico locale, per soggiornare in albergo e doveva essere esibito per accedere agli spogliatoi per lo svolgimento di attività sportiva anche all’aperto. L’introduzione del super green pass non ha attenuato le misure restrittive in vigore. Permangono, quindi, i protocolli e le norme riguardanti il distanziamento sociale e l’obbligo di indossare le mascherine al chiuso, anche nei luoghi in cui si accede solamente se immunizzati. Le nuove misure rappresentano un segnale di apprezzamento per gli oltre 45 milioni di italiani che hanno aderito alla campagna vaccinale e un incentivo, pertanto, per coloro che, per il momento, hanno scelto di non vaccinarsi. La vaccinazione obbligatoria dal 15 dicembre, è stata estesa dall’art. 2 del decreto, anche al personale scolastico del sistema nazionale di istruzione e delle altre istituzioni scolastiche, al personale del comparto della difesa, sicurezza e soccorso pubblico, della polizia locale, del personale amministrativo della sanità, personale che svolge a qualsiasi titolo la propria attività alle dipendenze del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria.  In caso di inadempimento scatterà immediata la sospensione dall’attività lavorativa, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Il decreto, in buona sostanza, adotta misure analoghe a quelle in vigore per il personale sanitario anche alle altre categorie interessate, in virtù del nuovo provvedimento, dall’obbligo vaccinale. Nei casi in cui non verrà dimostrata la vaccinazione (prima dose o booster) i responsabili dei vari settori coinvolti inviteranno i lavoratori a provvedere all’immunizzazione entro venti giorni. E ancora, accertata la mancata vaccinazione, scatterà la sospensione dal diritto di svolgere l’attività lavorativa; durante l’intero periodo di sospensione, non saranno dovuti la retribuzione né tantomeno altro compenso o emolumento. Il decreto legge, poi, all’art. 3 conferma la riduzione della validità del green pass da 12 a 9 mesi (ora sei) a far data dal completamento del ciclo vaccinale primario. Il richiamo booster della terza dose, da metà dicembre, è diventato obbligatorio per il personale sanitario per cui già vigeva l’obbligo vaccinale. Il provvedimento, per i sanitari non vaccinati, stabilisce ancora che non sarà più possibile, da parte del datore di lavoro, “essere adibiti a mansioni diverse”. Il richiamo per la terza dose è, inoltre, anticipato e avverrà non più a sei mesi di distanza dalla seconda dalla seconda dose, ma già dopo cinque mesi; l’indicazione, formalizzata dall’AIFA, è già stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale. La durata dei tamponi, uno dei tre metodi che permettono di ottenere il green pass base, è rimasta invariata, ovvero, per i tamponi molecolari 72 ore, mentre per i tamponi antigenici 48 ore. Si amplierà ai maggiori di età, dal 1° dicembre 2021, inoltre, la platea dei soggetti che potranno effettuare la dose di richiamo sino ad oggi limitata, come noto, agli over 40 anni. La vaccinazione ai minori da cinque a undici anni, non obbligatoria, è stata avviata dal 17 dicembre 2021. Alla stretta per i non vaccinati o guariti, corrisponderà un più generale irrigidimento dei controlli. L’art. 7 del decreto interviene aggiornando e rafforzato il sistema delle verifiche: entro 3 giorni dall’entrata in vigore del decreto legge, i Prefetti hanno sentito il Comitato provinciale ordine e sicurezza, ed entro 5 giorni hanno adottato un nuovo piano di controlli coinvolgendo tutte le forze di polizia e relazionando poi periodicamente al Ministero dell’Interno. A tale Proposito lo stesso Ministro ha tenuto in data 29 novembre 2021 una riunione in videoconferenza con tutti i Prefetti della Repubblica per pianificare i controlli. Tuttavia, come riconosciuto dal Ministro, non possono sottacersi le difficoltà derivanti dalla carenza degli organici delle Forze dell’Ordine, senza considerare la creazione di continui focolai derivanti dagli assembramenti illegali dei manifestanti “no vax” e “no green pass” cui ancora, nonostante gli evidenti danni alla salute ed alle categorie commerciali, non si è riusciti a porre rimedio. Deve, purtroppo, rilevarsi che, allo stato, i controlli effettuati sono stati del tutto insufficienti e si sono limitati ad una pratica burocratica di invio da parte dei Prefetti al Ministero dell’Interno di una relazione settimanale sui controlli effettuati, senza alcun sostanziale intervento, come può rilevarsi, tra l’altro, dalla circostanza che nelle strade italiane un gran numero di cittadini ha continuato a camminare senza mascherina e senza il rispetto del distanziamento.

3. Il decreto legge n. 1 del 7 gennaio 2022


Venendo preliminarmente ad esaminare i profili di legittimità costituzionale dell’obbligo vaccinale, si osserva che nel nostro ordinamento deve essere rispettato il principio sancito dall’art. 32 della Costituzione, in base al quale “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.[6] La difesa di questo principio ha determinato negli ultimi due anni l’adozione di provvedimenti eccezionali, ma necessari nella lotta alla pandemia. L’art. 32 della Costituzione, quindi, si è prepotentemente imposto quale ulteriore ed invalicabile limite cui vanno soggette tutte le altre situazioni soggettive meritevoli di protezione rafforzata, in questo momento di rischio di contaminazione senza precedenti nel nostro Paese.[7] Non vi sono dubbi, quindi, sulla preminenza che la Costituzione riconosce al diritto alla salute, tale da giustificare compressioni di altri interessi pubblici ugualmente meritevoli di tutela. In una situazione di emergenza epidemiologica quale quella attuale, le limitazioni alle altre libertà e ai diritti inviolabili sembrano tanto più giustificate ed accettabili, stante l’importanza preminente della salute pubblica, ex art. 32 della Carta Costituzionale. Resta inteso, però, che le misure restrittive devono promanare da autorità aventi un potere di intervento riconosciuto da norme sottoposte al necessario vaglio del Parlamento, anche in sede di conversione di atti con forza di legge dell’esecutivo, come nel caso in esame. Già in passato, muovendo dalla presenza dell’aggettivo fondamentale nel solo art. 32 Cost., autorevolissima dottrina ha sostenuto la prevalenza del diritto individuale e dell’interesse collettivo alla salute su tutti gli altri diritti e interessi consacrati nel testo costituzionale. Simile collocazione dell’art. 32, tuttavia, parrebbe anzitutto stridere con la necessità di procedere nell’interpretazione costituzionale a “una valutazione sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro”[8]. Il conflitto in questione, in effetti, sarebbe irriducibile se l’ordinamento non scegliesse quale interesse ritenere prevalente, sebbene non in maniera totale ed assoluta, ossia negando agli altri interessi in gioco adeguata protezione.[9] Infine, questione non trascurabile, è quella di definire se il secondo comma dell’art. 32 realizzi un’ipotesi di riserva materiale o formale. Infatti, la norma recita: “[…] Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Infatti, se si trattasse di riserva di legge formale, nella materia potrebbe intervenire solo la legge ordinaria del parlamento, mentre non possono farlo atti aventi forza di legge, come decreti legge o decreti legislativi, del governo.[10] Di fatto, poi, le materie disciplinate da riserva di legge formale sono quelle coperte da riserva di assemblea.[11] La riserva di legge formale è tipica dei casi in cui si vuole riservare al solo parlamento la possibilità di adottare un determinato atto, ed è dunque soprattutto utilizzata per quanto riguarda gli atti autorizzatori dell’assemblea. Basti pensare alla legge di bilancio, la cui natura è sottolineata dalla stessa Costituzione all’art. 81 della Costituzione. La stessa ratio impone di considerare riserva di legge formale la conversione di decreti legge, così come la delega della funzione legislativa nel caso di adozione di decreti legislativi. Se non fosse imposta una simile riserva, si potrebbe in questi casi procedere con atti aventi forza di legge, falsando in modo inaccettabile la natura dei rapporti tra l’esecutivo e il legislativo. Tuttavia, si ritiene che nel caso in esame, l’andamento incontrollabile e vorticoso della pandemia derivante dal diffondersi del covid-19 consenta l’adozione, nel caso di obbligo vaccinale, di una riserva di legge materiale che potrebbe quindi realizzarsi anche con lo strumento del decreto legge. In questa prospettiva, lo scorso 5 gennaio il Consiglio dei Ministri, ha approvato un decreto-legge che introduce “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza COVID-19, in particolare nei luoghi di lavoro e nelle scuole”. Il testo, come riferisce lo stesso comunicato stampa del governo, mira a “rallentare” la curva di crescita dei contagi relativi alla pandemia e a fornire maggiore protezione a quelle categorie che sono maggiormente esposte e che sono a maggior rischio di ospedalizzazione. Il testo introduce l’obbligo vaccinale per tutti coloro che hanno compiuto i 50 anni. Per i lavoratori pubblici e privati con 50 anni di età sarà necessario il green pass rafforzato per l’accesso ai luoghi di lavoro a far data dal 15 febbraio prossimo. Senza limiti di età, l’obbligo vaccinale è esteso al personale universitario così equiparato a quello scolastico. Inoltre, è esteso l’obbligo di green pass cosiddetto ordinario a coloro che accedono ai servizi alla persona e inoltre a pubblici uffici, servizi postali, bancari e finanziari, attività commerciali fatte salve eccezioni che saranno individuate con atto secondario per assicurare il soddisfacimento di esigenze essenziali e primarie della persona. Al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, l’obbligo vaccinale per la prevenzione dell’infezione da Sars-CoV-2, si applica ai cittadini italiani e di altri Stati membri dell’Ue residenti nel territorio dello Stato, nonché ai cittadini stranieri che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età”. È con queste parole che il decreto legge introduce, all’articolo 1, l’obbligo vaccinale per tutti gli over 50. L’obbligo sarà in vigore fino al 15 giugno 2022.[12] Il provvedimento prevede l’esenzione (o il differimento) dall’obbligo “in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale o dal medico vaccinatore, nel rispetto delle circolari del ministero della Salute in materia di esenzione dalla vaccinazione anti Sars-CoV-2. Per chi sia immunizzato per aver contratto la malattia, l’obbligo è solo rinviato: secondo il testo “l’avvenuta immunizzazione a seguito di malattia naturale, comprovata dalla notifica effettuata dal medico curante determina il differimento della vaccinazione”. Sempre l’articolo 1 dispone un’estensione dell’impiego dei certificati vaccinali e di guarigione sui luoghi di lavoro. In pratica, a partire dal 15 febbraio 2022, i lavoratori pubblici e privati, compresi i lavoratori in ambito giudiziario e i magistrati, che abbiano compiuto 50 anni, per andare al lavoro dovranno esibire il super green pass, che si ottiene con il vaccino o con la guarigione dal Covid. I lavoratori ultracinquantenni che si presenteranno sul posto di lavoro senza essere muniti di super green pass saranno considerati “assenti ingiustificati, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro, fino alla presentazione” del certificato verde. L’accesso ai luoghi di lavoro senza certificato che attesti vaccino o guarigione è “vietato” e chi non rispetta il divieto subirà una sanzione amministrativa tra 600 e 1.500 euro.  Il decreto legge introduce anche l’obbligo di vaccino per gli over 50 (con una sanzione di 100 euro per chi non si vaccina). Il provvedimento varato dal Consiglio dei ministri regola, all’articolo 2, l’estensione dell’impiego dei certificati vaccinali e di guarigione. In sintesi, fino al 31 marzo 2022, per accedere ai “servizi alla persona” come il parrucchiere, ma anche per “pubblici uffici, servizi postali, bancari e finanziari, attività commerciali, fatte salve quelle necessarie per assicurare il soddisfacimento di esigenze essenziali e primarie della persona” basterà essere in possesso del green pass base, quello che si ottiene anche con il tampone, oltre che per vaccino o guarigione. In base all’articolo 3 del decreto legge tutte le imprese, indipendentemente dal numero dei dipendenti, potranno sostituire i lavoratori sospesi perché sprovvisti di certificazione verde Covid. Il provvedimento estende infatti la misura inizialmente prevista per le Pmi fino a 15 dipendenti. La sostituzione rimane di “10 giorni rinnovabili fino al 31 marzo 2022, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del posto di lavoro per il lavoratore sospeso”. Secondo Lab24, nella fascia anagrafica 50-59 anni le persone che non hanno ricevuta alcuna dose di vaccino sono poco più di un milione (1.070.076), in quella tra 60 e 69 sono oltre 650mila (651.864), nella fascia 70-79 sono 391.533 e tra gli over 80 sono oltre 185mila (185.568). Sommando queste cifre si delinea una platea di quasi due milioni e 300mila persone (2.299.041) che sarebbero interessate dalla nuova stretta sugli over 50.


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4. L’inefficacia del sistema sanzionatorio previsto


Il governo ha ritenuto che l’unico eventuale strumento sanzionatorio possibile in caso di violazione dell’obbligo vaccinale sia quello di natura amministrativa, come previsto in Austria. Infatti, l’adozione di sanzioni penali ingolferebbe il lavoro delle Procure della Repubblica e della polizia giudiziaria, sfociando presumibilmente in dichiarazioni di prescrizione o di improcedibilità, così come previsto dalla legge 27 settembre 2021, n. 134 (c.d. legge Cartabia). L’art. 4-quinquies, al comma 6, prevede che la sanzione è irrogata dal Prefetto e si applicano per quanto non stabilito dallo stesso comma, le disposizioni delle sezioni I e II  del capo I  della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Il codice della depenalizzazione), in quanto compatibili. Per le violazioni relative ai luoghi di lavoro, la sanzione amministrativa, come detto, è stabilita nel pagamento di una somma da euro 600 a euro 1500 e restano ferme le conseguenze disciplinari secondo i rispettivi ordinamenti di settore. Ma non può neanche ignorarsi che anche l’adozione di sanzioni amministrative andrà incontro a gravi difficoltà, perché gli uffici depenalizzazione delle Prefetture, già ingolfate dai ricorsi per il Codice della Strada e per gli assegni a vuoto, non sono in grado di esaminare tempestivamente i probabili numerosi gravami. Analogo discorso vale per gli Uffici dei Giudici di Pace. Si ritiene, pertanto, indispensabile rafforzare i competenti uffici della Prefettura con selezioni per l’assunzione a tempo determinato di funzionari e operatori, come avvenuto di recente per far fronte alla sanatoria dei lavoratori irregolari, italiani e stranieri. Inoltre, dovrebbe essere previsto un sistema cautelare celere di sequestro preventivo di beni mobili ed immobili, che però potrebbe presentare dubbi di legittimità costituzionale. Diversa è la procedura prevista dall’art. art. 4 – sexies in caso di inosservanza dell’obbligo vaccinale di cui all’articolo 4 – quater, in quanto si applica la sanzione amministrativa pecuniaria di euro cento in uno dei seguenti casi:
a) soggetti che alla data del 1° febbraio 2022 non abbiano iniziato il ciclo vaccinale primario;
b) soggetti che a decorrere dal 1° febbraio 2022 non abbiano effettuato la dose di completamento del ciclo vaccinale primario nel rispetto delle indicazioni e nei termini previsti con circolare del Ministero della salute;
c) soggetti che a decorrere dal 1° febbraio 2022 non abbiano effettuato la dose di richiamo successiva al ciclo vaccinale primario entro i termini di validità delle certificazioni verdi COVID-19 previsti dall’articolo 9, comma 3, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87.
La novità del provvedimento consiste nel fatto che l’irrogazione della sanzione  è effettuata dal Ministero della salute per il tramite dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, che vi provvede, sulla base degli elenchi dei soggetti inadempienti all’obbligo vaccinale periodicamente predisposti e trasmessi dal medesimo Ministero, anche acquisendo i dati resi disponibili dal Sistema Tessera Sanitaria  sui soggetti assistiti dal Servizio Sanitario Nazionale vaccinati per COVID-19, nonché su quelli per cui non risultano vaccinazioni comunicate dal Ministero della salute al medesimo sistema e, ove disponibili, sui soggetti che risultano esenti dalla vaccinazione. Per tale finalità, il Sistema Tessera Sanitaria è autorizzato al trattamento delle informazioni su base individuale inerenti alle somministrazioni, acquisite dall’Anagrafe Nazionale Vaccini ai sensi dell’articolo 3, comma 5 – ter , del decreto-legge 14 gennaio 2021, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 marzo 2021, n. 29, nonché al trattamento dei dati relativi agli esenti acquisiti secondo le modalità definite con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 9 – bis , comma 3, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87. Successivamente, il Ministero della salute, avvalendosi dell’Agenzia delle entrate-Riscossione comunica ai soggetti inadempienti l’avvio del procedimento sanzionatorio e indica ai destinatari il termine perentorio di dieci giorni dalla ricezione, per comunicare all’Azienda sanitaria locale competente per territorio l’eventuale certificazione relativa al differimento o all’esenzione dall’obbligo vaccinale, ovvero altra ragione di assoluta e oggettiva impossibilità. Entro il medesimo termine, gli stessi destinatari danno notizia all’Agenzia delle entrate-Riscossione dell’avvenuta presentazione di tale comunicazione. L’Azienda sanitaria locale competente per territorio trasmette all’Agenzia delle entrate-Riscossione, nel termine perentorio di dieci giorni dalla ricezione della comunicazione dei destinatari prevista al comma 4, previo eventuale contraddittorio con l’interessato, un’attestazione relativa alla insussistenza dell’obbligo vaccinale o all’impossibilità di adempiervi di cui al comma 4. L’Agenzia delle entrate-Riscossione, nel caso in cui l’Azienda sanitaria locale competente non confermi l’insussistenza dell’obbligo vaccinale, ovvero l’impossibilità di adempiervi, di cui al comma 4, provvede, in deroga alle disposizioni contenute nella legge 24 novembre 1981, n. 689, e mediante la notifica, ai sensi dell’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, ed entro centottanta giorni dalla relativa trasmissione, di un avviso di addebito, con valore di titolo esecutivo. ln caso di opposizione alla sanzione contenuta nell’avviso di cui al comma 6 resta ferma la competenza del Giudice di Pace e l’Avvocatura dello Stato assume il patrocinio dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, passivamente legittimata. In conclusione, se i controlli sui lavoratori ultracinquantenni saranno probabilmente efficaci, non altrettanto deve ritenersi per i cittadini over 50 che non lavorano, per i quali le verifiche potrebbero determinare in primo luogo la violazione della privacy relativa a notizie di carattere sanitario trasmesse dal sistema sanitario all’Agenzia della Riscossione. Inoltre, aver escluso l’intervento del Prefetto e aver previsto l’opposizione al Giudice di Pace, se da un lato rende più onerosa la procedura, dall’altro ingolferà gli Uffici del Giudice di Pace già al collasso. Parimenti difficoltoso appare l’intervento in giudizio dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato che già non è in grado di seguire efficacemente i procedimenti di competenza. Infine, dall’esame letterale del testo del decreto si evince che la sanzione dovrebbe essere irrogata una tantum e quindi sarà priva di ogni reale efficacia deterrente.

5. La possibile responsabilità civile per risarcimento del danno a carico dello Stato


Già prima dell’emanazione del decreto legge in questione, sono state numerose le richieste risarcitorie avanzate da soggetti che hanno riportato effetti avversi a seguito della somministrazione di vaccini anti Covid-19. Come affermato anche dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 307 del 1990 “un trattamento sanitario può essere imposto solo nella previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiono normali di ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili, quali ad esempio astenia, aumento della temperatura corporea, dolori alla parte del corpo oggetto di inoculazione del vaccino”.[13] Il problema si pone quando a seguito della vaccinazione obbligatoria derivi un danno alla salute patito da colui che vi si è sottoposto. Al riguardo, l’articolo 1 della legge 25.02.1992, n.210, stabilisce che “chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge, o per ordinanza, di un’autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente dell’integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato”. Quindi il legislatore ha previsto, a prescindere, da valutazioni negative sul grado di affidabilità scientifica delle vaccinazioni, un indennizzo da parte dello Stato in favore del soggetto che, a seguito di vaccinazione, abbia riportato delle lesioni o infermità permanenti. Restano pertanto esclusi dal diritto all’indennizzo le lesioni o infermità temporanee. La legge sembrerebbe, quindi, riconoscere il diritto all’indennizzo soltanto nell’ipotesi di vaccinazione obbligatoria, ma secondo alcuni autori non è così.
Leggi l’articolo “Risarcimento danni da vaccino: come funziona, chi può chiederlo e procedura da seguire”
Infatti, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 27 del 26.02.1998, con la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1 della legge 210/1992, ha precisato che “non è costituzionalmente lecito alla stregua degli articoli 2 e 32 della Costituzione, richiedere che il singolo esponga a rischio la propria salute per un interesse collettivo, senza che la collettività stessa sia disposta a condividere, come è possibile, il peso delle eventuali conseguenze negative; non vi è ragione di differenziare, dal punto di vista del suddetto principio, il caso in cui il trattamento sanitario sia imposto per legge da quello in cui esso sia, in base ad una legge, promosso dalla pubblica autorità in vista della sua diffusione capillare nella società”.[14] Quindi è possibile ritenere che l’indennizzo previsto dalla predetta legge 16.10.1992 n.210, possa essere riconosciuto, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata, anche nel caso di vaccinazioni non obbligatorie, ma fortemente consigliate dallo Stato. Per completezza occorre rilevare che l’attribuzione di detto indennizzo non pregiudica assolutamente il diritto del danneggiato dalla somministrazione del vaccino ad ottenere l’integrale risarcimento del danno, che trova il suo fondamento in un fatto illecito imputabile a titolo di dolo o colpa secondo la disciplina generale in tema di responsabilità civile extra contrattuale o aquiliana di cui all’art. 2043 c.c. Il danno subito dal soggetto sottoposto a vaccinazione obbligatoria o facoltativa, può essere causato sia da chi materialmente ha somministrato il vaccino, sia dal produttore dello stesso. Certo è che solo in presenza di un vaccino difettoso è possibile ottenere un risarcimento del danno a seguito delle lesioni subite in quanto l’articolo 4 della Direttiva 85/374/CEE del 25.07.1985, in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi, prevede per quanto qui interessa, che “il danneggiato deve provare il danno, il difetto, e la connessione causale tra difetto e danno”. E non è affatto semplice dare prova del nesso causale tra vaccinazione e danno alla salute. Al riguardo, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sezione II con sentenza del 21.06.2017 (C-621/15), ha stabilito che “il giudice di merito, chiamato a pronunciarsi su un azione diretta ad accertare la responsabilità del produttore di un vaccino per danno derivante da un asserito difetto di quest’ultimo, può ritenere, nell’esercizio del libero apprezzamento conferitogli al riguardo, che, nonostante la costatazione che la ricerca medica non stabilisce né esclude l’esistenza di un nesso tra la somministrazione del vaccino e l’insorgenza della malattia da cui è affetto il danneggiato, taluni elementi in fatto invocati dal ricorrente costituiscano indizi gravi, precisi e concordanti, i quali consentono di ravvisare la sussistenza di un difetto del vaccino e di un nesso di causalità tra detto difetto e tale malattia”. Poiché la vaccinazione anti Covid-19 comporta un rischio per il singolo a beneficio sia dello stesso, ma anche della collettività, appare ragionevole prevedere in ipotesi di lesioni o infermità derivanti da vaccinazione obbligatoria o facoltativa, non solo un indennizzo, ma anche un risarcimento del danno laddove sussistano i requisiti di cui all’art. 2043 c.c., come anche nel caso in cui il medico vaccinatore non tenga conto di controindicazioni risultanti dall’anamnesi del paziente. Pertanto, il risarcimento è il ristoro che consegue a un atto illecito e quindi ad un’ipotesi di responsabilità civile che scaturisce da una condotta che la legge punisce; l’indennizzo è previsto invece in quei casi in cui un danno non viene causato da una condotta illecita (e quindi non vi sarebbe alcun obbligo di risarcire i pregiudizi creati); ma la legge, che dunque consente o addirittura impone quel comportamento costitutivo in quel caso di un danno, ritiene opportuno che il soggetto leso riceva comunque una somma per compensare una situazione meritevole di attenzione.[15] In conclusione si ritiene quindi che la fattispecie disciplinata dal decreto legge n.1/2022 possa dar luogo solo ad un indennizzo e non ad un risarcimento del danno, a meno che vi sia un comportamento colposo (ossia causato da negligenza, imperizia o imprudenza) o volontario, come nelle fattispecie sopra indicate.[16]

6. Conclusioni


L’emergenza derivante dal covid-19 ci ha posto numerosi interrogativi e dubbi determinando incertezze che gravano sul futuro. Si è verificata, quindi, una “recrudescenza” abnorme dei doveri di cui non si vede ancora la fine.[17] Anche, l’obbligo vaccinale, quindi, è divenuta una necessità inderogabile di fronte al persistere significativo dei casi di contagio ed in presenza di una “quarta ondata”, resa più insidiosa dalla nuova variante omicron. E in questa prospettiva il governo ha adottato il decreto legge n 1/2022 che ormai rappresenta il primo esempio di obbligo vaccinale in Italia per covid-19.
Questo provvedimento è stato adottato a tutela della salute pubblica sancita solennemente dall’art. 32 della Costituzione come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. La libertà di ciascuno di non vaccinarsi trova quindi un limite nel diritto altrui a non essere contagiato.[18] Lo Stato può imporre, ricorrendone i presupposti e le condizioni, sacrifici al godimento da parte del singolo del diritto di autodeterminarsi in ordine alle scelte che investono la propria salute, al fine di perseguire quegli interessi superindividuali che – senza tale compressione dei diritti individuali – verrebbero messi in pericolo. La facoltà dello Stato di imporre limitazioni siffatte trova fondamento, anche, nel principio solidaristico enunciato dall’art. 2 Costituzione, poiché ad esso corrispondono quei “doveri di solidarietà politica, economica e sociale”, che fungono da contraltare al riconoscimento e alla garanzia, da parte della Repubblica, dei “diritti inviolabili dell’Uomo”. In conclusione, la questione sulla legittimità dell’obbligo vaccinale previsto per legge passa da quella dei rapporti tra libertà individuale e principio di solidarietà. Il diritto di autodeterminazione del singolo deve risultare recessivo rispetto all’interesse pubblico alla tutela della salute nel contesto della grave epidemia in atto; tale interesse pubblico deve costituire l’oggetto primario delle valutazioni e delle scelte del legislatore, cui incombe l’esigenza di una modulazione anche temporale delle misure di sanità pubblica nella prospettiva del massimo contenimento del rischio. Certamente il provvedimento in esame produrrà forti proteste popolari e numerose azioni legali per indennizzo o/e risarcimento del danno soprattutto da parte della popolazione “no vax”, ma si ritiene che lo stesso sia necessario per limitare i contagi abnormi di questi giorni e preluda, inevitabilmente, ad un obbligo vaccinale indifferenziato.

FORMATO CARTACEO

Trattato operativo di responsabilità medica – Tomo I e Tomo II

L’opera si compone di due tomi che affrontano, in maniera approfondita e critica, le principali questioni relative alla responsabilità medica, alla luce della riforma normativa cosiddetta Gelli – Bianco, nonché della giurisprudenza che è venuta successivamente a formarsi in materia. Il primo tomo affronta la disciplina giuridica in senso stretto nonché le riflessioni sul piano medico – legale; il secondo tomo sviluppa la disciplina assicurativa in materia. La trattazione di questo volume vuole proprio fornire al lettore una analisi dettagliata dei profili normativi innovativi introdotti con la novella e, soprattutto, il loro impatto pratico sul mondo della responsabilità sanitaria, tenendo in particolare conto delle principali innovazioni nella disciplina che regolamenta la colpa civile e penale delle strutture e del singolo operatore sanitario. La legge “Gelli-Bianco” prevede altresì una ampia sezione dedicata alla materia assicurativa del rischio sanitario, tanto nella proiezione di una regolamentazione dell’obbligo di contrarre garanzie adeguate al ristoro dei danni ai pazienti, quanto sotto l’aspetto delle vicende proprie del rapporto di garanzia tra professionista ed impresa e tra quest’ultima e il danneggiato. L’ispirazione della riforma della responsabilità sanitaria va letta, in questo specifico contesto, con la lente di una ratio che vuole privilegiare la soluzione, preferibilmente stragiudiziale, della controversia legata alla colpa medica canalizzando la pretesa risarcitoria verso l’assicuratore, con l’aspirazione dichiarata di rendere al tempo stesso più agevole il reperimento del prodotto assicurativo, tanto per l’azienda sanitaria, quanto e più ancora per il singolo professionista. L’obiettivo, che nel presente trattato si indaga, è quindi anche quello di trovare l’equilibrio tra costo assicurativo e salvaguardia patrimoniale del professionista e della struttura: non sempre una sintesi perfetta e perseguibile. Filippo MartiniAvvocato del Foro di Milano, Vicepresidente di Medicina e Diritto.Umberto GenoveseSpecialista in Medicina Legale, Professore ordinario di Medicina Legale dell’Università degli Studi di Milano e Presidente di Medicina e Diritto.Attilio SteffanoBroker di Assicurazioni; Presidente di Assimedici S.r.l.; Segretario di Responsabilità Sanitaria.it e di Medicina e Diritto.

A cura di Filippo Martini, Umberto Genovese e Attilio Steffano | Maggioli Editore 2022

  1. [1]

    P. Gentilucci, La possibile rilevanza penale e disciplinare del comportamento degli operatori sanitari “no-vax”, in Diritto.it, 2021;

  2. [2]

     F. Di Todaro, I dettagli della campagna vaccinale, in Fondazione Veronesi, 2020

  3. [3]

    L. Biarella, Green pass obbligatorio dal 6 agosto. Il decreto pubblicato in Gazzetta, in Altalex,  2021.

  4. [4]

    P. Gentilucci, Ipotesi di obbligo vaccinale durante la pandemia da covid-19 e profili di legittimità costituzionale, in Diritto.it, 2021.

  5. [5]

    D. Virgillito,  Super green pass: tutte le novità del decreto, in IPSOA, 2021.

  6. [6]

    P. Gentilucci, Green pass e profili di legittimità costituzionale, in Diritto.it, 2021.

  7. [7]

    S. Covolo, Il difficile bilanciamento tra la salute come diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività e gli altri diritti inviolabili, ai tempi dell’emergenza coronavirus. Soltanto il parlamento può essere garante contro l’arbitrio del potere esecutivo, in Diritto.it, 2020.

  8. [8]

    Cfr. sent. della Corte Costituzionale n. 264 del 2012.

  9. [9]

    F. Grandi, L’art. 32 nella pandemia: sbilanciamento di un diritto o “recrudescenza” di un dovere?, in Costituzionalismo.it, 2021.

  10. [10]

     Cfr. art. 76, art. 77 Costituzione.

  11. [11]

    Cfr. art. 72 e art. 72  Costituzione

  12. [12]

    Il Sole 24ore, Covid, dalla stretta sui lavoratori senza pass ai tamponi gratis a scuola: ecco cosa prevede il nuovo Dl, 2022.

  13. [13]

    C. Giovagnoli, Obbligo vaccinale: profili di costituzionalità e risarcimento del danno, in Altalex, 2021.

  14. [14]

    Nello stesso senso cfr. Corte Costituzionale 22.06.1990, n. 307 e 16.10.2000, n. 423).

  15. [15]

     A. Cavaliere, L’indennizzo per i danni da vaccinazione Covid-19, in Altalex, 2021.

  16. [16]

    Il risarcimento del danno, in Diritti e Risposte, Wolters Kluwer, 2020.

  17. [17]

    F. Grandi, L’art. 32 nella pandemia: sbilanciamento di un diritto o “recrudescenza” di un dovere?, cit.

  18. [18]

    G.M. Lieto, Obbligo vaccinale, art. 32 della Costituzione, prevalenza dell’interesse pubblico sul diritto individuale ad autodeterminarsi, cit.

Prof. Paolo Gentilucci

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