Non vi può essere discrezionalità nella concessione del part time

Redazione 05/05/11
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Lilla Laperuta

Una volta che il datore di lavoro abbia ritenuto sussistenti, in una determinata unità produttiva e con riguardo a specifiche mansioni, l’esigenza di prestazioni a tempo parziale, la decisione di concedere o negare la trasformazione del rapporto a part time non è discrezionale, ma vincolata ai criteri prestabiliti in sede di accordo collettivo, ai quali il datore di lavoro deve conformarsi nella regolamentazione dei singoli rapporti, facendo applicazione dei criteri di buona fede e correttezza che debbono ispirare l’esecuzione del contratto (ex artt. 1175 e 1375).

Accogliendo questa tesi nella sentenza 4 maggio 2011, n. 9769, la Corte di cassazione ha sottolineato come, pur essendo sempre ‘escluso il diritto del dipendente di sindacare le decisioni datoriali in ordine alla sussistenza o meno delle esigenze organizzative e produttive compatibili con prestazioni rese in regime di tempo parziale’, si può ravvisare ‘in capo al dipendente una posizione di diritto soggettivo suscettibile di tutela risarcitoria relativamente alle modalità di esercizio di quel potere, e, quindi, relativamente al potere del datore di scegliere a chi accordare il part time tra quei dipendenti che ne abbiano fatto richiesta’.

Fermo restando, quindi, la piena discrezionalità del datore di lavoro nella scelta se concedere o meno il part time nell’ambito dell’impresa (che non può essere contestata dal dipendente in quanto attinente a valutazioni relative ad esigenze organizzative e produttive aziendali), una volta che sia stata assunta tale decisione il lavoratore ha il pieno diritto di chiedere che siano rispettati i criteri di priorità eventualmente stabiliti dall’accordo di categoria o aziendale.

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