Non sono esclusi gli arresti domiciliari per il pedofilo in luogo della custodia cautelare in carcere

Redazione 14/06/12
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Lucia Nacciarone

Sbaglia, dunque, il Riesame a non motivare adeguatamente il suo potere discrezionale nel negare la misura meno afflittiva, giacchè non si sofferma sulle ragioni che giustificano il carcere, pur essendo comprovata la sussistenza delle esigenze cautelari.

È quanto afferma la Cassazione nella sentenza n. 23118 del 12 giugno 2012, che riguarda la misura cautelare disposta nei confronti di un uomo accusato di violenza sessuale verso una bambina di nove anni.

Il molestatore aveva adescato la piccola in un centro commerciale, l’avrebbe abbracciata e costretta a subire dei palpeggiamenti, ed in seguito invitata ad avere un rapporto sessuale.

Gli indizi, particolarmente gravi, hanno spinto i giudici a disporre la custodia cautelare in carcere, anche perché era emerso che l’indagato aveva già scontato una pena per un reato analogo.

La Cassazione conferma che ci sono tutti gli estremi per disporre una misura cautelare, che non deve essere tuttavia necessariamente il carcere: infatti, nel caso di specie il Riesame nell’ordinanza non ha motivato adeguatamente le motivazioni per le quali non debba ricorrere la «minore gravità» del reato, che di per sé consente di escludere il carcere per i reati a sfondo sessuale.

Si ricorda infatti che dopo le sentenze della Corte costituzionale cha hanno riguardato l’articolo 275 del codice di procedura penale (nn. 164 e 231 del 2011) la misura del carcere è obbligatoria solo per determinate categorie di reati, come quelli di mafia.

Per gli altri occorre escludere l’ipotesi di minore gravità

Quindi, anche se l’indagato, secondo il Riesame, agirebbe in base ad una irrefrenabile spinta a delinquere, probabilmente visti i suoi precedenti, non può essere disposta de plano la misura più afflittiva.

Redazione

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