Nelle controversie che seguono il rito del lavoro l’opposizione a decreto ingiuntivo deve essere depositata nel termine in cancelleria

Redazione 26/07/13
Scarica PDF Stampa

Lucia Nacciarone

A deciderlo è la Cassazione con la sentenza n. 17945 del 24 luglio, con cui i giudici di legittimità hanno chiarito che il termine perentorio di quaranta giorni per contestare il decreto (decorrenti dalla notifica agli interessati del provvedimento) riguarda anche il deposito in cancelleria dell’opposizione, e non solo la citazione alla controparte.

Laddove non vi sia il deposito interviene la decadenza e non può esservi più alcuna sanatoria.

Il caso di specie riguardava un Comune, affittuario di una serie di locali di proprietà di un privato, in mora con i pagamenti.

Questi aveva ottenuto il decreto ingiuntivo al fine di ottenere le somme a lui dovute, e il Comune aveva proposto l’opposizione al decreto. Ma non era stato preventivato che nel proporre l’opposizione al decreto la parte processuale risulta vincolata alla natura della controversia, che in questo caso è soggetta al rito del lavoro.

Se il creditore domanda decreto ingiuntivo in base ad uno dei rapporti soggetti al rito del lavoro (come quello ex art. 46 della legge sull’equo canone di locazione) quest’ultimo risulterà applicabile anche alla relativa opposizione.

E quindi l’opposizione per quanto proposta con citazione, per essere tempestiva avrebbe dovuto essere proposta in cancelleria nel termine di quaranta giorni dalla notifica del decreto, in applicazione del termine perentorio ex art. 641, comma 1, c.p.c.

Diversamente, sottolineano i giudici, l’opposizione risulta non idonea ab origine a produrre i suoi effetti e, dunque, in relazione alla intervenuta decadenza, non è applicabile la sanatoria dell’articolo 156 c.p.c. che si riferisce esclusivamente all’inosservanza di forme in senso stretto e non di termini perentori.

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento