Necessaria la querela di falso per inficiare le risultanze del processo verbale di contestazione

Redazione 18/05/12
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Lilla Laperuta

In materia di accertamenti tributari, il processo verbale di contestazione (p.v.c.) redatto dalla guardia di finanza, o da altri organi di controllo fiscale, è assistito da fede privilegiata, ai sensi dell’art. 2700 c.c. Nel discende che, ai fini della contestazione in sede di contenzioso, si impone la proposizione della querela di falso, non essendo sufficiente la mera allegazione delle circostanze di fatto, o di generici elementi di prova, di segno contrario alle risultanze del predetto documento avente efficacia probatoria privilegiata. Queste le conclusioni formulate dalla Corte di Cassazione nella sentenza 16 maggio 2012 n. 7671. Si tratta di un indirizzo pienamente aderente a precedente pronunce della stessa Cassazione (sentenze 2949/2006 e 24856/2006, 703/2007), laddove veniva negata valenza probatoria alla dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà con cui il ricorrente stesso aveva fatto rilevare numerose inesattezze contenute nel p.v.c. . Anche in quei casi veniva affermato che la dichiarazione non valeva “ad inficiare le risultanze contenute nel verbale giacché l’intero processo verbale di constatazione, essendo redatto da pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni, rientra nella categoria degli atti pubblici che, ai sensi dell’art. 2700 cod. civ. fanno piena prova sino a querela di falso delle dichiarazioni rese dalle parti e dei fatti che il pubblico ufficiale attesta da lui compiuti”.

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