Morte del congiunto: sì al risarcimento del danno anche per la famiglia di fatto

Redazione 09/06/11
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La sentenza della Cassazione del 7 giugno 2011, n. 12278 pone sullo stesso piano la famiglia di fatto e quella legittima, riconoscendo che il risarcimento del danno morale agli eredi di una vittima della strada deve essere calcolato secondo gli stessi parametri sia per l’una che per l’altra. Gli ermellini hanno condiviso, sul punto, la giurisprudenza, anche di legittimità, che, in materia di responsabilità civile, ha da tempo equiparato le posizioni «familiari», riconoscendo il diritto al risarcimento del danno conseguente alle lesioni o alla morte di una persona anche in favore del convivente more uxorio di questa, pur condizionandolo alla prova dell’esistenza e della durata di una comunanza di vita e di affetti e di una vicendevole assistenza morale e materiale, vale a dire alla prova di una relazione di convivenza avente le stesse caratteristiche di quelle dal legislatore ritenute proprie del vincolo coniugale.

In base a tale presupposto, i giudici della terza sezione di Cassazione hanno rigettato il ricorso presentato dai due figli legittimi della vittima, i quali chiedevano, diversamente da quanto statuito dai giudici del merito, che alla famiglia di fatto instaurata dal proprio genitore non venisse riconosciuto un risarcimento calcolato sulla medesima base di quello disposto in favore della famiglia legittima. In particolare, ad avviso dei ricorrenti, non poteva procedersi ad una determinazione complessiva ed unitaria del danno morale ed alla conseguente ripartizione dell’intero importo in modo automaticamente proporzionale tra tutti gli aventi diritto, dovendosi piuttosto determinare in concreto il danno morale per ciascuno dei congiunti, tenendo conto delle effettive sofferenze patite.

Con la sentenza in oggetto, il Giudice delle leggi ha respinto le doglianze dei ricorrenti, affermando come, sulla base della richiamata giurisprudenza in materia, in sede di merito, ai fini del risarcimento del danno morale, «famiglia legale» e «famiglia di fatto» siano state parificate, essendo stata provata per quest’ultima la stabilità e la continuità nel tempo del rapporto e della relazione affettiva. Tuttavia, in quella sede, i giudici non avevano provveduto ad un’automatica e proporzionale ripartizione del danno unitariamente determinato tra tutti gli aventi diritto, essendo state differenziate, in relazione alla situazione concreta, le singole posizioni di questi, riconoscendosi alla moglie ed alla convivente un importo maggiore rispetto ai figli e, quanto ai figli, un importo diverso per quelli conviventi e per la figlia sposata, cui è stata liquidata una somma inferiore.

Benché, pertanto, sia stata provata una relazione di convivenza stabile, caratterizzata da un persistente legame affettivo e dalla gestione comune di molteplici aspetti della vita quotidiana, nonché dalla condivisione dei compiti connessi alla nascita e alla crescita di una figlia, i giudici del merito, come sottolinea la Cassazione in motivazione, lungi dal lamentato automatismo, hanno tenuto conto della diversa intensità del vincolo familiare, avendo presente la particolarissima situazione di un soggetto con due nuclei familiari legati a lui da un rapporto di protratta e contemporanea stabilità nel tempo. (Anna Costagliola)

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