Mancato riconoscimento di figlio naturale: risarcibilità dei danni non patrimoniali derivanti dalla lesione dei fondamentali diritti inerenti alla qualità di figlio

Redazione 12/04/12
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Anna Costagliola

Il padre che si è sempre disinteressato del figlio naturale è tenuto a risarcirlo per i patimenti esistenziali provocati con il suo comportamento anche se, essendo consapevole della paternità, non ha ricevuto richieste specifiche dalla madre durante l’infanzia e l’adolescenza del minore. È questo il principio affermato dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 5652 del 10 aprile 2012, con cui viene confermata la statuizione dei giudici di merito in merito alla condanna di un uomo, contestuale all’accertamento di una sua paternità naturale, al versamento di 25.000 euro a titolo di risarcimento per la violazione, ritenuta consapevole, di un diritto fondamentale della persona, quale quello facente capo al figlio di ricevere dai propri genitori assistenza morale e materiale.

Relativamente alla vicenda de qua, che invero si inserisce nell’ambito della più vasta problematica della responsabilità aquiliana all’interno dei rapporti familiari, i giudici di legittimità hanno riconosciuto correttamente affermata, da parte dei giudici di merito, la responsabilità del soggetto del quale è stata accertata la paternità naturale, responsabilità derivante dalla volontaria, grave e reiterata sottrazione a tutti gli obblighi scaturenti dal rapporto di filiazione.

Precisa la Corte come la sentenza dichiarativa della filiazione naturale produca gli effetti propri del riconoscimento e, pertanto, implica per il genitore, tutti i doveri propri della procreazione legittima (art. 261 c.c.), incluso quello del mantenimento ai sensi dell’art. 148 c.c., ricollegandosi tale obbligazione allo status genitoriale e assumendo, di conseguenza, efficacia retroattiva. E’, infatti, costante affermazione della stessa giurisprudenza di legittimità che l’obbligo del genitore di concorrere al mantenimento del figlio insorge con la nascita dello stesso, ancorchè la procreazione sia stata successivamente accertata con sentenza. Il principio secondo cui l’obbligo dei genitori di mantenere i figli sussiste per il solo fatto di averli generati vale ad escludere la fondatezza della tesi secondo cui la responsabilità del genitore inadempiente dovrebbe escludersi in assenza di specifiche richieste provenienti dall’altro genitore o dallo stesso figlio. Tanto premesso, nell’ipotesi in cui al momento della nascita il figlio sia riconosciuto da uno solo dei genitori, che provveda per intero al suo mantenimento, non viene meno l’obbligo dell’altro genitore per il periodo anteriore alla dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale, essendo sorto sin dalla nascita il diritto del figlio naturale ad essere mantenuto, istruito ed educato nei confronti di entrambi i genitori.

Relativamente alla dedotta insussistenza da parte del ricorrente di un diritto al risarcimento del danno per violazione del complesso dei doveri facenti capo al genitore naturale, la Corte rileva come da tempo sia stata enucleata, sia in giurisprudenza che in dottrina, la nozione di illecito «endofamiliare», per cui la violazione dei relativi doveri non trova necessariamente sanzione solo nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, discendendo dalla stessa natura giuridica degli obblighi in questione che la relativa violazione, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti, possa integrare gli estremi dell’illecito civile e dar luogo ad un’autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell’art. 2059 c.c.

Con riferimento al caso di specie, si manifesta legittima, pertanto, la condanna al risarcimento dei danni di natura non patrimoniale per la subita lesione dei fondamentali diritti della persona inerenti alla qualità di figlio, in considerazione del prolungato disinteresse dimostrato dal genitore nei suoi confronti attraverso la costante violazione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione che ha inevitabilmente arrecato un vulnus a quei diritti che trovano nella carta costituzionale e nelle norme di natura internazionale recepite nel nostro ordinamento un elevato grado di riconoscimento e di tutela.

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