Anna Costagliola
Legittimo il ricorso, come parametri di riferimento nella liquidazione del danno non patrimoniale, alle tabelle utilizzate nei vari Tribunali della Repubblica, ma il giudice del merito deve adeguatamente motivare le ragioni che lo inducono a discostarsi dai parametri in uso nel suo ufficio. È quanto affermato dalla Cassazione civile nella sentenza n. 8557 del 29 maggio scorso in cui si sottolinea, relativamente ad una controversia inerente al risarcimento del danno non patrimoniale iure proprio derivato al congiunto della vittima di un sinistro stradale, che, trattandosi comunque del ricorso ad un criterio equitativo che trova il proprio fondamento normativo negli artt. 1226 e 2056 c.c., risulta in ogni caso necessario dar conto del criterio utilizzato, esplicitando il sistema seguito e procedendo alla necessaria personalizzazione in riferimento al caso concreto.
Deve ricordarsi come più volte la giurisprudenza di legittimità sia stata chiamata a verificare la corretta applicazione da parte dei giudici del merito dei criteri di valutazione equitativa del danno, sia biologico che morale. In particolare, alla sua attenzione è stata portata la questione relativa al ricorso alle cd. Tabelle, ossia a meccanismi di liquidazione predeterminati nelle diverse sedi giudiziarie attraverso il riferimento a varie voci, contenenti ciascuna un minimo e un massimo nel cui ambito è consentito al giudice procedere alla liquidazione del singolo, specifico episodio di danno.
Nella sentenza in oggetto, gli Ermellini hanno espressamente riconosciuto che al giudice è consentito assumere come parametri di riferimento le Tabelle utilizzate nei diversi Tribunali della Repubblica, fermo restando l’obbligo di motivare la disapplicazione di quelle in uso nel proprio ufficio. Né a tal fine è sufficiente il generico richiamo ai «criteri medi di liquidazione adottati in sede distrettuale», ciò che ha indotto a ritenere non adeguata la motivazione fornita dalla Corte d’appello in sede di liquidazione del danno al ricorrente.
Nella fattispecie concreta non si pone, invece, alcun problema di eventuale applicabilità delle Tabelle del Tribunale di Milano, cui pure la Cassazione ha riconosciuto valenza generale di parametro di conformità della valutazione equitativa del danno nella sentenza 12408/2011. In detta sentenza si affermava, in particolare, che i valori di riferimento per la liquidazione del danno alla persona adottati da quel Tribunale devono essere applicati su tutto il territorio nazionale, rappresentando essi un valore da ritenersi equo, ovvero in grado di garantire la parità di trattamento e da applicare, come tali, in tutti i casi in cui la fattispecie concreta non presenti circostanze idonee ad aumentarne o ridurne l’entità.
L’odierna pronuncia si pone, piuttosto, nella medesima direzione già tracciata da Cass. 16866/2011 che, a poca distanza dalla sentenza rivoluzionaria, immediatamente precedente, è tornata sul tema, affermando come il giudice che intenda discostarsi dai valori in uso nel suo ufficio per utilizzare quelli predeterminati e standardizzati in uso presso altre sedi deve adeguatamente motivare tale scelta (vedi l’articolo su questo stesso sito). L’obbligo di motivazione specifica si impone in quanto le Tabelle in uso nei vari Tribunali sono elaborate in relazione alla media dei risarcimenti liquidati in loco, rispecchiando i valori, anche economici, del territorio.
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