Lieve entità: quando si applica art. 276, co. 1-ter, c.p.p.

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Quando il fatto può considerarsi di lieve entità in relazione all’art. 276, co. 1-ter, c.p.p.
(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 276, co. 1-ter)
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Corte di Cassazione -sez. I pen.- sentenza n. 25981 dell’8-02-2023

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Indice

1. La questione


Il Tribunale del riesame di Lecce rigettava un appello cautelare proposto un’ordinanza della Corte di Appello della medesima città che, a sua volta, aveva sostituito la misura cautelare degli arresti domiciliari in atto nei confronti del ristretto, in ordine ai reati di ricettazione e detenzione di arma clandestina (per i quali era stato condannato con sentenza di primo grado alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione), con la misura della custodia cautelare in carcere.
In particolare, tale sostituzione era avvenuta ai sensi dell’art. 276, comma 1-ter cod. proc. pen., in quanto l’imputato, nel corso di un controllo operato dalla P.g. presso la sua abitazione, ripetutamente non rispondeva alle chiamate effettuate a mezzo del campanello e alle bussate a mano, venendo poi reperito in casa della stessa giornata all’atto di un successivo controllo.
Ciò posto, avverso il provvedimento del Tribunale del riesame proponeva ricorso per Cassazione la difesa del ristretto che deduceva vizio di motivazione.


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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


La Suprema Corte riteneva il ricorso proposto inammissibile atteso che, a suo avviso, il Tribunale del riesame non era incorso in alcun vizio motivazionale.
In particolare, gli Ermellini – dopo avere fatto presente che le modifiche introdotte dall’art. 5 della I. 16 aprile 2015, n. 47 hanno temperato il rigido automatismo previsto nell’art. 276, comma 1 -ter cod. proc. pen., che imponeva inderogabilmente il ripristino della custodia cautelare in carcere nel caso di trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari concernenti il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione o da ogni altro luogo di privata dimora, con l’aggiunta della locuzione “salvo che il fatto sia di lieve entità”, avendo il legislatore così dato valore normativo ai principi statuiti dalla giurisprudenza costituzionale (Corte cost. 6 marzo 2002, n. 40), che pur ritenendo manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale di detta norma, aveva evidenziato il dato fondante della ragionevolezza riconosciuta alla scelta legislativa: «una volta che alla nozione di allontanamento dalla propria abitazione si riconosca […] valenza rivelatrice in ordine alla sopravvenuta inadeguatezza degli arresti domiciliari, non è escluso che il fatto idoneo a giustificare la sostituzione della misura tipizzato dal legislatore nella anzidetta formula normativa, possa essere apprezzato dal giudice in tutte le sue connotazioni strutturali e finalistiche, per verificare se la condotta di trasgressione in concreto realizzata presenti quei caratteri di effettiva lesività alla cui stregua ritenere integrata la violazione che la norma assume a presupposto della sostituzione» – osservavano inoltre come la giurisprudenza di legittimità abbia, altresì, specificato l’ambito applicativo dell’art. 276, comma 1-ter cod. proc. pen., riferibile alle ipotesi in cui l’allontanamento dall’abitazione sia avvenuto senza autorizzazione o in orario o per ragioni diverse da quelle previste nel provvedimento del giudice (Sez. 3, n. 42847 del 22/10/2009), facendo rientrare nel disposto dell’art. 276, comma 1, cod. proc. pen. le ipotesi in cui, pur verificandosi l’allontanamento nel rispetto dei limiti orari e per le finalità previste dal provvedimento giudiziale, vengano violate altre specifiche prescrizioni (Sez. 1, n. 46093 del 7/10/2014).
Oltre a ciò, i giudici di piazza Cavour evidenziavano come sia stato, quindi, chiarito che, in tema di violazione degli arresti domiciliari, il fatto di lieve entità di cui all’art. 276, comma 1-ter, cod. proc. pen. si riferisce a violazioni di modesto rilievo ovvero a quelle che non sono in grado di smentire la precedente valutazione di idoneità della misura degli arresti domiciliari a tutelare le esigenze cautelari (Sez. 4, n. 13348 del 09/02/2018: nella fattispecie questa Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza del tribunale del riesame che aveva rigettato l’appello avverso il provvedimento che aveva disposto la sostituzione della misura degli arresti domiciliari con quella della custodia in carcere, ai sensi dell’art. 276, comma 1-ter, cod. proc. pen. nei confronti di imputato che si era allontanato dal luogo di detenzione domiciliare recandosi nella contigua abitazione dei genitori sita nel medesimo pianerottolo, per sottoporsi ad una visita medica non autorizzata).
Tali essendo le coordinate ermeneutiche, l’ordinanza in esame risultava, ad avviso della Corte di legittimità, congruamente motivare sulla non sussumibilità della concreta condotta addebitata al ricorrente nel fatto di lieve entità di cui al suddetto disposto normativo e, di conseguenza, come esposto in precedenza, il ricorso era dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

3. Conclusioni


Fermo restando che, come è noto, l’art. 276, co. 1-ter, cod. proc. pen. stabilisce che, in “deroga a quanto previsto nel comma 1, in caso di trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari concernenti il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora, il giudice dispone la revoca della misura e la sostituzione con la custodia cautelare in carcere, salvo che il fatto sia di lieve entità”, nella decisione in esame è ivi chiarito cosa debba intendersi per fatto “di lieve entità”.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che, in tema di violazione degli arresti domiciliari, il fatto di lieve entità di cui all’art. 276, comma 1-ter, cod. proc. pen. si riferisce a violazioni di modesto rilievo ovvero a quelle che non sono in grado di smentire la precedente valutazione di idoneità della misura degli arresti domiciliari a tutelare le esigenze cautelari.
Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba appurare se tale fatto possa considerarsi, o meno, di lieve entità, in riferimento a quanto previsto dall’art. 276, co. 1-ter, cod. proc. pen..
Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, dunque, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere che positivo.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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