La Corte di Cassazione, con sentenza n. 21485 del 18 ottobre 2011, ha affermato che è illegittimo il licenziamento disciplinare del dipendente se il datore di lavoro non usa il suo potere nel rispetto delle regole di correttezza e buona fede.
Nel caso specifico, il datore di lavoro aveva dichiarato di aver ottemperato correttamente al dettato di cui all’art. 7 della L. 300/1970 e degli artt. 1366, 1374 e 1375 c.c., avendo provveduto alla convocazione della lavoratrice indicando due date a scelta, che, però, la lavoratrice aveva disertato richiedendo un successivo incontro in altra data. La richiesta veniva disattesa e la lavoratrice licenziata.
La Suprema Corte ha chiarito che l’art. 7 della L. 300/1970 subordina la legittimità del procedimento di irrogazione della sanzione disciplinare alla previa contestazione degli addebiti, al fine di consentire al lavoratore di esporre le proprie difese in relazione al comportamento ascrittogli. Tale disposizione, pur non facendo sorgere un dovere autonomo di convocazione del dipendente per l’audizione orale, ma più semplicemente un obbligo correlato alla richiesta dell’incolpato, pone in capo al datore di lavoro il dovere di gestire il potere disciplinare secondo i principi di correttezza e buona fede e, quindi, con modalità tali da non ingenerare equivoci nel dipendente cui si riferisce la contestazione (nel caso di specie, la convocazione era avvenuta in tempi molto ristretti essendo pervenuta al dipendente il sabato e incontro fissato per il lunedì successivo).
In conclusione, il licenziamento disciplinare è illegittimo allorquando non viene data una effettiva possibilità al lavoratore di giustificare il proprio comportamento (Biancamaria Consales).
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