In un sistema di diritto positivo in cui l’accesso a determinati corsi universitari (laurea in medicina e chirurgia, in medicina veterinaria, in odontoiatria e protesi dentaria etc.) avviene in regime di programmazione a livello nazionale ai sensi della legge 2/8/1999 n. 264 non può negarsi, in assoluto, la esistenza di un potere programmatorio da parte dei componenti Organi statali senza che sia, per ciò solo, lesa la autonomia degli Atenei la quale, d’altronde, viene dalla stessa Costituzione riconosciuta nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
Secondo l’orientamento della giurisprudenza, in tema di accesso a numero chiuso ai corso di laurea universitaria, la L. 2/8/1999 n. 264 è compatibile con la direttiva 7/9/2005, n. 2005/36/C.E. relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali.
La stessa legge, che disciplina una procedura selettiva basata su test a risposta multipla non può ritenersi in contrasto con la normativa comunitaria che contiene un mero obbligo di risultato consistente nella predisposizione di misure adeguate a garantire la qualità teorica e pratica dell’apprendimento, lasciando liberi i singoli Stati di individuare gli strumenti giuridici più adatti per conseguirlo.
La giurpsrudenza ha altresì chiarito che la scelta di privilegiare la graduatoria di ciascuna università in esito al relativo procedimento selettivo, rispetto alla possibilità di una unica graduatoria nazionale dalla quale attingere per consentire l’accesso ad una Facoltà a numero chiuso, ha natura altamente discrezionale e non appare manifestamente illogica posto che con essa si è inteso dare rilievo a profili logistici e pratici meglio gestibili, e che comunque tale sistema consente la selezione degli aspiranti più preparati e quindi più meritevoli.
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