Le Sezioni Unite della Cassazione si pronunciano sui ricorsi che non offrono nuovi elementi per mutare l’orientamento giurisprudenziale della Corte

Redazione 26/04/11
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Con la sentenza n. 8923 del 19 aprile 2011 le Sezioni Unite della cassazione si sono pronunciate in merito ad una questione di giurisdizione sollevata da un cittadino dell’Arabia Saudita che aveva convenuto in giudizio l’Ambasciata del Regno del suo Paese esponendo di aver lavorato alle dipendenze di questa, come addetto alla contabilità, e di essere stato licenziato senza preavviso.L’attore chiedeva pertanto in primo grado l’indennità di mancato preavviso ed il trattamento di fine rapporto, il compenso per le ferie non godute e per il lavoro prestato nelle festività abolite; assumeva, inoltre, di non aver percepito la retribuzione relativa a due mesi lavorativi, in cui aveva regolarmente svolto le sue prestazioni prima di essere licenziato.La convenuta eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice italiano, ma entrambi i giudici di merito la rigettavano condannando l’Ambasciata a corrispondere le somme dovute.La Corte d’Appello in particolare osservava che il limite della giurisdizione nei confronti dello Stato straniero è costituito dalla concreta ed effettiva interferenza sulle funzioni di quest’ultimo della decisione richiesta dal giudice. Nel caso di specie, poiché la domanda aveva ad oggetto questioni di natura retributiva, era escluso che la decisione del giudice potesse determinare accertamenti tali da interferire nel nucleo essenziale delle funzioni dello Stato estero o violare i suoi poteri pubblicistici.La Cassazione (riportandosi ad un precedente proprio orientamento) confermava che l’esenzione dello Stato straniero dalla giurisdizione nazionale viene meno non solo nel caso di controversie relative a rapporti lavorativi aventi ad oggetto l’esecuzione di attività ausiliarie alle funzioni istituzionali del datore di lavoro convenuto (si rammenta che il lavoratore licenziato era dipendente dell’Ambasciata), ma anche nel caso in cui il dipendente chieda al giudice italiano una decisione che attenga solo ad aspetti patrimoniali e che non riguardi le funzioni dello Stato sovrano.Premesso questo e considerando, inoltre, che la ricorrente non offriva elementi per confermare o mutare l’orientamento della Corte, i giudici di legittimità hanno rigettato il ricorso, richiamando l’art. 360bis del codice di procedura civile, che, nell’elencare i motivi di inammissibilità del ricorso, prevede appunto l’ipotesi in cui il provvedimento impugnato abbia deciso questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte stessa e l’esame dei motivi non offra elementi per confermare o mutare orientamento.

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