La Cassazione si pronuncia sulla retroattività delle norme in materia di prescrizione breve: orientamenti della Corte costituzionale e della Corte europea dei diritti umani a confronto

Redazione 15/03/12
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Lucia Nacciarone

Con una importante pronuncia (n. 9615 del 13 marzo 2012) la Corte suprema di legittimità ha respinto il ricorso di un amministratore di fatto di un’azienda la cui difesa aveva chiesto l’applicazione del termine di prescrizione breve introdotto dalla Legge ex Cirielli del 2005.

I fatti contestati però erano stati commessi prima della riforma del regime della prescrizione, e i giudici, interpellati a questo riguardo, hanno stabilito che la prescrizione breve, sebbene norma più favorevole, è inapplicabile ai giudizi già pendenti in appello e in Cassazione.

La norma sulla prescrizione breve era stata oggetto di questione costituzionale, accolta limitatamente alla parte in cui non veniva previsto, dal legislatore del 2005, che i nuovi termini di prescrizione, se più brevi, venissero applicati ai processi già pendenti.

Il giudice a quo aveva prospettato la violazione degli artt. 117 della Costituzione e 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (CEDU), e la Corte costituzionale nell’occasione obiettivamente aveva rilevato che la norma europea, che, per effetto delle sentenze nn. 348 e 349 della stessa Corte, era da ritenersi norma interposta, quindi da osservare da parte del giudice nazionale, dovrebbe, secondo l’interpretazione della Corte europea dei diritti dell’uomo, prevedere non solo l’irretroattività della legge penale più severa, ma anche implicitamente il principio della retroattività della legge penale meno severa, ovvero favorevole: e ciò varrebbe indubbiamente per il profilo inerente la riduzione dei termini di prescrizione.

Nella sentenza in parola, tuttavia, non è stato condiviso questo orientamento, innanzitutto perché sul parametro interposto dalla norma europea non esiste una giurisprudenza costante e consolidata della Corte europea dei diritti umani, che ricolleghi i profili della lex mitior all’istituto della prescrizione, essendo, com’è noto, le singole decisione della Corte europea in materia ad efficacia limitata al caso concreto.

In ogni caso, osservano i giudici di legittimità, la Corte europea ha interpretato il principio della ragionevole durata del processo in una generale impostazione, secondo cui non è riconosciuta un’aprioristica prevalenza all’interesse alla speditezza del processo, che non può non rapportarsi alla specificità dell’accertamento, nel quale assumono determinante rilievo la natura del reato e la complessità del quadro probatorio.

La stessa Corte costituzionale ha dichiarato infondata in altre occasioni la questione avente il medesimo oggetto, assumendo che il principio della lex mitior, come in generale le norme in materia di retroattività contenute nell’articolo 7 della Convenzione, concerne le sole disposizioni che definiscono i reati e le pene che li reprimo, e non riguarda l’ambito processuale.

Uniformandosi a questo orientamento che nega l’applicabilità del principio della lex mitior alla prescrizione, la Cassazione ha dunque giudicato non estensibile ai giudizi pendenti prima dell’entrata in vigore della riforma la norma sulla prescrizione breve.

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