La Cassazione si pronuncia sui matrimoni omosessuali celebrati all’estero: niente trascrizione in Italia, ma si può adire il giudice per le disparità di trattamento rispetto alla coppie etero

Redazione 16/03/12
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Lucia Nacciarone

Con un’importantissima pronuncia (n. 4184, depositata ieri 15 marzo 2012) i giudici di legittimità hanno risposto al quesito, di rilevanza quanto mai attuale, sulla trascrivibilità, nel nostro Paese, dei matrimoni fra omosessuali celebrati all’estero.

La posizione della Corte ha rappresentato una prima apertura verso le unioni gay, in quanto, sebbene sia stata negata la trascrivibilità del rito perché per il nostro ordinamento giuridico una unione omosessuale non ha valore, è stata comunque riconosciuta tutela a quelle ipotesi in cui può averla un componente di una coppia etero: da oggi, quindi, sul presupposto del riconoscimento alla vita familiare dei gay, oltre che di coppia, costoro possono adire il giudice (ed è questo l’effetto principale che la sentenza è destinata ad avere) per ottenere, per specifiche situazioni, ad esempio di natura patrimoniale, la par condicio con le coppie etero, sollevando eccezioni di legittimità costituzionale delle disposizioni vigenti che non assicurano un trattamento omogeneo o che violano il principio di ragionevolezza.

La delicata questione affrontata dalla Cassazione trae spunto da una domanda di trascrizione del matrimonio da parte di due gay che si erano sposati in Olanda: sul punto la Corte ha mostrato fermezza nel negare valenza giuridica del contratto, quantunque sigillato all’estero dove è consentito, e ciò, come si legge in sentenza, non in considerazione della inesistenza del vincolo (in più occasioni la Corte europea dei diritti umani ha privato di rilevanza giuridica la diversità di sesso fra i nubendi quale presupposto irrinunciabile per la validità del matrimonio), ma perché in un ordinamento come il nostro una unione di tal fatta è inidonea a produrre effetti giuridici.

Quindi i giudici hanno rilevato la mancanza di regolamentazione legislativa di un fenomeno al giorno d’oggi sempre più diffuso, nonché aperto uno spiraglio fondamentale di tutela per coloro che intendano vedere riconosciute le proprie posizioni soggettive all’interno del matrimonio o dell’unione.

La stessa Corte costituzionale qualche tempo prima aveva individuato nell’unione gay, intesa come vincolo stabile fra due persone, caratterizzato dalla continuità e dalla condivisione di scelte e progetti comuni, una delle «formazioni sociali» ove si svolge la personalità, con pieno diritto di ricevere tutela nel caso di irragionevoli discriminazioni.

Oggi la tutela, sebbene non ancora formalizzata, ha avuto una ulteriore avallo della Cassazione nella misura in cui ogni essere umano in quanto tale è titolare del diritto alla vita familiare, a prescindere dalle modalità della unione, gay o etero.

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