La Cassazione precisa i confini fra sfruttamento della prostituzione ed estorsione

Redazione 14/10/13
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Lucia Nacciarone

Con la sentenza n. 41774 del 10 ottobre 2013 i giudici di legittimità hanno accolto i motivi di ricorso (violazione di legge e falsa applicazione della norma penale) degli imputati, condannati in primo e secondo grado per i reati di estorsione aggravata, lesioni personali e violenza sessuale per uno dei due e, in concorso fra loro, dei reati di reclutamento e induzione alla prostituzione, nonché favoreggiamento della stessa e sequestro di persona.

Ad avviso della Cassazione va fatta una distinzione fra i reati di estorsione e sfruttamento della prostituzione.

In quest’ultimo caso, invero, la condotta del soggetto sfruttato seppur assoggettato a violenza, è caratterizzata dalla volontarietà da parte dello sfruttato della scelta di continuare ad esercitare il meretricio consentendo così al soggetto agente di approfittare indebitamente di quella condizione, mentre nell’estorsione la persona che si prostituisce viene costretta attraverso la violenza o la minaccia, subendo un danno a fronte di un ‘ingiusto profitto’ dello sfruttatore.

La Corte territoriale aveva ritenuto sussistente il corso di reati, diversamente ragionano invece gli ermellini: «perché tuttavia risultava provata la volontarietà da parte delle due ragazze di esercitare il meretricio e comunque non è mai emersa la prova della costrizione a svolgere tale attività. L’elemento costrittivo emerge, invece, per come ritenuto dalla stessa Corte d’appello, con riferimento alla requisizione del denaro, previo controllo delle ragazze».

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