Nell’ordinanza n. 171 dello scorso 19 maggio la Corte costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, commi 2, 3, 4, 5 e 6, della L. 140/2003 n. 140 (recante disposizioni nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato) sollevata dal giudice per le indagini preliminari in relazione agli artt. 3, primo comma, 68, terzo comma, 102 e 104, primo comma, della Costituzione.
L’art. 6 è stato impugnato nel punto in cui disciplina il procedimento che il giudice per le indagini preliminari deve osservare, laddove ritenga necessario ( a seguito di istanza di parte), utilizzare nei confronti di un parlamentare intercettazioni cui quest’ultimo casualmente abbia preso parte, quando esse erano già state disposte nel corso di procedimenti riguardanti terzi. La disposizione prevede in tali circostanze che il giudice deve chiedere l’autorizzazione della Camera alla quale il membro del Parlamento appartiene o apparteneva al momento in cui le conversazioni o le comunicazioni sono state intercettate. Al riguardo il rimettente dubita della legittimità costituzionale della norma impugnata, nella parte in cui esige siffatta autorizzazione con riferimento ad intercettazioni occasionali, per le quali, anche alla luce della sentenza della medesima Consulta n. 390/2007, essa non sarebbe giustificata, ed anzi sarebbe vietata, dall’art. 68, terzo comma, Cost. Quest’ultima disposizione costituzionale, infatti, avrebbe ad oggetto le sole intercettazioni disposte a carico del parlamentare o comunque finalizzate a captare le conversazioni di quest’ultimo, giacché per esse soltanto si potrebbe palesare un fumus persecutionis da parte dell’Autorità giudiziaria, che spetta alla Camera apprezzare in sede di autorizzazione. Non solo. Il rimettente ha ravvisato altresì una violazione degli artt. 102 e 104 Cost. quarto all’indebita ingerenza che, per tale via, la Camera eserciterebbe sull’esercizio dell’attività giurisdizionale, con particolare riferimento alla utilizzabilità di prove già acquisite.
Con l’ordinanza in rassegna la Corte costituzionale ha osservato che, ai fini della rilevanza della questione, il rimettente avrebbe dovuto motivare adeguatamente in ordine alla natura casuale delle intercettazioni oggetto, e nel caso di specie, di istanza di utilizzazione da parte del pubblico ministero. Sotto tale profilo, l’ordinanza di rimessione risultava invece carente; di qui la manifesta inammissibilità della questione.
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