Indebita percezione di erogazioni pubbliche e non truffa se il comportamento ha carattere omissivo

Redazione 09/12/13
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Lucia Nacciarone

Con la sentenza n. 48820 del 5 dicembre 2013 la Cassazione ha accolto il ricorso di una donna, condannata per truffa per avere continuato a percepire le rate della pensione del proprio genitore deceduto, col quale aveva un conto cointestato, procurandosi così un indebito profitto.

L’imputata aveva omesso di comunicare all’INPS il decesso della madre, e in appello la Corte territoriale confermava l’orientamento secondo cui il comportamento che ‘combina’ fra di loro gli elementi del silenzio e della condotta antidoverosa della mancata comunicazione del decesso integra il reato di truffa, punito col carcere da uno a cinque anni.

La ricostruzione fatta dalla Cassazione, di accoglimento delle istanze della difesa, è diversa: secondo gli ermellini il comportamento tenuto rientra nel reato di indebita percezione di erogazioni in danno dello Stato, punito con la pena meno grave della reclusione da sei mesi a tre anni o con la multa. Mancherebbe, rispetto al reato di truffa, l’elemento costitutivo degli artifizi e dei raggiri, ed, infatti, la sentenza di merito va annullata.

Precisa, infine, la Corte di legittimità: «integra la fattispecie di indebita percezione a danno dello Stato e non di truffa aggravata, per assenza di un comportamento fraudolento in aggiunta al mero silenzio, la condotta di colui che, percependo periodicamente l’indennità di disoccupazione prevista per legge, ometta di comunicare all’istituto erogante l’avvenuta stipula di un contratto di lavoro subordinato e conseguente assunzione, cos’ continuando a percepire, indebitamente, la detta indennità».

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