Il reiterato ritardo nel deposito delle sentenze costituisce ipotesi di denegata giustizia

Redazione 25/01/12
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Biancamaria Consales

È quanto stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, che con sentenza n. 528 del 17 gennaio 2012, si è pronunciata sul ricorso proposto dal Ministero della Giustizia avverso la decisione del Consiglio Superiore della Magistratura di assoluzione di un magistrato. Nella fattispecie, il magistrato era stato sottoposto a giudizio disciplinare perché incolpato di gravi ed ingiustificati ritardi nel deposito di ben 181 sentenze monocratiche e di 268 ordinanze riservate, ritratti protrattosi ben oltre il triplo del termine concesso al giudice per il deposito della minuta  (30 giorni per le sentenze monocratiche, 5 giorni per le ordinanze riservate).

La sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura aveva, tuttavia, pronunciato sentenza di assoluzione dell’incolpato “per essere risultati esclusi gli addebiti”; inoltre, aveva sostenuto che la non giustificabilità del ritardo andava provata dall’accusa, incombendo sull’incolpato il solo onere di allegazione degli elementi a sé favorevoli, onde “la mancanza o l’insufficienza di siffatta prova non poteva produrre conseguenze negative per l’incolpato”. E, a detta del Consiglio Superiore della Magistratura i ritardi risultavano giustificati poiché nell’arco temporale esaminato, il magistrato era stato assegnato contemporaneamente a plurime funzioni, il cui espletamento aveva richiesto un impegno quotidiano nell’attività di preparazione ed espletamento delle udienze, mantenendo sempre una produttività elevata e costante.

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione, ribaltando la sentenza, hanno ritenuto che i contestati ritardi “gravi e reiterati integrano ex se la fattispecie incriminatrice; così che l’addebito mosso all’incolpato – illecito di pura condotta – postula per la sterilizzazione della sua antigiuridicità, non già la prova, da parte dell’accusa, della violazione dell’obbligo di diligenza, bensì la speculare allegazione, da parte dell’incolpato, di circostanze oggettivamente idonee a dimostrare la specifica giustificabilità dell’altrettanto specifico ritardo che, ove caratterizzato dal superamento di ogni limite di ragionevolezza, si sostanzia in una vera e propria denegata giustizia, ledendo il diritto delle parti alla ragionevole durata del processo. Perciò la giustificabilità del ritardo deve assumere il carattere della conferenza, della pregnanza, dell’oggettività, idoneità concreta ad escludere l’antigiuridicità della condotta, giusta allegazione delle relative circostanze da parte dell’incolpato”.

La Suprema Corte, essendo le giustificazioni proposte non circostanziate, ha ritenuto che la posizione del magistrato dovrà costituire oggetto di riesame da parte della competente sezione del Csm, in altra composizione alla luce dei principi suesposti.

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