Lilla Laperuta
Lo ha affermato senza indugi la Corte di Cassazione nella sentenza n. 1995 del 13 febbraio 2012. Nella specie, la Suprema Corte ha osservato che nel licenziamento per motivi disciplinari, il principio dell’immediatezza della contestazione dell’addebito e della tempestività del recesso datoriale, che si configura quale elemento costitutivo del diritto al recesso del datore di lavoro, deve essere inteso in senso relativo. Può ammettersi, ad avviso del Collegio, un intervallo di tempo più o meno lungo, quando l’accertamento e la valutazione dei fatti richieda uno spazio temporale maggiore ovvero quando la complessità della stessa struttura organizzativa dell’impresa possa far ritardare il provvedimento di recesso. In ogni caso, la valutazione relativa alla tempestività costituisce giudizio di merito, non sindacabile in cassazione ove adeguatamente motivato (ex plurimis, cfr. Cass. n. 29480/2008).
Si precisa, poi, in relazione alla fattispecie in esame, che quello della correttezza e della buona fede è principio che va valutato in funzione dell’immediatezza ex art. 7 L. 300/1970, ossia dell’arco di tempo che trascorre tra la contestazione ed il licenziamento. Più in dettaglio, la violazione del suddetto principio, per acquisire rilevanza in punto di immediatezza del licenziamento, deve incidere sul diritto di difesa, nel senso che artatamente si sia procrastinata la scansione temporale del momento del recesso rendendo più difficoltosa la difesa del lavoratore od anche, secondo altra prospettiva, anch’essa inclusa nella ratio del principio di immediatezza, deve configurare un esercizio del potere datoriale diretto a servirsi ad libitum dell’arma del recesso, tenendo “in pugno” il lavoratore a tempo indeterminato.
Conclusivamente, il giudice di legittimità ha confermato il licenziamento di un dipendente di un istituto di credito che aveva compiuto numerose irregolarità e, stante oltretutto la richiesta dello stesso di differire il provvedimento sanzionatorio per limitare le proprie responsabilità, ha ritenuto ragionevolmente di non potere imputare all’azienda la mancanza di tempestività nell’adottare il provvedimento di espulsione.
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