Il Comune può impugnare gli atti adottati dal Commissario ad acta in sua sostituzione

Redazione 12/01/12
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Lilla Laperuta

Questa la tesi accolta dal Consiglio di Stato nella sentenza del 28 dicembre 2011, n. 6953.

Nell’esposizione delle argomentazioni logico-giuridiche i giudici di palazzo Spada distinguono il caso in cui nell’ente comunale difetti radicalmente il funzionamento ed il commissario viene pertanto nominato per sostituirsi nell’esercizio di una competenza generale, da quello in cui questi venga invece incaricato di provvedere all’adozione di uno specifico atto (su impulso di un organo avente funzione di vigilanza).

Nella prima ipotesi, quando cioè il commissario è nominato per consentire lo svolgimento delle funzioni dell’Ente locale, onde evitare una paralisi dell’azione amministrativa, senza l’indicazione degli specifici atti che deve emanare, il provvedimento da lui adottato va qualificato – ad avviso del Collegio – alla stregua di atto di un organo comunale, sia pure straordinario, che può anche essere rimosso dallo stesso ente locale in via di autotutela. Diversamente, qualora egli è nominato per l’adozione di un atto specifico, le determinazioni del commissario possono essere impugnate dal Comune innanzi al giudice amministrativo, atteso che la relazione che si stabilisce fra il commissario e l’ente sostituito è di natura intersoggettiva, e non interorganica.

Pertanto nei confronti dei terzi l’atto del commissario può essere considerato quale atto comunale, ma nei confronti del Comune rimane espressione di un potere esercitato da un centro di competenze autonomo ed il Comune è legittimato ad impugnarlo, contestandone la legittimità.

Di più: i giudici di appello rinvengono l’ancoraggio costituzionale dell’eventualità di un sindacato di legittimità sulle scelte e sulle particolari modalità dell’intervento commissariale nel principio di libera determinazione delle autonomie locali di cui all’art. 5 Cost., oltre che nei principi di legalità e del buon andamento di cui all’art. 97 Cost.

Dunque la possibilità riconosciuta al Comune di insorgere avverso il provvedimento adottato, in sua vece, dal commissario deve ammettersi proprio per la necessità, responsabilmente evidenziata dal giudice di appello, di assicurare all’ente medesimo la difesa delle proprie competenze istituzionali e la tutela degli interessi generali di cui è portatore, ma anche perché – aggiungono i giudici – in effetti manca sia nella legislazione statale che in quella regionale un’espressa previsione normativa che autorizza a concludere per la totale identificazione delle competenze commissariali con quelle comunali.

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